È polemica sulle parole del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, volato domenica a Crotone per una riunione in prefettura dopo la strage di Steccato di Curto costata la vita ad almeno 63 persone (ma si temono 100 morti). Il titolare del Viminale da un lato ha dato tutta la colpa agli scafisti e agli stessi migranti, dall’altro ha respinto le domande che chiedevano maggiori dettagli sulla catena dei soccorsi. «L’unica cosa che va affermata è che non devono partire. Quando ci sono queste condizioni non devono partire», ha detto secco il ministro. Lui, ha dichiarato provando a mettersi nei panni di un migrante, non prenderebbe il mare neanche se disperato perché «educato alla responsabilità verso quello che si può dare al proprio paese». Pazienza che la situazione italiana non sia comparabile a quelle di Siria, Afghanistan o Iran, alcuni dei paesi di provenienza di morti e superstiti. Il victim blaming, cioè la colpevolizzazione delle vittime, in campo migratorio non è una prerogativa di Piantedosi: in Grecia ci sono rifugiati imputati per la morte dei figli che viaggiavano con loro. In alcuni casi sono stati condannati a decine di anni di carcere.

Alcuni migranti superstiti al naufragio – foto LaPresse.

«PAROLE INACCETTABILI, Piantedosi si vergogni», attacca la deputata Pd Rachele Scarpa. «Le dichiarazioni del ministro sono scandalose: un misto di cinismo e assenza di rispetto», afferma il co-portavoce di Europa Verde e deputato Angelo Bonelli. «C’è da inorridire davanti a quelle frasi. Si dimetta», attacca il segretario e deputato di +Europa Riccardo Magi. Per i 5S il capogruppo alla Camera Francesco Silvestri: «Parlare di irresponsabilità delle persone che rischiano la vita nelle traversate significa non avere contezza del fenomeno migratorio». Contro Piantedosi anche Azione-Italia Viva: «scandaloso». Dalla maggioranza non si alzano voci particolari a sua difesa.

A CONTESTARE LE PAROLE del ministro anche le organizzazioni umanitarie, con Msf in testa. Suor Loredana Pisani, impegnata con la Caritas-Migrantes di Crotone nell’assistenza dei superstiti, afferma: «Chi si mette sui barconi sa di rischiare la vita, se lo fa è perché a casa corre rischi ancora maggiori».

L’ALTRA POLEMICA ruota intorno alla gestione dei soccorsi. È scoppiata dopo le parole del medico Orlando Amodeo che domenica sera a Non è l’arena ha criticato le autorità: «Quella tragedia si poteva evitare. Se so che c’è una nave in difficoltà le vado incontro. Perché non si è fatto?». Praticamente in diretta è arrivata la replica del Viminale: sottoporremo queste dichiarazioni all’Avvocatura dello Stato. Amodeo ha lavorato come medico della polizia di Stato, con il grado di colonnello, per 32 anni e dal 1993 si occupa di sbarchi e soccorsi. «Altro che scafisti – ribadisce al manifesto – ci sono precise responsabilità istituzionali. Forse qualcuno pensava si sarebbero arenati e ci sarebbe stato solo uno sbarco clandestino in più. Invece è avvenuta una strage. Non ho paura delle minacce di Piantedosi». Per il segretario di Si Nicola Fratoianni è inaccettabile intimidire «trasmissioni televisive e ospiti che chiedono spiegazioni su ritardi e dinamica nei soccorsi».

IL PROCURATORE DI CROTONE Giuseppe Capoccia fa sapere che sono in corso le ricostruzioni della catena dei soccorsi «ma non ci sono indagini su questo». Almeno per adesso, perché nella vicenda rimangono punti da chiarire. Finora si sa che intorno alle 22.30 di sabato l’aereo Eagle di Frontex ha avvistato il barcone a circa 40 miglia dalle coste calabresi. A quel punto, comunica la guardia di finanza, «è stato immediatamente attivato il dispositivo per intercettarlo con la vedetta V.5006 e il Pattugliatore Veloce P.V. 6 Barbarisi». I mezzi sono però rientrati per le proibitive condizioni del mare senza trovare il target. Da notare che il comunicato delle fiamme gialle non parla di un barcone in pericolo, ma di «un’imbarcazione che presumibilmente poteva essere coinvolta nel traffico di migranti». Lessico che afferisce più alle operazioni di law enforcement che a quelle di ricerca e soccorso (Sar).

«LE MOTOVEDETTE buone per ogni condizione meteomarina sono le 300 e 800 della guardia costiera che hanno il compito specifico del soccorso. Quelle della Gdf sono vedette di polizia: magari più veloci ma senza la stessa capacità di tenuta del mare grosso», spiega Gregorio De Falco, ex senatore e ufficiale di marina. La guardia costiera ha fatto sapere di aver impiegato due mezzi navali ma senza specificare a che ora siano partiti. Dal tracciato della Cp 321, l’unica menzionata esplicitamente, si vede che si è mossa poco prima delle 4.30 di domenica mattina dirigendosi direttamente verso la spiaggia del naufragio, dunque non al largo. È arrivata circa un’ora dopo, quando verosimilmente il barcone si era già infranto contro una secca.

IL MANIFESTO ha chiesto per iscritto alla guardia costiera il dettaglio orario dell’intervento e il numero di caso Sar a esso associato. Nessuna risposta. Sono due delle dieci domande che il deputato di Si Marco Grimaldi ha inserito in un’interpellanza a Piantedosi, con in copia il titolare delle Infrastrutture Matteo Salvini. Intanto il Pd ha richiesto un’informativa urgente alla Camera del ministro dell’Interno per chiarire tutti i dettagli della vicenda.