L’amministrazione Trump è già al lavoro sulla pratica Iran
Potere assoluto A due mesi dall’insediamento del tycoon alla Casa bianca, l'incontro tra Musk e l’ambasciatore di Teheran all’Onu genera più interrogativi che speranze. E la proposta elaborata tra Washington e Tel Aviv per il cessate il fuoco in Libano viene bollata da Beirut come «inaccettabile»
Potere assoluto A due mesi dall’insediamento del tycoon alla Casa bianca, l'incontro tra Musk e l’ambasciatore di Teheran all’Onu genera più interrogativi che speranze. E la proposta elaborata tra Washington e Tel Aviv per il cessate il fuoco in Libano viene bollata da Beirut come «inaccettabile»
Non basta la megalomania di Trump, che già agisce come presidente prima di esserlo ufficialmente: ora entra nell’arena della politica estera anche Elon Musk, futuro co-responsabile del neonato Dipartimento per l’efficienza governativa.
Secondo fonti del New York Times, Musk ha richiesto e ottenuto un colloquio con l’ambasciatore iraniano alle Nazioni Unite, Amir Saeid Iravani. I due si sarebbero incontrati in località segreta per oltre un’ora, discutendo su come disinnescare le tensioni tra Iran e Stati Uniti. Le fonti Usa hanno descritto l’incontro come «positivo» e «una buona notizia».
Mentre Trump affronta i conflitti in Ucraina e Medio Oriente, Elon Musk intensifica i suoi rapporti internazionali. Di recente, ha partecipato a una telefonata tra Volodymyr Zelensky e Donald Trump, rassicurando il presidente ucraino sul continuo supporto di Starlink a Kiev. Secondo il Wall Street Journal, Musk sarebbe in contatto regolare con Vladimir Putin dalla fine del 2022.
L’INCONTRO tra Musk e l’ambasciatore iraniano solleva interrogativi rilevanti, soprattutto mentre Trump sta definendo la sua squadra di politica estera, che include figure notoriamente intransigenti nei confronti dell’Iran come Mike Waltz (consigliere per la Sicurezza nazionale) e Marco Rubio (segretario di Stato).
Questo potrebbe essere il segnale di un approccio più diplomatico verso la Repubblica Islamica, nonostante le politiche aggressive sostenute dai falchi del Partito repubblicano e da Israele? Potrebbe indicare un cambiamento nella strategia statunitense nei confronti di Teheran? Considerando la proposta di cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah, principale alleato di Teheran, presentata al presidente del parlamento libanese, Nabih Berri, dall’ambasciatrice americana a Beirut, Lisa Johnson, non sembra esserci molto spazio per l’ottimismo.
Secondo il Wall Street Journal, la proposta è stata concordata con Trump durante un incontro, tenutosi domenica scorsa, con Ron Dermer, ministro per gli Affari strategici del governo Netanyahu. Sembra che Trump abbia espresso la speranza che l’accordo venga implementato prima del suo insediamento, previsto per il 20 gennaio 2025.
LA PROPOSTA è stata definita dal quotidiano libanese Al Akhbar come un accordo unilaterale tra Stati Uniti e Israele, incentrato sulle richieste di Tel Aviv. Secondo il giornale, l’accordo è stato percepito come una forma di ricatto: «O lo accettate, oppure la guerra proseguirà con maggiore intensità nei prossimi mesi».
Secondo quanto trapelato da fonti diplomatiche, «Israele vuole garanzie internazionali per smantellare tutte le strutture militari di Hezbollah sopra e sotto terra, con lo schieramento dell’esercito libanese rafforzato da Unifil per supervisionare i valichi di frontiera e le strutture marittime e aeree». Per Berri «la proposta americana include un punto inaccettabile per il Libano, che riguarda la creazione di un comitato per il monitoraggio dell’attuazione della Risoluzione 1701, con la partecipazione di alcuni paesi occidentali».
La proposta, che di certo non piace all’Iran, si inserisce in un contesto di relazioni già tese. Il rapporto di Trump con la Repubblica Islamica è stato quantomeno difficile. Durante il suo ultimo mandato, Trump ha stracciato l’accordo sul programma nucleare iraniano negoziato sotto il suo predecessore Barack Obama e ha perseguito una politica di «massima pressione», imponendo restrizioni sulle transazioni bancarie internazionali, sanzioni sui ricavi petroliferi e costringendo altri paesi a non acquistare petrolio iraniano. Inoltre, Trump ha ordinato l’assassinio del generale iraniano Qassem Soleimani nel 2020, un atto che l’ayatollah Khamenei non ha mai perdonato e che potrebbe rappresentare uno degli ostacoli principali nei negoziati tra i due paesi.
IL PRESIDENTE IRANIANO Masoud Pezeshkian cerca intanto di ridurre le tensioni sulla questione nucleare evitando l’adozione di misure contro l’Iran da parte del Consiglio dei governatori dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (Aiea). Al direttore generale dell’agenzia, Rafael Grossi, in visita a Teheran, Pezeshkian ha detto che il suo governo è disposto a collaborare per chiarire eventuali dubbi sul programma nucleare dell’Iran. Parallelamente, il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, ha sottolineato che «le differenze possono essere risolte attraverso la cooperazione e il dialogo. Abbiamo concordato di procedere con coraggio e buona volontà».
Ali Larijani, consigliere della Guida Suprema iraniana, in visita in Libano venerdì, ha confermato ai giornalisti di aver trasmesso un messaggio della Guida Suprema al presidente del Parlamento libanese, senza però fare alcun accenno ai contenuti. Larijani ha sottolineato che «non siamo qui per destabilizzare, coloro che destabilizzano la situazione sono Netanyahu e la sua cricca».
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