Le autorità ucraine hanno inserito in una lista nera la banca ungherese OTP e questo ha prevedibilmente provocato l’irritazione del governo di Budapest.

Andiamo per ordine: prima di tutto c’è da considerare il fatto che la OTP (Országos Takarék Pénztár, Cassa Nazionale di Risparmio) non è un soggetto qualsiasi ma è la più importante banca commerciale ungherese e trova posto tra i principali fornitori di servizi finanziari indipendenti nell’area europea centro-orientale. Si tratta quindi di una realtà importante per l’Ungheria ma, come abbiamo visto, lo è anche a livello regionale. Ebbene, questa banca è stata inserita dalle autorità di Kiev nella lista nera degli “sponsor internazionali della guerra”, come ha riportato di recente il portale di informazione Euronews. Secondo l’agenzia anticorruzione ucraina, la OTP “assicura condizioni preferenziali all’esercito russo” e sosterrebbe in questo modo le azioni militari che Mosca svolge sul territorio ucraino. L’agenzia si spinge oltre nelle dichiarazioni e afferma che così l’istituto di credito “ricompensa i militari russi per i crimini di guerra commessi”, come riferisce la fonte giornalistica prima citata.

Come già accennato, l’inserimento della OTP nella lista nera e le dichiarazioni di cui sopra, hanno suscitato il disappunto del governo guidato da Viktor Orbán e della stessa banca. Secondo quest’ultima, le affermazioni prima menzionate sono frutto di un’analisi sbagliata e parziale. Naturalmente anche il reattivo ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjártó ha fatto sentire la sua voce e speso parole per prendere le difese dell’istituto e dare così una risposta a Kiev. “La OTP è la più grande banca ungherese – ha detto – ed è un attore importante nell’economia del paese. Posso anche dire che ne andiamo tutti orgogliosi”.

Le reazioni, però, non si sono fermate all’aspetto puramente verbale. L’inserimento della OTP nel gruppo di chi sponsorizza la guerra ha infatti avuto un risvolto concreto a livello europeo. Più precisamente, i ministri degli Esteri dell’Ue non sono riusciti ad arrivare a un accordo sui nuovi aiuti militari destinati all’Ucraina. Si parla di 500 milioni di euro che la Commissione e diversi paesi europei vorrebbero stanziare dallo European Peace Facility, oltre ai 5,6 miliardi di euro già promessi al governo ucraino. Di fatto, però, l’Ungheria ha bloccato questi aiuti tenendo in sospeso la decisione relativa a essi.

Il capo della diplomazia di Budapest ha motivato tale decisione riferendosi alla famigerata lista più volte menzionata: “Ci opporremo al versamento di questo nuovo mezzo miliardo di euro dallo European Peace Facility fintanto che l’Ucraina manterrà la OTP nell’elenco degli sponsor internazionali della guerra”, ha detto Szijjártó in modo esaustivo.

I rapporti fra Budapest e Kiev sono piuttosto difficili; lo erano anche prima della guerra per motivi legati alla minoranza ungherese in Ucraina che secondo le autorità danubiane non ha mai potuto contare su una politica realmente rispettosa dei diritti delle minoranze. La posizione assunta dal governo Orbán nel frangente del conflitto ha fatto il resto. Sarà il caso di ricordare che poco prima delle elezioni politiche ungheresi svoltesi l’anno scorso, il presidente ucraino Zelens’kyj aveva accusato il premier di Budapest di essere l’unico leader politico dell’Ue a sostenere le manovre militari di Putin in Ucraina. Come sappiamo, Orbán si presenta da allora come uomo politico impegnato a contribuire al ritorno della pace e ribadisce il suo impegno a che l’Ungheria resti fuori da una guerra i cui costi, afferma, non devono essere a carico dei suoi connazionali.

Il fatto di aver bollato in questo modo la OTP è per le autorità ungheresi una cosa inaccettabile, da lì il blocco della nuova tranche di aiuti. Teoricamente gli aiuti militari dell’Ue non hanno vincoli particolari con la lista nera redatta da Kiev, tuttavia l’alto rappresentante per gli Affari esteri, Josep Borrell, ha lasciato intendere di voler fare di tutto per risolvere i problemi derivanti dall’incidente diplomatico e sbloccare in questo modo la somma in questione anche con il dialogo.

In sé, la lista nera ucraina è più che altro una specie di invito al boicottaggio delle aziende internazionali accusate di sponsorizzare la guerra. Sono ventisei, quasi tutte europee, e rischiano comprensibilmente di subire un danno a livello di immagine. Con esse anche un centinaio di persone (tra cui diversi italiani) che hanno ruoli importanti nelle aziende “messe alla berlina” e che pure sono state definite “sponsor internazionali della guerra”.

Insomma, tornando al caso specifico descritto in queste righe, anche la OTP è finita nell’elenco di chi, a parere di Kiev, commercia e specula con la guerra, e Budapest non ammette che sia stata bollata una delle sue eccellenze. Si attendono sviluppi.