Commissari Ue, nulla di fatto. I Socialisti: «Qui salta tutto»
Ue La maggioranza Ursula traballa. Von der Leyen incontra Weber, García Pérez e Hayer ma la quadra non c’è
Ue La maggioranza Ursula traballa. Von der Leyen incontra Weber, García Pérez e Hayer ma la quadra non c’è
Il gioco si fa serio quando in campo scende direttamente lei, la presidente Ursula von der Leyen. Perché ha fretta, vuole fare presto e risolvere il rebus che ora dopo ora si è avviluppato su sé stesso bloccando la sistemazione delle caselle dei commissari del prossimo esecutivo Ue. Non le bastava più che a trattare fosse Manfred Weber, suo plenipotenziario all’Europarlamento. O forse ha pensato che il suo protagonismo potesse essere speso come garanzia in più per chi, come socialisti e liberali, dentro la maggioranza, alzando la posta, hanno di fatto contestato direttamente le scelte politiche della presidente.
Il nodo che ha reso tutto difficile è quello del ruolo di Raffaele Fitto come vicepresidente esecutivo della Commissione. Non un fatto personale, ripetono molti critici, ma un problema legato all’italiano come emanazione del governo Meloni, dato che FdI (famiglia politica Ecr in Europa) non è parte della maggioranza europeista e anzi ha votato contro.
Ma non c’è solo il caso Fitto, evidentemente. Il «super martedì» delle audizioni di conferma per i commissari europei comprendeva l’esame degli altri cinque vicepresidenti.
Sono la prossima «ministra degli Esteri» Ue, l’estone Kaja Kallas, la socialista romena Roxana Minzatu (Persone, competenze e preparazione), il liberale francese Stephane Séjourné (Prosperità e strategia industriale), la popolare finlandese Henna Virkkunen (Sovranità tecnologica) e infine la socialista spagnola Teresa Ribera (Transizione pulita, giusta e competitiva).
Quest’ultima rappresenta il secondo nodo da sciogliere, oltre a quello del candidato italiano, essendo la più alta in grado nella delegazione socialista ma fortemente avversata da una fetta del Ppe. Non va giù, in particolare, ai popolari spagnoli che le contestano «l’ambientalismo ideologico» e l’hanno messa sulla graticola, da ultimo, per l’inondazione di Valencia, definendola ministro dell’Ambiente inadempiente e negligente a Madrid perché in trasferimento a Bruxelles.
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Fitto l’equilibrista raccoglie applausi ma resta sul filoTutti profili e casi diversi quelli dei commissari designati sotto esame ieri, ma accomunati da una caratteristica comune: la necessità di rimandare il giudizio della commissione parlamentare di competenza, che avrebbe avuto luogo in momenti diversi, per arrivare a una decisione simultanea sui sei nomi.
Questo, l’unico modo per stoppare il gioco dei ricatti che sfavoriva quelli piazzati per ultimi in ordine di orario di esame, segnatamente la socialista Ribera, a cui si poteva dare scacco matto senza rischio di perdere pezzi.
Meglio spostare il verdetto a oggi come si è già fatto nel caso del contestato commissario ungherese Oliver Vahrelyi, o forse ancora più in là. Una prospettiva che a von der Leyen deve essere sembrata allarmante, al punto da anticipare a ieri l’incontro fissato per domani tra lei e i tre capigruppo della maggioranza senza i Verdi (che danno l’appoggio esterno): Weber (Ppe), García Pérez (S&D), Hayer (liberali, Renew).
Un tentativo di trovare la quadra ma ieri sera i Socialisti davano l’allrme: «Qui salta tutto, serve chiarezza». Arrivati a questo punto, l’imperativo è trattare sulle deleghe dei commissari sotto la lente d’ingrandimento, provando a tenere insieme tutto il pacchetto.
Soltanto così la componente progressista dell’Ursula bis potrà uscire dal cul de sac di non volere un esponente FdI alla vicepresidenza senza però far saltare il banco e consegnare von der Leyen alla destra europea.
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