Il presidente iraniano Ebrahim Raisi è rimasto ucciso nello schianto del suo elicottero dopo avere partecipato all’inaugurazione del progetto di diga sul fiume Aras, insieme al presidente azerbaigiano Ilham Aliyev, al confine tra i due paesi.
L’elicottero presidenziale, accompagnato da altri due, parte per la città di Tabriz alle ore 14:30 locali di domenica. Poco dopo scompare, per cause ancora sconosciute, tra una fitta nebbia e pioggia nel mezzo di un’area montagnosa e boschiva. Gli elicotteri di supporto conducono alcune ricerche, ma le condizioni meteorologiche li costringono ad abbandonare la zona e ad atterrare. Poco dopo inizia un’intensa ricerca via terra e aria. Condizioni meteorologiche avverse e conformazione del terreno rendono lenti i soccorsi. È una notte di tensione.

L’AYATOLLAH Ali Khamenei, il leader del paese, in un incontro di gruppo con le famiglie dei Guardiani della Rivoluzione, poco dopo esorta la nazione: «Dovreste essere certi che non ci saranno interruzioni negli affari del paese. Le autorità sono già al lavoro da questa sera, quando hanno appreso la notizia dell’incidente. Con la volontà di Dio tutto sarà sistemato, proseguiranno regolarmente sia la sicurezza nazionale che la sicurezza dei confini, e il resto delle questioni di competenza del potere esecutivo saranno gestite come dovrebbero».

Durante tutta la notte arrivava una serie di informazioni contrastanti dai media locali, ma alcune fonti non ufficiali confermano già il peggio: secondo le testimonianze, le dimensioni dell’incidente non danno possibilità di sopravvivenza ai passeggeri. Dopo oltre 15 ore di ricerca, un drone da ricognizione turco rileva calore nel punto preciso dello schianto e permette ai soccorritori di raggiungere il luogo. Ma è tutto finito.

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Il corpo di Raisi recuperato dopo l’incidente
Il corpo di Raisi recuperato dopo l’incidente, foto Ap/Azin Haghighi

OLTRE EBRAHIM RAISI, nello schianto muoiono Hossein Amir-Abdollahian, ministro degli esteri; Seyyed Mohammad Al Hashem, rappresentante del giurista religioso e imam di Tabriz; Malik Rahmati, governatore della regione; Mehdi Mousavi, comandante dell’Unità di protezione del presidente, e tre membri dell’equipaggio. Perché l’elicottero fosse stato autorizzato al decollo, nonostante le avverse condizioni meteorologiche nella zona, non è ancora chiara. Il capo di stato maggiore delle forze armate, nelle prime ore di lunedì, ha istituito una delegazione insieme altri esperti nazionali per indagare sulle cause dell’incidente. La morte del presidente iraniano solleva timori di instabilità mentre la Repubblica Islamica affronta proteste interne, un’economia debole, corruzione endemica, tensioni con Israele.

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Raisi, 63 anni, era un religioso che ha iniziato ad emergere nel panorama politico dopo la rivoluzione islamica del 1979. Ha ricoperto la carica di procuratore generale di Teheran tra il 1989 e il 1994. Ha fatto parte della cosiddetta commissione della morte, che ha ordinato l’esecuzione di numerosi prigionieri politici nel 1988. Nominato presidente dell’Ufficio di ispezione generale, responsabile della supervisione della legalità del governo, nel 1994, avanza nelle fila del sistema giudiziario fino a diventare il capo della giustizia del paese. Raisi si è candidato alla presidenza nel 2017, perdendo, prima di essere eletto nel 2021.

Raisi era considerato un candidato privilegiato, particolarmente favorito dai potenti Guardiani della Rivoluzione per succedere all’anziano leader Khamenei dopo la sua morte. La sua scomparsa potrebbe complicare i piani del sistema, che ora deve cercare un altro individuo per garantire la continuità degli interessi del potere. Tuttavia, si era già iniziato a discutere di altre figure, tra cui Mojtaba Khamenei, figlio di Ali Khamenei, e Alireza Arafi, membro dell’Assemblea degli esperti.

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IL VICEPRESIDENTE Mohammad Mokhber è stato nominato presidente ad interim con il consenso dell’ayatollah Khamenei e incaricato di organizzare e condurre un’elezione presidenziale entro 50 giorni, come previsto dalla Costituzione. Successivamente, Mokhber ha designato Ali Bagheri, considerato vicino agli ultraconservatori, come ministro degli esteri ad interim. Le elezioni sono state programmate per il 28 giugno. Ma in un contesto in cui la fiducia popolare nel sistema ha raggiunto i minimi storici, come dimostra il recente scarso 8% di partecipazione ai ballottaggi parlamentari a Teheran, è difficile immaginare che la fiducia possa essere ristabilita durante una campagna elettorale di appena due settimane.

Oltre a Mokhber, tra i potenziali candidati potrebbero figurare il presidente del parlamento Mohammad-Bagher Qalibaf. Tuttavia, non è scontato che il sistema possa sfruttare l’occasione permettendo ai candidati pro-riforma di presentarsi, al fine di aumentare la partecipazione popolare e salvare la faccia. Il moderato ex ministro degli esteri Mohammad Javad Zarif è stato considerato uno dei candidati più forti in grado di attirare un numero significativo di elettori alle urne, nonostante abbia ripetutamente negato qualsiasi intenzione di candidarsi, e ha una fila di nemici tra gli ultra conservatori. Altri possibili candidati nel campo moderato potrebbero comprendere l’ex presidente del parlamento Ali Larijani, escluso dalla competizione elettorale del 2021. Ma Larijani non ha il sostegno popolare di Zarif.

MENTRE I PROSSIMI giorni si preannunciano come i momenti più critici per la politica iraniana, per ora la popolazione sembra manifestare un notevole disinteresse. Questa tendenza rispecchia il pensiero di molti osservatori, i quali ritengono che la morte di Raisi difficilmente avrà un impatto significativo sulla politica interna ed estera, saldamente nelle mani della Guida suprema Ali Khamenei e dei Guardiani della Rivoluzione, che hanno come obiettivo primario la preservazione del regime.