Politica

Schlein festeggia: «L’alternativa c’è». Conte mette paletti

Elly Schlein e Alessandra Todde festeggiano la vittoria foto AnsaElly Schlein e Alessandra Todde festeggiano la vittoria – foto Ansa

Sinistra La leader Pd: «La vittoria sarda un regalo per un anno da leader». Prodi: «Si vince solo uniti». Calenda: «Mai più soli nelle regioni». Bonaccini loda la segretaria, l’avvocato frena: «Intese solo con alleati affidabili»

Pubblicato 9 mesi faEdizione del 28 febbraio 2024

«Non potevo trovare un modo migliore di festeggiare un anno di segreteria. Una cosa è certa: l’alternativa c’è. La vittoria in Sardegna dimostra che la direzione intrapresa è quella giusta e che essere testardamente unitari porta i suoi frutti: lo saremo anche in futuro, la destra si può battere».

TRA SOCIAL E DIRETTE TV, una sorridente Elly Schlein va ripetendo lo stesso concetto per tutto il giorno. Dopo un anno dalle primarie aveva bisogno di un successo vero, anche per tacitare chi nel Pd già ragionava su come mandarla a casa. Su Todde la segretaria ha fatto un azzardo politico e ha vinto. Non è poco. Tanti le dicevano che non era opportuno regalare la candidatura in Sardegna a un Conte che un giorno sì e uno pure manifesta distanza dal Pd, accusandolo persino di «bellicismo». L’ex sfidante al congresso Stefano Bonaccini è il primo a chiamare la tregua interna nella notte tra lunedì e martedì, a spoglio ancora in corso: «La destra si può battere: tanti applausi ad Elly Schlein e all’intera comunità del Pd. Adesso unire il centrosinistra e costruire l’alternativa nel Paese». Dopo le forti tensioni sul terzo mandato – i dem hanno votato no in Senato contro il parere del governatore emiliano e di tanti sindaci – è il segnale che da qui alle europee non ci saranno fibrillazioni interne. Poco dopo, intorno all’una di notte, Schlein si appalesa con Conte al comitato Todde a Cagliari e parte la festa. Canta Bella Ciao con i militanti e alla neogovernatrice confida: «Difficile distinguere i militanti nostri dai vostri». Un incoraggiamento arriva da Romano Prodi: «Il centrosinistra più si unisce, più vince, non c’è niente fare», spiega in un’intervista. Nel Pd non ci sono voci dissonanti, almeno per un giorno.

PERSINO CARLO CALENDA (che aveva sostenuto Soru in Sardegna, ndr), ammette in un’intervista a Huffpost che «alle regionali correre da soli non è fattibile e non lo faremo più». Arriva una timida apertura al dialogo con l’odiato Conte «non a tutti i costi» per le prossime sfide nelle regioni. Ma subito dopo il leader di Azione precisa: «Non abbiamo fatto governi con i 5S e non intendiamo farne. E all’epoca non c’era l’Ucraina. Figuriamoci oggi. Il resto è chiacchiera da bar». Un passettino che Schlein comunque incoraggia: «Una buona notizia. Se ci concentriamo sulle cose da fare insieme, giustizia sociale, lavoro, politica industriale, troviamo l’accordo e siamo più forti».

CHI FRENA, COME AL SOLITO, è Giuseppe Conte. Concentrato nel rivendicare la vittoria della «nostra» Todde, soddisfatto al punto da palleggiare in diretta con Agorà su Raitre, il leader 5S per tutta la giornata ribadisce il suo concetto di «campo giusto» e non «largo», possibile solo in presenza di «progetti solidi» e di «compagni di viaggio affidabili». «Noi non andiamo al governo per gestire il potere ma per realizzare il cambiamento». «Il problema non è di allargare quanto più possibile una coalizione, che poi diventa un cartello elettorale e non sei più credibile, il giorno dopo vai anche a governare, ma quali impegni puoi realizzare se sei diviso su tutto?», insiste l’avvocato. Più tardi, a Porta a Porta, entra nel merito delle prossime sfide: «In Piemonte stiamo incontrando alcune difficoltà a condividere i medesimi obiettivi con le altre forze, in particolare con il Pd». In Basilicata, aggiunge, «è stato indicato unilateralmente un candidato (Chiorazzo, ndr). Io ho sempre detto che si converge prima sui temi, e dopo si trova l’interprete migliore: è chiaro che non funziona se ho di fronte una forza politica che indica prima l’interprete e poi mi chiede di fare l’accordo sui programmi». Fonti dem non ostili ai 5S fanno notare che «in Sardegna noi abbiamo fatto l’accordo anche perdendo Soru, se Giuseppe vuole l’alleanza con noi deve essere disposto a pagare qualche prezzo, in una coalizione non ci si può stare solo quando sei tu a ricevere».

DA CONTE DUNQUE ARRIVA una brusca frenata rispetto alle due regioni in bilico. L’atteggiamento resta identico a quello che aveva prima delle regionali sarde: «Il nostro schema è di dialogare sempre con il Pd: a volte riusciamo a convergere e a volte no, non siamo lì per cercare un cartello elettorale», insiste il leader 5S. Poco conta che la sua governatrice Todde già dalla mattina abbia detto che «l’alleanza tra Pd e M5s è l’unica strada percorribile». L’avvocato alza la posta. Il suo amico Goffredo Bettini lo incalza, sottlineando il «grande rilievo politico» della vittoria sarda di una «coalizione unitaria». Da oggi per lui sarà molto più difficile sottrarsi all’abbraccio coi dem.

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