Qualche considerazione sulla nuova strategia migratoria polacca
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Qualche considerazione sulla nuova strategia migratoria polacca

Visegrad e oltre La rubrica settimanale sui sovranisimi dell'est Europa. A cura di Massimo Congiu
Pubblicato circa un mese faEdizione del 19 ottobre 2024

Donald Tusk ne aveva parlato il 12 ottobre scorso a una riunione di Piattaforma Civica (PO), il suo partito. Aveva parlato della nuova strategia migratoria del governo. Poi l’annuncio ufficiale riguardante il piano che, come ben documentato dall’articolo di Giuseppe Sedia uscito sul Manifesto lo scorso 16 ottobre, prevede la possibilità che Varsavia dia luogo alla sospensione temporanea del diritto di asilo. Una scelta che, secondo chi l’ha promossa, è stata difficile ma si sarebbe resa necessaria per proteggere il paese. È nota la situazione esistente al confine con la Bielorussia dove, migranti spinti verso la Polonia e da lì respinti nella direzione contraria, sono da anni vittime di un gioco cinico che si fa sulla loro pelle.

Secondo Tusk, Mosca e Minsk abusano del diritto di asilo che, nelle loro mani, a detta del premier della Vistola, è diventato uno strumento utile a portare avanti la loro “guerra ibrida” concepita per destabilizzare l’Unione europea.

Il governo di Varsavia aveva messo nel conto le critiche di Bruxelles a fronte dell’annuncio di una strategia che, al di là di quanto avviene nel confine suddetto, si prefigge lo scopo di gestire il fenomeno migratorio secondo una sorta di “via polacca” che tenga conto delle esigenze del paese e del suo stato d’animo rispetto al tema in questione. Non a caso Tusk avrebbe precisato che la Polonia non rispetterà né attuerà alcuna misura del patto di migrazione e asilo dell’Ue che possa mettere a repentaglio la sua sicurezza.

Il tutto, come si diceva, ha portato a malumori a Bruxelles e dintorni, ma non è esattamente scontato che le parti si scontrino su questo punto; bisogna infatti considerare che Tusk ha sostenuto la candidatura di Ursula von der Leyen la quale, ha da subito mostrato di apprezzare l’operato del premier polacco sulla strada della ricomposizione dei rapporti dopo gli otto anni di governo del PiS. Questo è vero, certo, ma i malumori ci sono, anche tra gli alleati di Tusk e vi sono state critiche da parte di ONG che si occupano di diritti umani. Esse fanno notare che il diritto d’asilo non può essere sospeso, tanto più che è riconosciuto e sancito dalla Costituzione polacca in quanto diritto fondamentale contenuto nella Convenzione di Ginevra di cui la Polonia è parte.

Certo, la situazione esistente da tempo al confine con la Bielorussia è un bel detonatore: secondo dati aggiornati, negli ultimi anni decine di migliaia di migranti, provenienti per lo più dall’Africa e dal Medio Oriente, hanno cercato di entrare nel territorio dell’Unione dal confine suddetto e dall’inizio dell’anno sarebbero 26.000 le persone che hanno fatto questo tentativo.

Fra otto mesi si vota in Polonia; verrà eletto il presidente della repubblica. La sensazione è che il premier e il suo partito stiano giocando la carta della sicurezza con una politica che sa sempre più di destra, per paura di perdere consensi a favore di Diritto e Giustizia, il partito ultranazionalista che gli anni scorsi è stato protagonista di un lungo braccio di ferro con Bruxelles. Spalleggiato in questo da Orbán, s’intende. La musica è cambiata col ritorno di Tusk al potere, ma il medesimo appare tutto intento in un calcolo politico, e come si legge nel già citato articolo uscito sul Manifesto in settimana, non sembra, allo stato attuale delle cose, che “PO voglia discostarsi troppo dal PiS in materia di politiche di accoglienza”. D’altra parte, il tema della sicurezza è sempre una garanzia, un buon serbatoio di voti, Orbán docet.

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