Sul malcontento sociale in Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria
Visegrad e oltre La rubrica sui sovranismi dell'Est Europa. A cura di Massimo Congiu
Visegrad e oltre La rubrica sui sovranismi dell'Est Europa. A cura di Massimo Congiu
Una delle motivazioni che lo scorso 4 giugno ha portato in piazza numerosi polacchi è il carovita. Intendiamoci, si è trattato di una protesta generale contro la politica del governo ultraconservatore del PiS, una protesta contro la corruzione, un’iniziativa a favore di una “Polonia democratica, tollerante ed europea”. Tutto questo è vero, ma come precisato nelle prime righe di questo articolo, il problema del costo della vita ha avuto una parte nella manifestazione. Si tratta di una tematica che chiaramente non riguarda solo il paese in questione ma che è ben nota a Est e Ovest. Se però in questa sede vogliamo concentrare la nostra attenzione sull’area di Visegrád non potremmo fare a meno di ricordare le ripetute dimostrazioni di malcontento avvenute per il considerevole aumento dei prezzi nella Repubblica Ceca. In quel paese la piazza in fermento ha chiesto le dimissioni del governo che è stato accusato di non aver fatto abbastanza per contrastare l’inflazione.
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Polonia, il governo del Pis sotto tiro della corte Ue e della piazzaC’è malessere anche in Ungheria dove, pure, si sperimentano da un “po’” gli effetti del fenomeno di cui sopra. Il prezzo più alto di questa situazione viene pagato, manco a dirlo, dagli strati più vulnerabili delle popolazioni in oggetto. Non è difficile immaginare l’inverno che questi ultimi avranno trascorso alle prese con rincari del gas difficilmente sostenibili. Ma è solo un esempio. Questi aumenti del carovita sono strettamente legati alla guerra in Ucraina, in modo più diretto il costo dell’energia, ma non bisogna dimenticare i rincari considerevoli di prima del conflitto nei quali la situazione di crisi generalizzata dovuta alla pandemia ha avuto un ruolo centrale.
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Budapest blocca gli aiuti militari all’UcrainaLa guerra ha dato vita a nuove difficoltà che si sono presentate ben prima che l’OMS decretasse la fine dell’emergenza sanitaria, fatto avvenuto, come sappiamo, lo scorso 5 maggio. Neanche il tempo di riprenderci, quindi. Tutt’altro. Essa ha determinato e accentuato divisioni a livello geopolitico e di opinione pubblica, provocato insicurezza, timore e, appunto, gravi difficoltà economiche che si sono tradotte in sofferenza sociale. Riavvolgiamo il nastro e torniamo al punto di partenza: nei paesi cui è dedicato questo articolo ci sono state e ci sono tuttora proteste contro i governi in carica per una serie di motivi, soprattutto nei casi specifici della Polonia e dell’Ungheria si accusano i relativi governi di portare avanti politiche antidemocratiche, di ledere lo Stato di Diritto. È noto che Varsavia e Budapest sono impegnate in un braccio di ferro con Bruxelles proprio per questa ragione e che entrambe replicano ai vertici Ue che si tratta di accuse strumentali e propagandistiche. Accuse formulate per colpire due sistemi che non accettano le ingerenze del “superstato europeo” e che, come tengono a sottolineare, sono impegnati a difendere il concetto di sovranità nazionale e la sua applicazione concreta.
Nel caso della Repubblica Ceca prevalgono le preoccupazioni di ordine economico peraltro diffuse, come abbiamo visto anche negli altri due paesi. I manifestanti di Praga che hanno protestato più volte contro il governo di centro-destra guidato da Petr Fiala sono stati anche accusati da quest’ultimo di essere manipolati da ambienti filorussi (quante volte abbiamo sentito questo tipo di accusa da che è scoppiata la guerra?). La situazione ha portato alla crescita dell’estrema destra di Tomio Okamura, leader di Libertà e Democrazia Diretta (SPD). Non è certo una buona notizia.
Insomma, le difficoltà economiche hanno creato inquietudine e rabbia, com’è facile immaginare, e in tanti si chiedono che senso abbiano queste ristrettezze, questi sacrifici che, come già sottolineato, pesano soprattutto sulle famiglie meno abbienti.
Stiamo descrivendo un cocktail se non esplosivo, per lo meno indigesto di diverse motivazioni che determinano malessere in società già di per sé stesse solcate da divisioni cui hanno contribuito governi come quelli ungherese e polacco con la loro propaganda tossica. Tornando alla manifestazione polacca dello scorso 4 giugno sarà utile ricordare che è avvenuta su invito di Donald Tusk, primo ministro dal 2007 al 2014, poi presidente del Consiglio europeo e del PPE e ora impegnato a guidare il suo partito Piattaforma Civica (PO) al voto del prossimo autunno. Secondo gli organizzatori e le autorità della capitale circa mezzo milione di persone è sceso in piazza. Gli osservatori dicono che probabilmente è stata la manifestazione più partecipata dal 1989. Sarà segno di qualcosa.
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