Israele e Iran, bin Salman si vede come mediatore
IL VERTICE ARABO-ISLAMICO A RIAD I leader dei 57 paesi membri dell’Organizzazione per la cooperazione islamica e i 22 membri della Lega araba si sono riuniti nella capitale saudita Riad per un vertice congiunto. In […]
IL VERTICE ARABO-ISLAMICO A RIAD I leader dei 57 paesi membri dell’Organizzazione per la cooperazione islamica e i 22 membri della Lega araba si sono riuniti nella capitale saudita Riad per un vertice congiunto. In […]
I leader dei 57 paesi membri dell’Organizzazione per la cooperazione islamica e i 22 membri della Lega araba si sono riuniti nella capitale saudita Riad per un vertice congiunto.
In apertura, il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman ha dichiarato che il suo Paese è al fianco del popolo palestinese e libanese, condannando categoricamente il «genocidio collettivo» che Israele sta commettendo contro i palestinesi. Il principe saudita ha esortato i leader mondiali ad assumersi le proprie responsabilità per «preservare la pace e la sicurezza internazionale, fermando immediatamente le azioni israeliane contro i nostri fratelli in Palestina e Libano». Ha inoltre sollecitato Israele a rispettare la sovranità dell’Iran e astenersi da attacchi contro i suoi territori.
LE PAROLE DI SALMAN, pur riprendendo dichiarazioni passate che non hanno prodotto alcun effetto, includono elementi nuovi che sembrano rivolti alla nuova amministrazione americana. Come l’uso della parola “genocidio”, largamente evitata dalle autorità e dalla stampa americana, e il riferimento al rispetto della sovranità dell’Iran.
Apparentemente, le relazioni tra Arabia Saudita e Iran si scaldano.
Il capo di stato maggiore saudita, generale Fayyad al-Ruwaili, ha incontrato domenica il suo omologo iraniano, il generale Mohammad Bagheri, presso il quartier generale dello stato maggiore delle forze armate iraniane a Teheran. Secondo i media iraniani, durante l’incontro Bagheri ha chiesto una maggiore cooperazione in materia di sicurezza tra i due Paesi. Il mese scorso, i ministri degli esteri degli Stati del Golfo Persico si sono incontrati per la prima volta in gruppo con la loro controparte iraniana.
RESTA INCERTO SE I SAUDITI abbiano deciso di inviare un segnale agli Usa per sottolineare il loro impegno nel processo di distensione con l’Iran e prevenire eventuali rischi per i rapporti con Teheran legati all’elezione di Trump, oppure se stiano adottando questa posizione come strumento di trattativa con la nuova amministrazione americana mentre l’alleato Usa, Israele, è coinvolto in conflitti con gruppi sostenuti dall’Iran a Gaza e in Libano.
Considerato il fallimento degli sforzi diplomatici di Qatar ed Egitto e i rapporti più distesi con l’Iran, i sauditi potrebbero anche proporsi come mediatori credibili per un accordo di pace a Gaza e in Libano.
Senza dubbio l’Arabia Saudita ha una preferenza per Trump rispetto a Joe Biden. Nel 2017 Trump scelse proprio Riad come prima tappa del suo viaggio all’estero da presidente e, attraverso suo genero Jared Kushner, che condivide significativi interessi economici con i sauditi, ha mantenuto strette relazioni con la leadership saudita.
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Tempi cupi, il Trump bis è «plenipotenziario»Nel 2020 Trump ha garantito gli Accordi di Abramo, che hanno visto Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Sudan e Marocco stabilire relazioni diplomatiche con Israele. L’Arabia Saudita si stava preparando a riconoscere Israele, ma le guerre a Gaza e in Libano hanno raffreddato questa prospettiva.
MENTRE I FUNZIONARI governativi di Teheran segnalano un’apertura al dialogo con l’amministrazione Trump, rafforzare i rapporti con l’Arabia Saudita potrebbe essere vantaggioso anche per Teheran. La Repubblica Islamica si sta muovendo per mostrare unità sul fronte interno, ma il percorso verso i negoziati è pieno di insidie.
Il presidente iraniano Pezeshkian deve affrontare numerose difficoltà, dalle crescenti tensioni con Israele e dalla reazione europea ai legami sempre più stretti con la Russia, fino alla condanna del presidente eletto degli Stati Uniti come l’uomo che ha ordinato l’uccisione di Soleimani, capo dell’élite al-Qods dei Guardiani della Rivoluzione.
A complicare la situazione c’è anche l’ostinazione del leader supremo del Paese, Khamenei. Ma secondo alcuni osservatori iraniani, un negoziato è possibile, anche perché con un governo riformista al potere Khamenei può dimostrare una certa flessibilità in politica estera, proteggendosi al contempo dalle critiche se i negoziati dovessero fallire.
Mentre, secondo il Jerusalem Post, nell’apparato di difesa israeliano sono emerse preoccupazioni circa il fatto che l’Iran potrebbe agire contro Israele sfruttando il periodo precedente all’insediamento di Donald Trump.
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