Su Raisi l’ombra degli ottimi rapporti tra Baku e Israele
Iran-Azerbaigian Il presidente iraniano ha perso la vita mentre tornava da una visita distensiva in Azerbaigian, paese a cui Teheran aveva chiesto più volte di mettere il Mossad alla porta
Iran-Azerbaigian Il presidente iraniano ha perso la vita mentre tornava da una visita distensiva in Azerbaigian, paese a cui Teheran aveva chiesto più volte di mettere il Mossad alla porta
«Un incidente amaro». Così il leader supremo Khamenei ha definito la morte del presidente Raisi, e l’agenzia di Stato iraniana Irna scrive che l’incidente dell’elicottero è avvenuto per «un guasto tecnico». Il presidente Raisi aveva le mani sporche di sangue: fu tra i responsabili delle esecuzioni dei prigionieri politici iniziate nel luglio del 1988 e durate oltre cinque mesi. Insieme ad altre tre persone Raisi fece parte del comitato della morte voluto dall’ayatollah Khomeini per processare gli oppositori politici alla fine della guerra contro l’Iraq.
A volere la sua morte erano in tanti, ma a Teheran non si discute apertamente di un qualche coinvolgimento di attori esterni, ma l’argomento resta sottotraccia. Se anche vi fosse lo zampino di attori esterni, i vertici di Teheran non lo ammetterebbero, per non dare l’impressione di essere vulnerabili.
Eppure, gli iraniani scaricano spesso la colpa su attori esterni, e spesso la storia dà loro ragione. A proposito di teorie della cospirazione, domenica pomeriggio Fouad Izadi – un analista conservatore, chiamato a commentare l’incidente di elicottero sulla tv di Stato iraniana – ha ipotizzato che Raisi fosse stato vittima di un attentato israeliano con la complicità degli azerbaigiani.
I VERTICI DI TEHERAN avevano chiesto più volte a Baku di mettere alla porta il Mossad, la cui presenza in Azerbaigian – proprio a ridosso dell’Iran – era e resta causa di preoccupazione. L’aeroporto azerbaigiano di Nakhitchevan, un’enclave a poche decine di chilometri dal luogo dove è precipitato l’elicottero, è infatti indicato come una delle possibili basi del Mossad.
I rapporti tra Israele e Azerbaigian sono da sempre ottimi e in chiave anti-iraniana, perché nel corso di questi decenni gli attriti tra Teheran e Baku sono stati evidenti, anche per la suddivisione e lo sfruttamento delle risorse energetiche racchiuse nel Mar Caspio. Lo Stato ebraico acquista petrolio dall’Azerbaigian, con cui collabora anche nei settori militari e di sicurezza.
Dal 2012 si è cominciato a parlare dell’uso da parte dell’aviazione israeliana di alcuni aeroporti militari e civili azerbaigiani per condurre azioni di guerra contro l’Iran. Da circa un decennio Israele è il principale fornitore di armi dell’Azerbaigian e nel 2023 i due Paesi hanno firmato un accordo per la fornitura a Baku di due satelliti israeliani e per l’acquisto del sistema di intercettazione missilistica Barak MX. Lo Stato ebraico ha inoltre fornito alle forze armate azere tutto il necessario per sconfiggere l’Armenia e accaparrarsi il Nagorno Karabakh. E due mesi fa il presidente azerbaigiano Aliyev aveva incontrato il suo omologo israeliano Herzog, riaffermando l’importanza delle relazioni bilaterali nel contesto della guerra in corso tra Israele e Hamas.
LA REPUBBLICA DELL’AZERBAIGIAN si distende su un territorio che fino al trattato di Turkmanchai del 1828 fece parte dell’impero persiano, per poi passare allo zar. Nel 1918 le donne azerbaigiane ottennero il diritto di voto, le prime nel mondo musulmano. Nel 1920, questo territorio venne però conquistata e incorporato nell’Unione Sovietica, per ottenere l’indipendenza nel 1991, all’indomani del crollo dell’impero sovietico, tessendo rapporti stretti soprattutto con Israele e Turchia. I suoi dieci milioni di abitanti sono per lo più di religione musulmana sciita e appartengono alla stessa etnia e parlano la stessa lingua di quei venti milioni di cittadini iraniani che vivono nel nordovest della Repubblica islamica, nelle province del cosiddetto Azerbaigian iraniano.
Dopo anni difficili, di tensione, nel 2023 Teheran ha cambiato atteggiamento nei confronti di Baku, dando avvio a una nuova fase per diminuire le crisi regionali. Una fase basata sul pragmatismo, ovvero sulla costruzione di infrastrutture, tra cui una nuova via di comunicazione per collegare l’Azerbaigian alla sua enclave di Nakhchivan passando dal territorio iraniano, nonché tre dighe sul fiume Aras tra cui quella inaugurata domenica da Raisi, prima dell’incidente. Una fase positiva, di distensione, su cui la morte di Raisi potrebbe gettare qualche ombra.
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