Colpo di scena nell’inchiesta sul naufragio di Cutro. Ieri i carabinieri di Crotone hanno bussato alle porte di guardia di finanza e guardia costiera su ordine del sostituto procuratore della città calabrese Pasquale Festa. Hanno realizzato perquisizioni e interrogatori nel filone d’inchiesta sui mancati soccorsi (distinto da quello che riguarda gli scafisti). Tre finanzieri – residenti a Vibo Valentia, Roccella Ionica e Taranto – sono stati sentiti in qualità di indagati. Nel registro dei pm ci sono almeno altri quattro nomi. L’accusa è di omicidio colposo come conseguenza di altro reato, l’omissione di soccorso.

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«STIAMO ESEGUENDO riscontri puntuali su elementi che ritenevamo mancanti per completare l’indagine», ha dichiarato il procuratore di Crotone Giuseppe Capoccia. Non torna la posizione della motovedetta V.5006 delle fiamme gialle, in porto quando sarebbe dovuta essere diretta verso il target, e sono state riscontrate anomalie nel giornale di bordo. Inoltre sui server della finanza mancano le tracce audio delle comunicazioni con la guardia costiera. I pm hanno disposto il sequestro dei cellulari di sei ufficiali.

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È SODDISFATTO l’avvocato Francesco Verri, che difende alcuni familiari delle vittime: «Siamo sempre stati convinti che il procedimento per i mancati soccorsi fosse in ottime mani. Le mani di magistrati che cercano la verità senza guardare in faccia nessuno». Per il legale non ci sono dubbi: «Lo Stato ha responsabilità evidenti e la procura di Crotone le accerterà per portare chi ha sbagliato davanti al giudice». Dopo la notizia è tornato alla carica il dottor Orlando Amodeo, impegnato per oltre 30 anni nei soccorsi ai migranti come medico della polizia. «Mi presenterò in procura per rilasciare dichiarazioni spontanee sulle minacce ricevute dal Viminale e spiegare perché le indagini non possono limitarsi agli ultimi anelli della catena ma devono risalire più in alto, devono arrivare a Roma», dice Amodeo. Tra i primi a offrire assistenza ai superstiti, la sera del naufragio partecipò al programma Non è l’arena e sostenne che nei soccorsi qualcosa non aveva funzionato. Durante la diretta il ministero dell’Interno comunicò con una nota che quelle dichiarazioni sarebbero state sottoposte all’Avvocatura dello Stato. «Tre mesi dopo non sono indagato. Quello che ho detto era vero», afferma Amodeo.

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IN ATTESA DI DETTAGLI e sviluppi dell’inchiesta, gli approfondimenti condotti dagli inquirenti smentiscono clamorosamente la linea sostenuta per tre mesi dal governo. In particolare dal trio Piantedosi-Salvini-Meloni, che davanti a telecamere e parlamento ha sempre negato la possibilità di errori istituzionali. «Qualcuno ritiene che le autorità italiane non abbiano fatto qualcosa che potevano fare? Se qualcuno dice o lascia intendere che le istituzioni si girano dall’altra parte è molto grave. Non accetto queste ricostruzioni», dichiarò la premier Meloni durante la conferenza stampa del 9 marzo a Cutro. Un attacco che serviva a evitare di rispondere ai giornalisti che volevano sapere perché dopo la segnalazione dell’aereo di Frontex relativa al barcone sovraccarico e senza standard di sicurezza era scattata un’operazione di polizia e non di soccorso. E poi perché dopo che due motovedette delle fiamme gialle erano state costrette a rientrare per il maltempo nessuno aveva inviato le Cp300 della guardia costiera, le «inaffondabili», a cercare i migranti in pericolo.

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SIN DAL PRIMO GIORNO il governo ha scaricato tutte le responsabilità su trafficanti e scafisti (cinque presunti membri dell’equipaggio sono in carcere indagati in un altro filone). Il ministro dell’Interno Piantedosi, mentre il mare restituiva ancora cadaveri, riuscì a prendersela con gli stessi migranti: «La disperazione non può mai giustificare condizioni di viaggio che mettono in pericolo le vite dei propri figli», dichiarò. Coerentemente con questa impostazione politica il «decreto Cutro», poi convertito in legge, si è limitato a inasprire pene già severissime per chi guida i barconi, senza toccare in alcun modo il meccanismo dei soccorsi.

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VEDREMO SE la procura di Crotone individuerà errori e responsabilità su cui la politica ha voluto prima tacere e poi chiudere gli occhi. Per farlo sarebbe necessario ricostruire la catena di comando che ha causato la strage e le procedure che nel corso degli anni hanno piegato il dovere del soccorso alle esigenze di polizia. In ogni caso non sarà un compito facile perché, come sostiene il medico-colonnello Amodeo, queste strade probabilmente portano a Roma.

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