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Igor Taruffi: «Il campo largo già esiste È la destra che è divisa»

Igor TaruffiIgor Taruffi

L'intervista Il responsabile dell'organizzazione del Pd: in Abruzzo a sostegno della candidatura di Luciano D’Amico c’è una coalizione che ci vede insieme all’Avs, al M5s e anche ad Azione e Italia Viva

Pubblicato 9 mesi faEdizione del 28 febbraio 2024

Igor Taruffi, responsabile dell’organizzazione del Pd, partiamo dall’inizio, cioè dalla vittoria di Alessandra Todde in Sardegna.
I sardi hanno scelto tra due proposte molto differenti tra di loro e hanno scelto di dare fiducia a un percorso serio e innovativo che darà risposte ai tanti problemi dell’isola dopo cinque anni di cattivo governo della destra. I risultati sono chiari: a Cagliari Truzzu è stato nettamente sconfitto, ed era il sindaco uscente: una bocciatura senza appello. Lui come candidato era stato scelto da Meloni in persona. Ma questa non è la sua unica sconfitta, perché FdI era il primo partito alle politiche e ora non lo è più. Inoltre registriamo il forte ridimensionamento della Lega

Di fatto quella sarda è la prima affermazione importante del campo largo.
Diciamo che è la prima vittoria in una tornata significativa come quella di un voto regionale, ma vorrei ricordare che nelle città già questa formula ha riscosso diversi successi. Fermo restando che i territori devono fare percorsi autonomi, il voto sardo dimostra che esiste un’alternativa alla destra e che va praticata.

Alle porte però ci sono le regionali in Piemonte e in Basilicata in cui l’accordo tra Pd e M5s appare complicato.
Come molti non credevano alla vittoria di Todde in Sardegna, allo stesso modo c’è chi ritiene che ci siano rapporti complicati tra noi e il M5s. Ma se guardiamo alle città che vanno al voto a giugno, e ci sono sei capoluoghi di regione, ci accorgiamo che questa alleanza già c’è, in particolare proprio tra Pd, M5s e Avs. La realtà è spesso diversa da come viene rappresentata: andranno al voto a giugno anche 27 capoluoghi di provincia e stiamo facendo alleanze molto larghe ovunque.

Se è vero che questo campo largo funziona, non ha rimpianti per non averlo fatto già alle politiche di un anno e mezzo fa?
In mezzo c’è stato un congresso del Pd che è finito con la vittoria di Elly Schlein, e questo qualche significato ce l’ha. Comunque sono una persona abituata a guardare avanti: un’alternativa alla destra c’è nel paese e il voto sardo ci dimostra che c’è anche nelle urne. Dobbiamo concentrarci sul percorso che abbiamo davanti. Serviranno, ovviamente, tempo, energie e fatica, ma poi i risultati arrivano.

Dall’altra parte c’è una coalizione di destra all’apparenza stabile e monolitica, ma che forse qualche crepa la mostra…
A destra c’è di sicuro più di una crepa. Si parla quasi solo delle divisioni del campo progressista, che in realtà sono meno di quelle che sembrano, ma a destra vedo divisioni su tanti argomenti, spesso anche sostanziali. Poi loro hanno una grande capacità di unirsi nel nome di un patto di potere, però è indubitabile che ci siano tante cose a dividerli: penso alle riforme, lì gli elementi di differenza sono parecchi e per nulla piccoli.

Nel campo largo c’è spazio anche per il cosiddetto terzo polo?
Ho letto alcune dichiarazioni di Calenda in cui dice di aver capito che non ha senso andare da soli. Mi pare un passaggio importante. Del resto con queste leggi elettorali maggioritarie è evidente che si debba stare insieme. Le ragioni dell’unità esistono e sono forti, i punti di vista differenti non possono pregiudicare le alleanze. In Abruzzo a sostegno della candidatura di Luciano d’Amico c’è una coalizione che ci vede insieme all’Avs, al M5s e anche ad Azione e Italia Viva. Il campo largo non solo si può fare, ma lo stiamo già facendo.

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