Progetto Albania, «quei dottori violano il codice deontologico»
Rimpatriota Ong e Società italiana di medicina delle migrazioni sconfessano le procedure di screening. Intanto da un documento riservato, che il manifesto ha potuto visionare, emergono le criticità della seconda missione
Rimpatriota Ong e Società italiana di medicina delle migrazioni sconfessano le procedure di screening. Intanto da un documento riservato, che il manifesto ha potuto visionare, emergono le criticità della seconda missione
«Riteniamo inaccettabile la pratica di “selezione” medico-sanitaria come criterio per la deportazione in Albania». Con un documento congiunto le ong attive nel soccorso in mare – tra cui Mediterranea, Emergency, Msf – e la Società italiana di medicina delle migrazioni attaccano il protocollo Roma-Tirana su un nuovo fronte: gli esami che dividono chi va dietro le sbarre di Gjader da chi va in accoglienza in Italia.
«Modalità operative, procedure di screening e criteri usati per analizzare le vulnerabilità presentano elementi estremamente gravi e concorrono a determinare un sistema di selezione e deportazione», si legge nel testo. Gli screening sono tre: sulle motovedette li realizzano gli operatori sanitari Cisom (Corpo italiano di soccorso dell’Ordine di Malta); sulla nave «hub» Libra il medico e l’infermiere Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni); nel porto di Shengjin il personale Usmaf (Ufficio di sanità marittima e di frontiera). Contro di loro puntano il dito i firmatari dell’appello: «Si stanno rendendo complici di questa prassi in totale violazione di diritti umani e deontologia medica». La richiesta è di interrompere la collaborazione.
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Oltre i «paesi sicuri», tutti i problemi del protocollo con TiranaLe ambiguità e i problemi del progetto restano tanti e di varia natura. Un report interno di un’organizzazione presente a bordo, che il manifesto ha potuto visionare, sottolinea tre gravi criticità logistiche della seconda missione. Primo, i tempi delle operazioni in mare: le autorità italiane hanno deciso di prolungarle di un giorno per trovare più migranti «idonei» ai centri in Albania. Così la delicata fase dell’attesa è raddoppiata. Alla fine verso la Libra sono stati portati cinque barconi con 224 persone in totale: a bordo ne sono salite 26, ma solo per 8 è scattato il trasferimento oltre Adriatico.
Secondo problema, i trasbordi: in assenza di condizioni meteomarine perfette gli spostamenti delle persone tra le imbarcazioni, oltre agli screening medici, si complicano. «La nave Libra, essendo un bene militare, non è del tutto adatta a facilitare i trasbordi da parte delle motovedette Sar», viene rilevato. Terzo, le procedure all’hotspot: nonostante i migranti fossero pochi ci sono volute comunque dieci ore per l’accumulo di burocrazia.
Intanto ieri è tornato a parlare di Albania Alfredo Mantovano, il plenipotenziario sottosegretario di Stato. «Nessuna intenzione di recedere», ha dichiarato al forum di Fondazione iniziativa Europa. Non si è lasciato sfuggire l’occasione di attaccare giudici e giornalisti: «Le decisioni del tribunale di Roma e di qualche altro ufficio giudiziario, penso a Bologna, sono state presentate come obbligate a seguito dell’applicazione del diritto Ue. Ma è un’informazione che si avvicina alla categoria fake».
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Immigrazione, perché il governo odia le sezioni specializzateResta il fatto che il trattenimento dei richiedenti asilo durante le «procedure accelerate di frontiera», alle quali il governo Meloni ha legato il protocollo con Tirana, è stato bocciato quasi sempre. Mantovano, che è anche un magistrato, lo sa bene. Le prime richieste di portare i richiedenti dietro le sbarre risalgono all’autunno 2023. Da allora sono state 195 davanti alle sezioni specializzate in Immigrazione di tre tribunali.
Catania, per il centro di Modica, ha detto No a tutte le sue 65. Palermo, per la struttura di Porto Empedocle, non ha convalidato 92 provvedimenti su 111. Roma, competente su Gjader, ha fatto lo stesso nei 19 casi esaminati. Le ragioni sono varie, ma tutte hanno a che fare con il diritto europeo. Non soltanto con la sentenza della Corte Ue del 4 ottobre scorso: anche con le direttive in vigore fino al giugno 2026, quando saranno sostituite dal Patto migrazione e asilo.
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