«Siamo abituati a un’Italia che va a cercare migranti nel Mediterraneo, ma questo governo vuole andare a cercare scafisti in tutto il globo terracqueo». A meno di due settimane dalla strage di Cutro sono le parole della presidente Giorgia Meloni a riassumere il decreto con cui il governo reagisce alle decine di cadaveri in mare e sulla spiaggia. Dieci anni fa, dopo i grandi naufragi dell’ottobre 2013, l’esecutivo guidato da Enrico Letta mise in campo l’operazione Mare Nostrum, oggi le destre varano l’ennesimo provvedimento-slogan per illudere l’Italia che sia il diritto penale lo strumento con cui affrontare un fenomeno di vasta portata come l’immigrazione. Ma sarebbe illusorio pensare che lo scarto stia nel colore dei governi, l’opposta reazione è piuttosto il riflesso dell’imbarbarimento politico e sociale che ha vissuto il paese a colpi di campagne razziste e decreti sicurezza.

Articolo 12 bis del testo unico sull’immigrazione, «Morte o lesioni come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina». È questa la principale novità contenuta nella norma. «Una nuova fattispecie che punisce con una pena da 20 a 30 anni la condotta degli scafisti da cui deriva, come conseguenza non voluta, la morte di molte persone e da 10 a 20 se si verificano lesioni gravi o gravissime», afferma il ministro della Giustizia Carlo Nordio. Un reato che dovrebbe colpire non solo chi guida i barconi, ma anche chi organizza i viaggi a terra. Quei trafficanti che l’Italia non è mai riuscita a trovare, sbattendo dietro le sbarre migliaia di pesci piccoli che guidano i barconi per necessità, inganno o piccoli guadagni. La logica è quella di chi pensava di fermare il narcotraffico rinchiudendo gli spacciatori di strada e buttando la chiave. La strategia è fallita, ma la classe politica che l’aveva ideata in fondo è rimasta la stessa.

Per allungare il pugno di ferro oltre il territorio della nazione il governo estende la giurisdizione per il nuovo reato anche alle acque internazionali, quando la condotta è diretta a procurare l’ingresso in Italia. Una novità soprattutto di facciata: sono diversi i casi in cui i giudici si sono dichiarati competenti su fatti gravi avvenuti in acque internazionali. Come nel caso Libra in cui il tribunale di Roma ha processato un ufficiale della marina e uno della guardia costiera per il «naufragio dei bambini» costato la vita a quasi 300 persone.

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In generale le pene sono irrigidite per diverse condotte previste dal famigerato articolo 12 sul «favoreggiamento dell’immigrazione clandestina». Che nel tempo, attenzione, non è stato usato solo contro gli scafisti, ma anche per contrastare le pratiche di solidarietà degli attivisti o il mutuo aiuto tra gli stessi migranti.

«Dire che in questo settore c’è bisogno di nuove norme penali è una follia», afferma Luca Masera, professore ordinario in diritto penale presso l’università degli studi di Brescia. «Agli scafisti sono già inflitte pene severissime. Se quelli accusati dell’ultimo naufragio fossero ritenuti colpevoli, per il combinato dei diversi reati di cui sono accusati la pena potrebbe arrivare a 30 anni. Nel nostro ordinamento, del resto, esiste già la fattispecie di “morte come conseguenza di altro delitto doloso”».

In conferenza stampa la premier ha anche annunciato una stretta sulla protezione speciale, che «abbiamo intenzione di abolire», di cui non c’era traccia nelle bozze circolate ieri. Su questo sembrerebbe averla spuntata Salvini a cui era rimasto il pallino, dopo le modifiche ai suoi decreti targate Lamorgese, di limitare la possibilità di regolarizzare chi giunge in Italia. Il Vaticano non apprezzerà. Rispetto alle bozze sarebbe sparita anche l’estensione delle competenze della marina per classificare gli eventi in mare (avrebbero fatto capo alla Difesa di Crosetto, FdI).

Per il resto il decreto prevede deroghe al codice dei contratti pubblici per l’ampliamento della rete dei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) e ne permette il commissariamento in caso di gestione opaca. I Cpr sono quelle strutture in mano ai privati dove i migranti sono rinchiusi senza aver commesso reati al fine di essere espulsi. Nella metà dei casi, dicono le statistiche, non avviene.

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Il provvedimento parla anche, in apertura, di flussi regolari: al netto di semplificazioni procedurali che non avranno effetto perché agli uffici manca personale, le novità sono poche. Di sicuro il bisogno strutturale di manodopera straniera spingerà il governo a ispirarsi a un modello di gestione neoliberale dell’immigrazione, all’insegna della «selezione» piuttosto che delle fandonie sovraniste sulla sostituzione etnica. Ma per valutare il cambio di passo servono i numeri. In questo decreto non ci sono.