Politica

Alleanze alla prova: Schlein rischia molto più di Meloni

Elly Schlein - foto AnsaElly Schlein – Ansa

Regionali 4,3 milioni al voto nelle due regioni: Umbria decisiva. Per la segretaria una nuova prova da leader della coalizione dopo la sconfitta in Liguria: una doppia vittoria rianimerebbe il fronte dell’alternativa, il fortino emiliano non basta. Conte teme il sorpasso da parte di Avs, Salvini quello di Forza Italia

Pubblicato circa 3 ore faEdizione del 17 novembre 2024
Andrea CarugatiINVIATO A BOLOGNA

Dopo la sconfitta di misura in Liguria (meno di 10mila voti di scarto) per il fronte progressista questo secondo tempo delle regionali in Emilia-Romagna e Umbria può rappresentare una rivincita piena o una mesta ritirata tra i confini rossi della roccaforte emiliana. Tutto dipende dai 700mila elettori umbri, assai meno dei 3,6 milioni dell’Emilia-Romagna, ma decisamente più importanti per dare il segno al voto del 17 e 18 novembre.

PER MELONI SUBIRE UN 2-1 sarebbe una vera battuta d’arresto, dopo una lunga serie di vittorie regionali arrivate dopo il suo insediamento a palazzo Chigi nel 2022. Tranne la Sardegna di Alessandra Todde, le destre hanno vinto ovunque, dal Piemonte alla Sicilia, passando per Friuli, Lombardia, Liguria, Lazio e Abruzzo, Molise e Basilicata.

Per la premier una doppia sconfitta, nei giorni in cui la Consulta ha parzialmente bocciato l’autonomia leghista, aprirebbe una faglia nella narrazione vittoriosa che è stata ancor più corroborata dal successo di Trump negli Usa. Nel caso di una vittoria solo in Umbria, invece, a palazzo Chigi si continuerebbe a navigare tranquilli, convinti che il fronte delle opposizioni non è (ancora) in grado di impensierire le destre.

PER ELLY SCHLEIN, che a differenza di Meloni (presente solo per il comizio finale a Perugia con gli altri leader) ha battuto palmo a palmo le due regioni, come aveva fatto con tutte quelle al voto da quando è stata eletta segretaria nel 2023, una doppia vittoria sarebbe un balsamo: non tanto per la sua leadership dentro il Pd, che non è uscita ammaccata neppure dalla Liguria visti i numeri del partito risalito al 28,4%. Ma per la possibilità di presentarsi come leader di un centrosinistra almeno potenzialmente competitivo in vista delle prossime politiche.

L’effetto Sardegna, dopo 9 mesi, ormai è svanito: la coalizione di centrosinistra appare sempre più slabbrata, con i 5S in piena crisi di identità e di voti, e un centro che non riesce a darsi un profilo e una leadership convincenti. Vincere in Umbria, dove dietro a Stefania Proietti c’è tutto il campo larghissimo, vorrebbe dire che quel progetto sopravvive. Un’altra sconfitta darebbe invece forza a tutte le spinte centrifughe, che già si sono viste sulla manovra, dove le opposizioni hanno presentato emendamenti comuni su pochi punti, concentrandosi ognuna sulla propria agenda.

PERDERE IN UMBRIA, dunque, lascerebbe i dem ancora più soli nel coltivare il progetto di una coalizione alternativa alle destre. E dunque meno in grado di preoccupare l’inquilina di palazzo Chigi. Poco importa ricordare che nell’ottobre 2019 quando (subito dopo la nascita del governo Conte Due) Pd, M5S e sinistre si presentarono insieme in Umbria (con tanto di foto a Narni con tutti i leader), la destra trainata da Salvini vinse con venti punti di distacco, mentre stavolta si annuncia un testa a testa.

Segno che il fronte progressista ha fatto dei significativi passi in avanti anche in una terra che 5 anni fa si affidò alla Lega anche a causa di errori (e indagini) che coinvolsero il Pd al governo. Poco importa perché nelle urne di oggi e domani, come in Liguria a fine ottobre, alla fine conta chi conquisterà la regione. E Schlein, che ha fatto un’altra campagna pancia a terra, ha molto più da perdere di Meloni. Perché la leadership nel campo delle opposizioni, assegnatale dai numeri delle europee di giugno, ancora non si è stabilizzata. Come ha ricordato Romano Prodi venerdì sera, Meloni non ha scommesso un centesimo sull’Emilia e non si è neppure presentata al fianco della candidata Elena Ugolini. «Meglio di un’indagine demoscopica», ha sorriso il Professore.

CI SONO POI GLI ALTRI LEADER, che giocano partite delicate. Conte per la prima volta ha deciso di unirsi al Pd in Emilia, la terra dove il Movimento è nato proprio in opposizione al governo dei dem su temi come il no al cemento e alle grandi opere. Alle europee ha preso il 7%, alle scorse regionali (in solitaria), il 4,7%. In Liguria meno di un mese fa il 4,5%. Un risultato sotto il 4% acuirebbe i già gravi problemi dell’ex premier, anche in caso di vittoria di De Pascale. Soprattutto se anche in queste regioni al voto arrivasse il sorpasso da parte di Sinistra e Verdi, come in Liguria.

Lo stesso vale per la Lega: alle scorse regionali prese il 37% in Umbria e il 32% in Emilia-Romagna. Alle europee è stata superata da Forza Italia in Umbria (8,4 contro 6.8%) e ha pareggiato al 6% in Emilia. Un doppio sorpasso da parte di Tajani, dopo la botta sull’autonomia, sarebbe un duro colpo.

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