Internazionale

Scholz chiama il Cremlino, al centro i territori contesi

Olaf Scholz al G7 di Bari lo scorso giugno foto Ap/Michael KappelerOlaf Scholz al G7 di Bari lo scorso giugno – Ap/Michael Kappeler

Germania/Russia La telefonata dopo due anni di silenzio diplomatico. Nel mezzo di una campagna elettorale martellante il cancelliere tedesco tenta l’apertura a Putin. «Al fianco di Kiev fino alla vittoria giusta», ma la trattativa è ormai questione di tempo

Pubblicato circa un'ora faEdizione del 16 novembre 2024

Non si parlavano da oltre due anni. La chiamata è partita da Berlino. Sono rimasti al telefono per oltre un’ora. Soprattutto, per la prima volta Olaf Scholz e Donald Trump hanno iniziato a confrontarsi più o meno seriamente sulla possibilità di attivare il tavolo di negoziato fra la Russia e l’Ucraina, che è il nuovo obiettivo dell’Occidente.

Impensabile anche solo una settimana fa, prima che il cancelliere tedesco nel pieno della crisi di governo anticipasse pubblicamente che «molto presto» avrebbe chiamato Vladimir Putin per convincerlo a trattare «la fine della sua guerra di aggressione a Kiev». Ieri è successo, con la ripresa ufficiale del ponte-radio fra Berlino e Mosca interrotto all’indomani dell’invasione dell’Ucraina e poi rimasto spento per volere dell’amministrazione Usa.

«IL CANCELLIERE ha esortato la Russia a essere disposta a negoziare con l’Ucraina. Il suo obiettivo è raggiungere una pace che sia contemporaneamente giusta e duratura» conferma la nota “ecumenica” dell’ufficio stampa federale, diffusa da tutte le agenzie insieme all’immagine del cancelliere seduto davanti al telefono accanto ai suoi più stretti collaboratori, con abito, sguardo e telefono intonati al nero della gravità dei tempi. Scena a beneficio delle telecamere – in Germania è iniziata la breve ma martellante campagna elettorale per il voto anticipato del 23 febbraio – tuttavia la chiamata di Scholz a Putin non è una mossa mediatica e tantomeno un affare riservato fra i russi e i tedeschi, pronti a ritornare nemici-amici.

Poco prima di chiamare Mosca, Scholz aveva telefonato al presidente ucraino Volodymyr Zelensky, «ma si sono sentiti anche dopo la conversazione con Putin» fa sapere il portavoce del cancelliere.

Mentre da Washington il via libera alla ripresa dei contatti diretti con Putin era arrivato, sempre via telefono, nel corso dell’«amichevole» scambio di opinioni durato 25 minuti fra Scholz e Trump. Il quale era servito principalmente a concordare l’unica linea comune tracciabile fra Germania e Usa, che sono politicamente agli antipodi ma insieme sopportano i tre quarti del peso della guerra in Ucraina diventata militarmente insostenibile per Washington ed economicamente devastante per Berlino.

«Il cancelliere ha ribadito al presidente russo la determinazione della Germania a sostenere Kiev nella lotta difensiva per tutto il tempo necessario» fanno sapere da Berlino, sottolineando come la strategia dello scontro frontale rimanga sempre e comunque il leit motiv delle relazioni con Mosca al di là di qualunque distensione telefonica. Sebbene ieri a stridere con la strategia del muro contro muro a tempo illimitato, sia intervenuta l’intervista alla tv ucraina Suspilne di Zelensky che sembra aver accolto la via della pax trumpiana.

«CON TRUMP la guerra di Putin finirà prima, anche se al momento non esiste una data esatta. Con lui ho instaurato un buon dialogo e un’interazione costruttiva. Mi ha chiesto espressamente di partecipare ai negoziati». Poi, come Scholz, anche Zelensky ribadisce che sul campo l’Ucraina non arretrerà di un millimetro. «Siamo un Paese indipendente. Nel corso della guerra abbiamo dimostrato che la retorica del ’siediti e ascolta’ non ha funzionato», sottolinea il premier di Kiev.

Durante la conversazione di ieri Scholz e Putin hanno toccato l’argomento tabù della «ricomposizione» dei territori contesi in Ucraina. Il cancelliere ha chiesto il ritiro dei russi dalle zone invase, senza scendere nel dettaglio sulla Crimea e le Repubbliche separatiste del Donbass; Putin di contro ha ribadito la sua intenzione di non arretrare dal fronte segnato dalle conquiste territoriali del suo esercito. Nulla di nuovo sotto il profilo delle inconciliabili rivendicazioni, però ieri al telefono Berlino (per conto dell’Occidente) e Mosca hanno parlato della contesa sulla terra, non dello scontro di valori.

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