Tusk capofila dei volonterosi europei pro-Ucraina
Con Donald Tusk al governo la Polonia è tornata nelle grazie di Bruxelles. Tutto questo dopo otto anni di potere marcato Diritto e Giustizia (PiS) durante i quali Varsavia aveva ingaggiato un lungo braccio di ferro con la leadership dell’Unione. Ricorderemo che poco tempo dopo le elezioni polacche, svoltesi a ottobre dell’anno scorso, Tusk si era recato dalla von der Leyen per illustrarle il suo programma riformista atto a riportare la politica nazionale sui binari comunitari.
Con l’attuale esecutivo si sono ricuciti i rapporti tra Bruxelles e Varsavia e si sono orientati verso una ripresa della collaborazione fra le parti all’insegna del rispetto del diritto Ue. In questo modo il paese della Vistola ha abbandonato il campo dei destabilizzatori (leggi Orbán) ed è subito sembrato che la von der Leyen avesse dei grandi progetti per esso, tra l’altro anche in termini di difesa europea e di politica antirussa.
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Varsavia, si è insediato il governo Tusk, e vola subito a BruxellesEcco che Tusk oggi si impegna nel ruolo di promotore, tra i più determinati e attivi, del sostegno Ue all’Ucraina, a maggior ragione con il successo dell’altro Donald, quello statunitense, nella corsa alla Casa Bianca. Vedremo più avanti la ragione di questo riferimento. Nell’attesa va ricordato che il tycoon si insedierà il 20 gennaio prossimo, e all’inizio di quel mese comincerà la presidenza polacca di turno dell’Ue che succederà a quella ungherese.
C’è da scommettere che Ursula starà facendo il conto alla rovescia; detto questo, appare chiaro che l’impegno istituzionale in questione consentirà a Tusk di esercitare una maggiore influenza sul blocco dei 27.
Di recente il premier polacco ha annunciato una serie di incontri con i leader di Francia, Regno Unito, paesi nordici e baltici in quello che appare essere l’intento di dar luogo a una sorta di coalizione di forze orientate a confermare il sostegno allo sforzo bellico dell’Ucraina contro Mosca.
Al momento, secondo quanto è dato sapere, nella lista dei leader europei che il Donald polacco desidera incontrare non si leggono i nomi del cancelliere tedesco Olaf Scholz, attualmente impegnato sul fronte di serie difficoltà politiche interne, e la prima ministra italiana Giorgia Meloni.
Per Tusk il contesto geopolitico attuale, caratterizzato dalla guerra russo-ucraina è una sfida per tutti, considerando, tra l’altro, una possibile conclusione del conflitto.
Il primo ministro polacco ha annunciato di recente che Varsavia coordinerà con impegno e piglio determinato la cooperazione con i paesi che si ritrovano in una certa visione del quadro geopolitico e delle dinamiche legate alla guerra in Ucraina.
Nell’illustrare le intenzioni del governo da lui guidato, Tusk ha evidenziato il fatto che nessuno auspica una escalation del conflitto e nessuno nell’Ue, a parte qualcuno (nda), vuole un’Ucraina più debole e/o in procinto di capitolare. Quest’ultima eventualità viene vista dal Donald europeo come foriera di una grave minaccia per la Polonia e per gli interessi polacchi oltre che per l’Unione e per il mondo occidentale.
Tornando al Donald a stelle e strisce e al riferimento di prima, va sottolineato il fatto che questi si è detto capace di far finire la guerra in Ucraina in un solo giorno. Il vincitore delle elezioni presidenziali Usa ha anche chiarito l’intenzione di tagliare gli aiuti che il suo paese fornisce a Kiev.
Il tycoon avrebbe anche definito Zelen’skyj “il più grande venditore di tutti i tempi” in riferimento alla bravura da lui dimostrata nel guadagnarsi il sostegno internazionale e degli Usa. Per Trump l’Ucraina riceve troppi soldi da Washington. Si parla di 90 miliardi di dollari dall’inizio del conflitto contro i 118 miliardi di euro da parte di Bruxelles in aiuti militari e umanitari.
Diversamente da Tusk la pensano i governi ungherese e slovacco, entrambi contrari a questa politica a favore dell’Ucraina anche in funzione della loro ostilità a un’Unione egemonizzata da certo Occidente tutto teso a realizzare un superstato europeo che è quello che Orbán e Fico non vogliono. Anche questo aspetto è specchio delle divisioni che caratterizzano il quadro geopolitico attuale.
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