L’asso nella manica di Podemos per tornare al centro dello scacchiere politico dopo la tumultuosa uscita dalla coalizione della sinistra spagnola Sumar ha un nome: Irene Montero. 36 anni, fra il 2020 e il 2023 a capo di un ministero tradizionalmente poco visibile come quello dell’Uguaglianza, e prima, fra il 2017 e il 2020, portavoce parlamentare della coalizione di Unidas Podemos.

Dopo il veto di Yolanda Díaz sul suo nome, Montero non ha nessuna intenzione, come invece il suo compagno Pablo Iglesias, di abbandonare la politica istituzionale. È la capolista di Podemos per le elezioni europee, l’unica tornata elettorale in cui la rappresentazione dei partiti è davvero proporzionale.

«La posta in gioco in queste elezioni europee è alta», dice al manifesto. «Dobbiamo portare la voce della Spagna in difesa della pace e dei diritti umani per rompere questo consenso bellicista».

Pace, diritti umani. Che altro porterà in Europa Podemos?

In questo momento la pace è il compito politico più urgente. In un contesto di guerra, sarà impossibile applicare misure per contrastare l’emergenza climatica. La pace è anche la misura economica più urgente. La guerra è la scusa che l’élite europea sta utilizzando per ripristinare le regole fiscali e per imporre nuovamente tagli e austerità. La Spagna dovrà tagliare 15 miliardi di euro, cioè tutto quello che spendiamo per i sussidi. Ogni euro che investiamo nelle armi è denaro che sottraiamo all’assistenza sanitaria, all’istruzione o alla lotta contro la violenza maschista. E poi la guerra implicherà anche tagli ai diritti. Sarà la scusa per far entrare nel centro di comando l’estrema destra, che è contro l’aborto, che nega la violenza contro le donne, che nega il cambiamento climatico.

Gli altri partiti di sinistra con cui competete, come Sumar, la pensano molto diversamente su questi temi?

Parlo per Podemos. Noi ci siamo sempre fermamente impegnate per la pace. Tanto che la crisi più grave del governo di coalizione della scorsa legislatura fu proprio per la nostra opposizione all’invio di armi e all’aumento delle spese militari. Persino la socialdemocrazia e i verdi affermano che la guerra è inevitabile in questo momento. No, la guerra finirà se ci sarà un negoziato diplomatico che consenta un giusto accordo di pace per le parti, soprattutto per coloro che vengono attaccati, e se saremo in grado di fermare il genocidio. La guerra non si fermerà con altre guerre.

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Il suo principale potenziale elettorale deriva dalle sue lotte a favore delle donne e della comunità Lgbt. Che farebbe se fosse ancora ministra?

Sebbene durante la scorsa legislatura abbiamo compiuto passi da gigante per una nuova generazione di diritti femministi all’avanguardia in Europa, c’è ancora molto da fare nella lotta contro la violenza di genere. Finché non porremo fine a tutte le forme di violenza contro le donne e finché tutte le donne non potranno accedere ai tutti i loro diritti, non potremo accontentarci. Inoltre, le leggi vanno applicate e dobbiamo formare le figure professionali che possono avere contatti con vittime di violenza e garantire che tutta la società sia uno spazio sicuro per ogni donna. Le sfide del femminismo sono molte, e ovunque saremo, continueremo a spingere forte per trasformarle in realtà. Per quanto riguarda i diritti Lgbt, siamo avanzati molto, ma ad esempio le realtà non binarie non sono ancora riconosciute, così come i diritti dei bambini trans o delle persone trans migranti.

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Ha pronunciato la parola ‘migranti’.

Nessun essere umano è illegale. Quando una persona migra perché cerca un futuro migliore o perché fugge dalla violenza, dalla discriminazione o dall’odio, deve trovare alle frontiere europee una coperta, cibo caldo, acqua e anche un abbraccio, ma soprattutto il riconoscimento che la sua vita ha valore e che i suoi diritti saranno garantiti. Le istituzioni devono prendersi cura dei migranti invece di erigere muri che non solo cercano di impedirne l’ingresso, ma violano anche i loro diritti fondamentali e i principali accordi internazionali sui diritti umani. Abbiamo letto da poco un’indagine secondo cui l’Europa e la Spagna con essa stanno pagando paesi del nord Africa come la Mauritania, il Marocco o la Tunisia per detenere illegalmente persone e gettarle nel deserto, anche a rischio di mettere in pericolo la loro vita. Si tratta di una chiara violazione dei diritti umani e l’Europa non può permettere tale ipocrisia e crudeltà. Credo che il patto Ue sull’immigrazione, che seppellisce il diritto d’asilo, debba essere abrogato perché lesivo dei diritti delle persone migranti. In Europa il problema non sono loro ma le grandi multinazionali che monopolizzano illecitamente l’edilizia abitativa rendendo impossibili i prezzi degli affitti, o che in un contesto di guerra e di inflazione crescente ottengono benefici multimilionari con il prezzo del cibo o dell’energia.

Il prezzo che lei e la sua famiglia, con tre bimbi piccoli, avete pagato per stare in politica è molto alto. Perché?

Quando qualcuno cerca di fare la cosa più giusta, sta anche togliendo privilegi a chi ne approfitta. Quindi, quando c’è una forza politica che aumenta la redistribuzione della ricchezza o i diritti femministi si scatena un’offensiva reazionaria che di solito viene lanciata da poteri non eletti democraticamente. Persino Pedro Sánchez si è chiesto se valeva la pena continuare nel mezzo di questa guerra giudiziaria e mediatica. Il costo personale è alto, ma abbiamo realizzato quello che dieci anni fa ci dicevano essere impossibile. Il modo per fermare i reazionari e vivere meglio è sempre lo stesso: far avanzare i diritti di tutti.

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Come mai il cammino di Sumar e Podemos si è diviso?

Noi abbiamo voltato pagina da tutto questo. In Spagna è ancora necessario cambiare molte cose. Il bipartitismo torna a rafforzarsi e per questo vale la pena rimettere in piedi una forza politica che trasformi davvero. È la nostra scommessa. Ci dispiace di essere dovute uscire da un governo che avanzava nei diritti e che ora è invece paralizzato in cerca solo di grandi titoli. Conosciamo le forze di cui disponiamo, aspiriamo a qualcosa di più e sappiamo che dovremo cercare accordi anche con altre forze politiche.

Podemos è diventato il puffo brontolone, come diceva Iglesias dieci anni fa di Izquierda Unida?

In questo momento ci sono molte persone della sinistra progressista che sono curiosamente più rassegnate. Dicono che il sistema ha dei limiti che alcune cose sono state cambiate, ma ora non si può più. Ma la sinistra deve rialzarsi e avere speranza. Dieci anni fa, solo noi difendevamo la patrimoniale. Ora è in gazzetta. Dieci anni fa ci chiamavano pericolosi bolivariani per aver proposto di intervenire in settori strategici dell’economia. E abbiamo visto che mettere un tetto al prezzo del gas ci ha permesso di frenare abusi e speculazioni delle grandi compagnie energetiche.

Eravate fra i pochissimi a difendere persino l’indulto e l’amnistia.

Allora eravamo le sole a dire che dovevamo comprendere la plurinazionalità, e che non si doveva giudizializzare un conflitto come quello catalano che era politico, e che la Catalogna aveva il diritto di decidere, che i conflitti si risolvono con il dialogo. E lo dicevamo sperando di convincere la Catalogna a formar parte di un progetto comune. La sfida che abbiamo davanti è quella di essere ancora più utili nei prossimi dieci di quello che siamo stati negli ultimi dieci.