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Usa, ora la Corte Suprema muove contro l’aborto

Usa, ora la Corte Suprema muove contro l’abortoUna folla radunata nella notte del 2 maggio 2022 dopo le prime indiscrezioni sull'imminente bocciatura del diritto all'aborto da parte della Corte suprema – Anna Johnson /Ap

Stati uniti Arretramento epocale sui diritti delle donne – il tibunale riporta le lancette al 1970

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 3 maggio 2022
Luca CeladaLOS ANGELES

Le indiscrezioni sulla sentenza che la Corte Suprema avrebbe già scritto per revocare il diritto costituzionale all’aborto negli Stati uniti segnano una svolta epocale nelle politiche sociali del paese e un passo fondamentale nella regressione conservatrice della nazione.

Viste le recenti sentenze favorevoli a leggi fortemente restrittive sull’interruzione di gravidanza in alcuni stati come Texas, Louisiana e Oklahoma, la mossa non era del tutto inattesa. Ma la decisione di revocare la sentenza Roe v. Wade che dal 1973 tutela il diritto delle donne senza indebite ingerenze dello stato costituisce una involuzione che smarca gli Stati uniti dalla maggior parte dalle democrazie occidentali e segna la vittoria della destra in un contenzioso che dura da mezzo secolo.

Per cinquant’anni Roe v. Wade è stato il precedente vincolante e la pietra angolare di una giurisprudenza che ha riaffermato a più riprese il diritto fondamentale delle donne di ricorrere (pur nell’ambito di varie limitazioni) all’interruzione della gravidanza.

Nella bozza di sentenza firmata dal giudice Samuel Alito (e trapelata anzitempo su Politico, un fatto di per se con pochi precedenti), si legge invece che il precedente storico di Roe v. Wade va soppresso poiché quello all’aborto non è un diritto iscritto nella carta costituente promulgata nel 1789.

L’interpretazione letterale della costituzione – il cosiddetto strict constructionism – è caratteristica del movimento ultra conservatore la cui influenza è andata crescendo sotto le amministrazioni Reagan, Bush e Trump, alterando nella fattispecie l’equilibrio della stessa Corte costituzionale. La radicalizzazione della destra Usa è stata in gran parte costruita proprio sulla lotta all’aborto e su questo tema si è fondata l’alleanza strategica di Ronald Reagan con lo zoccolo fondamentalista del cristianesimo evangelico.

La battaglia contro l’aborto è stata la stella polare della quarantennale deriva sposata anche per ultimo dal populismo trumpista, un elemento radicalizzante che ha visto lo sviluppo di una potente lobby e, negli anni 90, di un movimento “terrorista cristiano” autore di attentati ai consultori e omicidi di medici.

Ufficialmente la Corte rimetterà la questione al legislatore per codificare la materia con una legge piuttosto che con la giurisprudenza. In realtà non sembra esserci possibilità di trovare i 60 voti per la ratifica rafforzata richiesta da una legge costituzionale, mentre (una volta pubblicata probabilmente nei prossimi due mesi) la sentenza avrà un effetto immediato: entro la fine di questo anno ogni interruzione di gravidanza verrà con ogni probabilità dichiarata fuori legge in circa metà degli stati dell’Unione, che avranno facoltà di fissare in autonomia normative proprie.

Significa che come minimo le donne residenti in 22 stati del Sud e del Midwest non potranno più abortire e che quelle più povere e svantaggiate, non in grado di permettersi trasferte in consultori di stati “permissivi”, saranno costrette e portare a termine gravidanze non volute, o ricorrere a pericolosi metodi clandestini.

In alcuni stati d’altronde questa è già di fatto una realtà. Missouri, North Dakota, South Dakota e Mississippi, ad esempio, dispongono ciascuno ormai di una sola clinica abilitata alla procedura.

La sentenza della Corte è destinata ora a sancire ufficialmente un ordinamento di tipo autoritario e discriminatorio sempre più apertamente invocato dagli integralisti.

In caso di riconquista repubblicana del Congresso alle elezioni di medio termine di novembre, potrebbe inoltre spuntarla il tentativo di ratificare un divieto federale all’aborto valido in tutto il paese.

Questo dichiarato obiettivo della destra potrebbe essere raggiunto anche da un’ulteriore sentenza della massima corte che estendesse diritti costituzionali ai feti in gestazione. La svolta rappresenta una vittoria per la militanza dei fondamentalisti e per le manovre politiche dei repubblicani pur nel contesto di un’opinione pubblica che rimane favorevole all’aborto al 60%.

Cruciale si è rivelata soprattutto la blindatura proprio della Corte suprema, attraverso il boicottaggio nel 2016 di un togato scelto da Obama, seguita da tre nomine consecutive toccate a Trump. Alcuni democratici propongono ora di aumentare il numero di giudici nella corte per “diluire” la super maggioranza conservatrice.

Intanto, appena è trapelata la bozza di sentenza su Internet, sono immediatamente partite le prime proteste del fronte pro-choice, con diverse centinaia di persone radunate nella notte all’esterno del supremo tribunale di Washington.

La folla di giovani autoconvocata nella notte davanti alla Corte Suprema a Washington

Il movimento femminista incassa un duro colpo che lascia presagire un più ampio disegno che mira a smantellare l’edificio di diritti civili – razziali, di genere, elettorali – conquistati in cinquant’anni di lotte e ristabilire in buona sostanza un ordinamento giuridico, culturale e politico precedente ai movimenti di emancipazione nati negli anni 50 e 60.

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