Colpo di scena nell’affaire Iuventa. Giovedì gli avvocati che difendono l’equipaggio della nave umanitaria, sotto sequestro da sei anni, hanno depositato un’istanza che potrebbe cambiare radicalmente i contorni della vicenda. I legali Francesca Cancellaro, Alessandro Gamberini e Nicola Canestrini chiedono al giudice di Trapani di sollevare davanti alla Consulta una questione di legittimità costituzionale relativa al famigerato articolo 12 del Testo unico sull’immigrazione (Tui). Contemporaneamente sollecitano un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea sul Facilitators package, cioè l’insieme di norme Ue che regolano lo stesso tema a livello comunitario.

«Il ricorso è l’opportunità per ribaltare il piano di chi vuole confondere volontariamente trafficanti e difensori dei diritti umani», afferma Elisa De Pieri, ricercatrice di Amnesty International Europa. Il procedimento penale, le cui radici affondano nei soccorsi ai migranti del 2016 e 2017 e coinvolge anche Medici senza frontiere e Save the Children, si trova ancora in fase di udienza preliminare ed è l’unico contro le Ong che potrebbe portare a un rinvio a giudizio. Tutti gli altri sono stati archiviati prima. Gli indagati rischiano fino a 20 anni di carcere. 

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Gli avvocati sono convinti che la normativa nazionale ed europea sulla cui base sono state formulate le accuse si ponga in contrasto con la Costituzione italiana e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione. Due gli aspetti principali di cui si chiede di valutare la legittimità alle massime corti. Il primo è la confusione prodotta dalle scelte del legislatore tra chi facilita l’ingresso irregolare di uno straniero nel territorio dello Stato per ragioni di profitto e chi invece lo fa per ragioni umanitarie, ad esempio amici e familiari dei migranti o attivisti per i diritti umani. Il secondo è il duro regime sanzionatorio che non rispetterebbe il principio di proporzionalità della pena (quella minima è stata recentemente aumentata da cinque a sei anni, quella massima con le aggravanti può arrivare anche a 30).

Se il giudice accettasse la remissione alla Corte costituzionale il maxi processo contro le Ong verrebbe sospeso in attesa del pronunciamento. Se questo fosse positivo, in toto o parzialmente, avrebbe effetti dirompenti su tanti altri procedimenti per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina in corso in Italia. L’ambigua, e complessa, formulazione dell’articolo 12 è all’origine di molte accuse che negli anni sono state mosse contro attivisti – dagli equipaggi delle navi Ong ai membri di Baobab o a chi aiuta le persone in transito a Ventimiglia e Trieste – e migranti. Questi ultimi spesso condannati a pene severe in dibattimenti dove non sempre è stato possibile far valere adeguati standard difensivi. In primis per i cosiddetti «scafisti», figura che viene spesso confusa con quella dei trafficanti ma sintetizza in moltissimi casi una condizione ben diversa.

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Un eventuale pronunciamento sul regime sanzionatorio del reato, inoltre, inciderebbe anche sulla legittimità del «decreto Cutro». «Se la Consulta accogliesse questa parte delle nostra istanza – spiega Cancellaro – si determinerebbe una situazione di illegittimità derivata della nuova legge che aumenta minimi e  massimi della pena. Dunque se venisse riconosciuta una sproporzione della disciplina che vigeva in precedenza tanto più riguarderebbe quella aggravata di recente».

Punto di partenza dell’istanza depositata giovedì è la sentenza 63/2022 della Consulta che ha eliminato due aggravanti dell’articolo 12: la facilitazione dell’ingresso irregolare attraverso documenti falsi e quella dell’utilizzo di mezzi di trasporto internazionali. Al di là della loro specificità, il giudice delle leggi ha espresso due principi importanti che potrebbero andare a favore degli argomenti dei ricorrenti. Il primo è la distinzione tra le condotte di natura solidaristica da quelle poste in essere da organizzazioni criminali con lo scopo del lucro (è questo il principio fondamentale su cui si basa il ricorso degli avvocati di Iuventa). Il secondo è che occorre differenziare concretamente i casi anche in base alla posizione del migrante: se è un soggetto beneficiario delle attività dirette all’attraversamento della frontiera oppure se, al contrario, è sottoposto a una relazione di sfruttamento che lo mette in pericolo o lo espone a trattamenti inumani.

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Nella prossima udienza il pm potrà fare le sue osservazioni sull’istanza. La decisione del giudice è attesa per giugno. «Dopo che si pronuncerà pubblicheremo il testo del ricorso in modo che possa essere utilizzato in tutti i casi in cui viene contestato l’articolo 12 del Tui. Il nostro obiettivo è creare una base culturale e giuridica condivisa su questa vicenda», afferma Canestrini. L’avvocato esplicita una delle caratteristiche fondamentali della linea difensiva di Iuventa: tutelare i membri dell’equipaggio, ma anche perseguire effetti più generali su chi soffre gli effetti della criminalizzazione che deriva dal regime europeo dei controlli di frontiera. Attivisti e, soprattutto, persone in movimento.