La destra populista di Diritto e giustizia (Pis) incassa l’ennesimo brutto colpo all’indomani della grande protesta antigovernativa di domenica scorsa che ha visto la partecipazione di decine di migliaia di persone in tutto il paese: la Corte di giustizia dell’Ue ha infatti confermato con una sentenza che la riforma della giustizia lanciata da Varsavia nel dicembre 2019 viola il diritto europeo.

Il governo polacco può solo consolarsi del fatto che il conteggio delle sanzioni pecuniarie si ferma con l’ufficializzazione del verdetto del tribunale con sede in Lussemburgo. Al Pis non resterebbe che adeguarsi alla sentenza della corte, a prescindere dall’erogazione dei fondi Ue del Recovery Fund. Questi soldi si allontanano sempre di più, complice anche la paralisi del politicizzato Tribunale costituzionale che non ha ancora trovato i numeri per esprimersi sulla “riformina” della giustizia del presidente polacco Andrzej Duda, attraverso la quale il Pis spera ancora di poter sboccare i fondi.

Come c’era da aspettarsi, il governo polacco ha risposto alla grande manifestazione delle opposizioni. A dire il vero, il telegiornale filogovernativo di Tvp – la televisione pubblica polacca manovrata dal Pis – ha ignorato l’evento nei notiziari di domenica. Ma la macchina della propaganda ha lavorato sottotraccia facendo scorrere alcuni messaggi nella parte bassa dello schermo durante il telegiornale: «Nel 1992 hanno fermato la “decomunistizzazione”, adesso vogliono fermare la “derussificazione” del paese» o ancora «nazione tradita da Tusk e dai comunisti».

Il riferimento è alle elezioni del 1992 con Tusk, il principale rivale del Pis alle parlamentari del prossimo autunno, e Lech Wałesa, leader del leggendario sindacato Solidarnosc, colpevoli secondo il Pis di aver fatto fuori 31 anni fa l’allora governo di Jan Olszewski impegnato nel processo di desowietyzacja della Polonia. E così attraverso la nuova commissione politica sulle “influenze russe”, criticata dal Dipartimento di Stato Usa e dalle istituzioni Ue, il Pis non farebbe altro che portare avanti l’opera abbozzata trent’anni fa da Olszewski. Allo stesso modo, il partito di Jarosław Kaczynski e i suoi alleati, hanno provato a capovolgere la narrazione su un evento definito dal presidente del Senato della Polonia, Stanisław Karczewski, un «corteo dell’odio».

Eppure, ieri a Varsavia e negli altri grandi centri del Paese sulla Vistola, non ci sono stati scontri né tantomeno episodi di incitazione all’odio. Tutt’al più, i cittadini comuni hanno colto l’occasione per mandare a quel paese i politici del governo.

Oltretutto, anche una buona parte dell’opinione pubblica, ritiene che la nuova commissione sia soltanto uno strumento di cui il Pis si servirebbe per cominciare una caccia alle streghe tra i membri dell’opposizione che hanno governato il paese prima del 2015. La partecipazione alla manifestazione è stata massiccia anche se tra le stime della Pap, la principale agenzia di stampa polacca, e quelle fornite dai media critici verso il governo, balla una cifra di 350.000 persone.

Il quotidiano di centrosinistra Gazeta Wyborcza, ad esempio, ha parlato di almeno mezzo milione di persone. Oltre a Tusk e Wałesa, in prima fila al corteo di ieri, c’era anche il sindaco liberale di Varsavia Rafał Trzaskowski che l’ha buttata sull’ironia: «Parlo russo quindi risulta ovvio che per quei paranoici io sia un agente russo». Włodzimierz Czarzasty, leader dell’Alleanza della Sinistra Democratica (Sld), si è invece espresso così durante la manifestazione: «Vinceremo perché il posto della Polonia è nell’Unione europea. Vinceremo perché vogliamo che l’Ue sia orgogliosa del nostro paese».