Internazionale

Disimpegno o vittoria, la sorte dell’Ucraina si gioca nell’urna americana

Un incontro tra il presidente degli Stati uniti Biden e il presidente ucraino Zelenskyy a Washington foto di Susan Walsh/ApJoe Biden con Volodymyr Zelensky – foto Ap

Elettorale americana vista dall'Ucraina The Donald: stop in 24 ore. Kamala: tutto il tempo necessario

Pubblicato circa 2 ore faEdizione del 5 novembre 2024

La guerra in Ucraina è in una fase molto complicata per Kiev e l’impegno degli Stati Uniti in Europa dell’est è stato al centro della campagna elettorale dei due candidati alla Casa Bianca. Donald Trump ha più volte dichiarato che se sarà eletto porrà fine al conflitto «in 24 ore», senza mai specificare come. Kamala Harris, invece, ha ribadito in ogni sede l’importanza di sostenere l’Ucraina «per tutto il tempo necessario», in continuità con il mandato di Joe Biden. Ma il contesto ucraino mette ormai in discussione alla radice i rapporti decennali tra Usa e Ue a partire dall’alleanza militare. La Nato, rilanciata e allargata da Biden, è considerata da Trump «un fardello» e il candidato repubblicano ha chiarito che «se l’Europa non farà la sua parte» gli Usa potrebbero anche rifiutarsi di intervenire in caso di attacco a uno dei membri, contravvenendo a quel meccanismo di deterrenza che nell’Articolo 5 del Trattato è espresso chiaramente.

IN CHE MISURA queste dichiarazioni saranno attuate se il tycoon dovesse diventare il nuovo presidente è difficile dirlo, ma gli ultimi 32 mesi ci aiutano a delineare un quadro degli scenari possibili. A partire dal campo: nel Donetsk le truppe russe continuano ad avanzare, a rilento ma inesorabilmente. I reparti ucraini sono stanchi, in inferiorità numerica e di equipaggiamento. L’operazione nel territorio russo del Kursk, per quanto abbia sollevato il morale delle truppe, si è rivelata troppo azzardata. Lo Stato maggiore russo non ha distratto uomini dal fronte d’attacco per difendere Kursk, le operazioni in Donbass non sono rallentate e gli ucraini si sono trovati con centinaia di chilometri quadrati di territorio russo da tenere di fronte a un nemico quasi disinteressato. «Le operazioni per la liberazione del Kursk sono iniziate» ha dichiarato a inizio ottobre il ministro della difesa di Mosca Andrej Belousov lasciando intendere che al Cremlino non hanno nessuna fretta.

IL VANTAGGIO di Vladimir Putin sulla controparte è senz’altro quello di non dipendere da nessuno per la sua guerra, al netto degli aiuti iraniani, cinesi e ora nordcoreani. Per l’Ucraina è diverso. Nel territorio di Kiev vige la legge marziale e molte delle libertà del tempo di pace sono soppresse, il che facilita il controllo dei media e della popolazione civile, ma Zelensky deve dar conto agli alleati della Nato di ogni sua mossa importante. E le opinioni pubbliche di questi Paesi osservano sempre più distrattamente le vicissitudini est-europee, iniziando a domandarsi se per l’Ucraina non sia arrivato il momento di rinunciare a ogni velleità e trattare.

TRUMP HA UTILIZZATO questo scoramento come arma principale della sua campagna elettorale. Ha descritto Kiev quasi come un peso, dichiarando che i miliardi di dollari di armamenti che Washington ha inviato all’esercito di Zelensky sono soldi buttati e sottratti al «benessere degli americani». Non solo, il candidato repubblicano ha accusato gli alleati europei di «non fare abbastanza», lasciando intendere che se non aumenteranno le spese per la difesa gli Usa abbandoneranno il Vecchio continente. La minaccia racchiude nel solito calderone da showman populista diverse questioni: in primis la volontà isolazionista dell’establishment repubblicano, che punta al disimpegno su alcuni fronti a favore di una maggiore attenzione a quello che JD Vance, il vice di Trump, ha definito «il vero nemico», ovvero la Cina. La questione è economica e il partito dell’elefante guarda a Pechino come principale rivale nel breve termine. Disimpegnarsi dall’Ucraina e dall’Europa, non più centro degli equilibri mondiali, vuol dire riconoscere che c’è un avversario più importante di Putin da fronteggiare.

DI TUTTO CIÒ i vertici di Kiev non possono che essere spaventati: l’Ucraina potrebbe improvvisamente perdere il suo ruolo di «avamposto della democrazia contro il dittatore Putin», e diventare solo un conflitto regionale di cui una Casa bianca di orientamento trumpiano non ha alcun bisogno.

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