La saldatura temuta, poi realizzata
Illustrazione di Paolo Beghini
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La saldatura temuta, poi realizzata

1994 - 2024 Il caso Berlinguer Il segretario era convinto che la convergenza dei partiti popolari e dunque delle masse cattoliche e comuniste (delle quali si dava per scontato i due partiti avessero la completa rappresentanza) fosse l’unico antidoto possibile a «una saldatura stabile e organica tra il centro e la destra»
Pubblicato 4 mesi faEdizione del 7 giugno 2024

«Quest’uomo, sotto il cui nome andrà la politica più di “destra” fatta dal partito, non è stato un uomo della “destra” comunista». Il caso Berlinguer è in queste poche righe dell’articolo scritto da Rossanda dopo la morte del segretario del Pci (lo ripubblichiamo integralmente in questo inserto). La politica di “destra” è il Compromesso storico, teorizzato da Berlinguer come indispensabile collaborazione tra il Pci e la Dc sulla base della convinzione, dopo il golpe in Cile, che «l’urto frontale tra i partiti che hanno base nel popolo conduce a una scissione in due del paese che sarebbe esiziale per la democrazia». Ma declinata assai più modestamente nei governi di Solidarietà nazionale, cioè nel sostanziale appoggio del Pci alla Dc.

Fallimentare negli esiti e subito criticata dal manifesto – «la “sensazionale” rinuncia di Berlinguer a un’alternativa di sinistra implica, col riconoscimento dell’egemonia della Dc, una duplice subordinazione della componente socialista sia al Pci che alla Dc: il vecchio frontismo era rose e fiori al confronto» – la scelta strategica di Berlinguer a oltre 50 anni di distanza può giovarsi del senno del poi. Il segretario era convinto che la convergenza dei partiti popolari e dunque delle masse cattoliche e comuniste (delle quali si dava per scontato i due partiti avessero la completa rappresentanza) fosse l’unico antidoto possibile a «una saldatura stabile e organica tra il centro e la destra». Che avrebbe messo a rischio niente di meno che «le basi stesse della sopravvivenza dello Stato democratico».

È vero che il golpe in Italia come in Cile non c’è mai stato (ma immaginato certamente sì), è vero che il problema del rapporto con i cattolici era sempre stato centrale per il Pci dal «partito nuovo» di Togliatti in avanti («senza bisogno di una qualifica da linguaggio del destino», Vittorio Gorresio), ma va anche riconosciuto a Berlinguer che quella «saldatura stabile e organica» tra destra e centro nel nostro paese si è poi effettivamente realizzata.

Guarda caso proprio immediatamente dopo la fine dei partiti di massa. Senza peraltro che né centro né destra si siano mai posti minimamente il problema del 51 percento che angustiava allora il leader Pci (gli pareva, per la sinistra, una maggioranza troppo esigua). Con quella saldatura dobbiamo fare i conti ancora oggi, dopo averla vista spuntare dieci anni dopo la morte di Berlinguer e cinque dopo il crollo del muro e lo scioglimento del partito comunista.

La sconfitta del Pci alle elezioni del 1979 avvia il processo di ripensamento di Berlinguer. Non del tutto lineare, anche a causa del suo progressivo isolamento all’interno gruppo dirigente comunista. Se nell’agosto del ’79 conferma al settimanale tedesco Stern in una famosa intervista che «un governo di sinistra nelle attuali condizioni non è una buona soluzione per le sorti della democrazia italiana» perché «con una Dc rigettata sulla linea dello scontro rischiamo una situazione cilena», pochi giorni dopo in un importante articolo ancora su Rinascita il segretario pone il tema dell’ingresso del partito nel governo: «La pregiudiziale esclusione del Pci impedisce che vengano affrontati i problemi di un nuovo corso economico» e accusa la Dc «dopo la morte di Moro» di assecondare «le forse reazionarie e conservatrici» mettendo così in dubbio «la sua stessa essenza di partito popolare e democratico».

Sono i semi dell’Alternativa democratica, subito colti da Lucio Magri che sempre su Rinascita così incalza Berlinguer: «Si può a lungo trascurare il fatto che invece di conquistare la Dc a un’intesa si sta logorando ogni giorno di più l’intesa politica e l’affinità culturale tra socialisti e comunisti?». Sulle potenzialità di quella “svolta” il manifesto discusse (una traccia di quelle discussioni si può cogliere ancora nei pezzi qui ripubblicati di Pintor e Rossanda) e la discussione continua, come testimoniano gli articoli di Colombo e Castellina. Sui suoi esiti ha deciso la storia.


Gli articoli dell’inserto su Berlinguer:

Quella ritirata travestita da offensiva – di Andrea Colombo

L’addio al Compromesso poteva impedire il crollo – di Luciana Castellina

A un amico – di Luigi Pintor

Il tempo di Enrico Berlinguer – di Rossana Rossanda

Padova, quella sera sul palco quando la piazza capì subito – di Pietro Folena

Passioni, idee e antidoti per aggirare il santino – di Lelio La Porta

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