Potrebbe essere un punto di svolta nel maxi-processo alle Ong quello andato in scena sabato scorso davanti al Gup di Trapani. Dopo quasi due anni di udienza preliminare sono stati ascoltati i tre testimoni chiave dell’accusa: Floriana Ballestra, Pietro Gallo e Lucio Montanino. Ex agenti saliti a bordo di alcune navi umanitarie, come personale di sicurezza della Imi Security Service, che in seguito avevano denunciato presunti contatti tra soccorritori e trafficanti.

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Quei testimoni oculari sono la caratteristica distintiva di questo procedimento rispetto agli altri contro le Ong: il più grande, perché coinvolge Iuventa, Msf e Save the Children; il più lungo, perché riguarda episodi del 2016-2017. Di fatto è l’unico rimasto in piedi a eccezione di quello di Mediterranea, anch’esso in fase di udienza preliminare (domani nuovo appuntamento) che però tratta un singolo episodio.

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All’ascolto dei tre si è arrivati perché il Gup aveva disposto un’integrazione di indagine, chiedendo copia dei tracciati delle unità navali e delle comunicazioni tra imbarcazioni umanitarie e centro di coordinamento del soccorso marittimo italiano. Documenti considerati molto rilevanti, che però la procura non si era preoccupata di analizzare. Su questa base il giudice ha convocato i testimoni. Dall’udienza tutti gli avvocati delle difese sono usciti rincuorati. Ritengono che la credibilità di chi ha puntato il dito contro i loro assistiti sia venuta meno e le informazioni fornite siano risultate incomplete e contraddittorie.

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Ballestra, ex agente del traffico di Imperia, è stata licenziata per motivi disciplinari nel 2011 a causa di diversi reati. Gallo è entrato nella polizia nel 1993, a Roma: dopo due anni è stato cacciato per aver piazzato prove false nell’auto di un rivale in amore. In aula entrambi hanno dimostrato una scarsa conoscenza di meccanismi e procedure della ricerca e soccorso in mare. In passato entrambi si erano rivolti ai leader della destra offrendo le informazioni in loro possesso. Da alcune intercettazioni pare sperassero di ottenere in cambio dei posti di lavoro o comunque dei benefici. Giorgia Meloni non ha risposto, Matteo Salvini sì. Questi elementi non depongono a favore della veridicità degli elementi forniti, che nella prima fase delle indagini sono stati decisivi per formulare le ipotesi di reato.

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«L’esame incrociato dei testimoni dell’accusa, finalmente ordinato dall’autorità giudiziaria per verificare la loro credibilità, ha confermato l’assoluta mancanza di prove per i capi d’accusa. L’immediata chiusura del procedimento è l’unica opzione accettabile in uno Stato di diritto», afferma Nicola Canestrini. Il legale difende i quattro membri dell’equipaggio della Iuventa ancora indagati a Trapani. Nel luglio 2023 la Cassazione ha spacchettato il procedimento: gli altri equipaggi dovranno comparire davanti ai Gup di Palermo, Castrovillari, Ragusa e Vibo Valentia. Da dove si guarda al capoluogo della Sicilia occidentale per capire come muoversi. Il 2 marzo il giudice deciderà se rinviare a giudizio o dichiarare il non luogo a procedere.