Il contrammiraglio Vittorio Alessandro, adesso in congedo, ha trascorso 31 anni nella guardia costiera. Lancia l’allarme sulle procedure applicate al salvataggio dei migranti nel Mediterraneo.

Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi parla di «apparente sovrapposizione» tra eventi di immigrazione clandestina ed eventi di ricerca e soccorso (Sar). Com’è possibile che per casi di emergenza non esistano norme e procedure chiare?

Può succedere che, non da un giorno all’altro ma in un arco di tempo abbastanza lungo, si rafforzino procedure e prassi che inquinano le vicende dei soccorsi di grandi numeri di persone, come quelli dei migranti, e le trascinino verso logiche e prassi di polizia. Prima gli interventi erano esclusivamente ispirati al salvataggio. Ovviamente anche la polizia veniva chiamata in causa, ma per aspetti logistici e di ordine pubblico. Allo sbarco.

Quando tutto va bene cambia qualcosa tra l’esito di un’operazione di polizia e una Sar rispetto all’ingresso di migranti sul territorio?

Alla fine non cambia granché. Sbarcano comunque. Ma durante l’intervento in mare si realizzano procedimenti e passaggi diversi.

Un paradosso.

Credo che molto sia concesso all’opinione pubblica, elargito come notizia per cercare di far tornare i conti. Ma i conti non tornano: ci sono tanti sbarchi e tanti morti.

Frontex ha avvistato il caicco a 40 miglia e sono partiti due mezzi della Guardia di Finanza (GdF). Le fiamme gialle hanno giurisdizione per un’operazione di polizia fuori dalle 12 miglia di acque territoriali e dalle 24 di «zona contigua»?

Le attività di polizia si possono svolgere nelle acque territoriali salvo, prevedono le norme internazionali, in caso di inseguimento. Cioè quando una nave sospetta dalle acque territoriali si sposta verso l’esterno.

Se due navi della GdF escono a cercare una barca e non la trovano il caso finisce lì?

Se si è ritenuto che ci sia un reato da perseguire e dei responsabili da individuare la situazione non può concludersi in questo modo. Neanche da un profilo di polizia. Soprattutto, però, se è in corso un evento che ha già le caratteristiche del pericolo il fatto che le motovedette rientrino per il mare estremo deve spingere a tenere aperta la strada del meccanismo di soccorso.

Quindi il caso Sar si sarebbe potuto aprire anche a quel punto?

Sì, l’evento Sar è la formalizzazione di una situazione di pericolo che consente di tracciare una barca e non mollarla mai un minuto. In mare conta proteggere le vite, non si può tralasciare alcuna tappa.

Torniamo all’avvistamento di Frontex. Gli elementi comunicati configurano una situazione di pericolo?

Chiunque aveva quelle informazioni poteva ritenere che con un mare fortemente avverso ci sarebbero state le condizioni per aprire un soccorso. Se un lettore termico rileva presenze sottocoperta, a prescindere dal numero esatto, si può capire che quell’imbarcazione da sola e lontana dalla costa è in pericolo. Se non viene aperto un procedimento di soccorso significa che è in atto una grave distorsione delle cose. Si ritiene che in primo piano vada l’attività di polizia, il contenimento degli arrivi e la persecuzione degli scafisti. Ma quando ci sono situazioni di grave pericolo, di emergenza come gli incendi, non è che si manda soltanto la polizia a vedere chi è stato il piromane. Prima si mandano i vigili del fuoco a spegnere le fiamme.

Il comandante della capitaneria di porto di Crotone Vittorio Aloi ha detto che spesso le regole di ingaggio non vengono dal ministero delle Infrastrutture, ma da quello dell’Interno. Il Viminale ha un ruolo ufficiale nelle attività di rintraccio delle imbarcazioni?

No, le leggi assegnano solo alle capitanerie di porto della guardia costiera il ruolo di referente nazionale per il soccorso marittimo, in attuazione della convenzione di Amburgo. Di fatto, però, da qualche anno si è affermato sempre di più il ruolo del ministero dell’Interno rispetto alle attività di soccorso riferite ai fenomeni migratori. In particolare per l’assegnazione dei porti, ma non solo.

Questa vicenda crea rischi per l’immagine e le competenze del corpo della guardia costiera?

Credo di sì e me ne dispiace molto. Ma non è la cosa più grave. La cosa più grave è che un naufragio come quello di Steccato di Cutro poteva accadere anche prima, tra le tante barche arrivate senza che venisse decretata l’azione Sar. E potrà accadere anche dopo se non correggiamo la grave distorsione di vedere il mare come una campagna per le attività di polizia.