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L’agonia del senso di umanità al confine fra Polonia e Bielorussia

Visegrad e oltre La rubrica settimanale sui sovranismi delll'est Europa. A cura di Massimo Congiu
Pubblicato circa un mese faEdizione del 14 settembre 2024

La Polonia tiene alto il livello di guardia alla frontiera con la Bielorussia per controllare il flusso di migranti che passa per il paese confinante. Si tratta di un problema irrisolto che vede Varsavia rafforzare il cordone di sicurezza in quella zona e accusare Minsk di orchestrare il passaggio forzato di migranti africani verso l’Ue, con l’aiuto di Mosca, per fare pressione sull’Unione. Questa strategia, secondo l’accusa, sarebbe la risposta alle sanzioni che Bruxelles aveva imposto alla Bielorussia che avrebbe così dato inizio a quella che le autorità polacche definiscono “guerra ibrida”.

Da circa due anni, c’è un muro nel cuore della foresta di Białowieża, che è stato eretto per delimitare il confine fra Polonia e Bielorussia e fermare il flusso di migranti irregolari; si parla di migliaia di persone. Quella zona è quindi teatro di tensioni, e la vicenda che vi si svolge ha finito col polarizzare l’opinione pubblica polacca, come avremo modo di vedere.

Negli anni scorsi la situazione ha portato le autorità polacche a dichiarare lo stato di emergenza e a istituire una “zona rossa” lunga 5 chilometri e militarizzata lungo tutta la sua estensione. Una striscia di terra con accesso negato agli attivisti per i diritti umani e alle loro attività di fornitura di aiuti di prima necessità ai migranti: generi alimentari, acqua, coperte. Accesso negato all’area anche ai giornalisti. Si diceva che l’argomento vede un’opinione pubblica polarizzata e dà lo spunto alla formulazione di pareri diversi e di opinioni che si scontrano facilmente in questo ambito. Per tornare alla striscia militarizzata vi è da dire che, di fronte ai divieti imposti dalle autorità è successo che alcuni residenti dei villaggi circostanti abbiano posizionato delle lanterne verdi fuori dalle loro case in segno di solidarietà nei confronti dei migranti e di chi li avrebbe voluti aiutare. Quanto al muro della foresta di Białowieża, si sa di attivisti che raccolgono le richieste di soccorso di migranti che cercano di superare l’ostacolo per chiedere protezione internazionale in Polonia. Si apprende che alcuni di loro sono riusciti ad attraversare il confine dopo diversi tentativi andati male; gli stessi affermano di essere stati picchiati e ricacciati indietro in Bielorussia e di aver dormito per giorni interi nella foresta. Tutto questo secondo le testimonianze riferite da Euronews lo scorso 6 settembre.

Ancora, viene reso noto anche che di recente, nella regione di Podlasie, nella parte orientale del paese, sono aumentati gli incidenti fra migranti e forze dell’ordine. L’accoltellamento al confine, avvenuto lo scorso giugno, di un giovane militare, ha provocato un’onda emotiva tale da accelerare l’iter per l’approvazione di una legge pensata per agevolare il ricorso all’uso delle armi da fuoco da parte di esercito e forze di polizia.

Varsavia accusa Minsk e Mosca di spingere migranti verso l’Ue per mettere in difficoltà Bruxelles, si diceva, e le autorità polacche hanno militarizzato il confine col paese di Lukashenko: si parla così di posti di blocco, elicotteri, droni, rilevatori termici per controllare i movimenti lungo la frontiera. Secondo quanto è dato apprendere, la Polonia ha stanziato circa 350 milioni di euro per la realizzazione di una barriera in acciaio, lunga 186 chilometri e alta 5 metri, per rendere il confine con la Bielorussia quanto più inaccessibile.

Le autorità polacche affermano che, dalla recente istituzione di una zona cuscinetto di confine i flussi clandestini che attraversano la Bielorussia sono diminuiti del 50%; l’agenzia Frontex sostiene che il numero di persone che tentano di attraversare il confine orientale dell’Ue è quasi raddoppiato nel primo semestre dell’anno in corso.

Quella dei movimento migratori verso l’Europa è una problematica che stenta ad essere affrontata sulla base di criteri quali la collaborazione e il senso di umanità. Quello appena esposto è solo uno dei casi in cui i migranti si trovano prigionieri di dispute internazionali. Spinti e respinti, diventano non di rado, strumento di ricatto e di pressione politica. La vittima, come al solito, è il già menzionato senso di umanità.

 

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