Europa

Fitto l’equilibrista raccoglie applausi ma resta sul filo

L'audizione di Raffaele Fitto ieri al Parlamento di Bruxelles -foto ApRaffaele Fitto – foto di Virginia Mayo/Ap

Ue Audizione in commissione: voto rinviato. In discussione per S&D è il ruolo da vice di von der Leyen. Sì di Fdi all’Ursula bis

Pubblicato circa 9 ore faEdizione del 13 novembre 2024

Fitto il democristiano è uscito bene dall’audizione di fronte alla commissione Sviluppo regionale dell’europarlamento. Il voto favorevole però ancora non lo ha ottenuto: tutto rinviato a data da destinarsi, per lui come per gli altri vicepresidenti e l’Alta commissaria Kaja Kallas, e la strada non è in discesa.

FITTO HA DRIBBLATO le domande più insidiose, come quelle sull’immigrazione. Si è coperto dietro un inattaccabile «Sono d’accordo con il commissario all’Immigrazione Brunner». Ha offerto quel tanto d’autocritica necessaria per il solo addebito reale, l’aver votato contro il Next Generation Eu: «Oggi voterei a favore». Sul Green Deal ha fatto l’equilibrista: «Condivido gli obiettivi ma con flessibilità». Per i Verdi è una bestemmia, ma loro non lo avrebbero votato comunque.

I gruppi di destra, Patrioti e Sovranisti, sono invece pronti a votarlo e se si fosse proceduto ieri sarebbe passato col loro voto. Non è quello che vogliono FdI, che comunque annuncia il voto a favore della Commissione, e i Popolari. I socialisti sono ancora indecisi ma alla fine quasi certamente concederanno il semaforo verde, un po’ per evitare la rappresaglia sulla loro commissaria numero uno, Teresa Ribeira, un po’ perché il Pd premerà in quella direzione.

ANCHE IL PD in realtà è spaccato. Per Orlando, per esempio, votare a favore di Fitto «comprometterebbe il profilo europeista» dei dem. Ma il rischio di esporsi all’accusa di tradimento dell’interesse nazionale è troppo alto: il partito di Elly Schlein, pur assicurando che si uniformerà alla decisione comune, insisterà per il sì.

Gli eurodeputati, ieri, apparivano tutti favorevoli, da Nardella che già a metà audizione sentenziava «Sta andando bene», a Benifei che concede la sufficienza: «Audizione discreta». Solo che il gradimento sul commissario Fitto è in realtà l’ultimo dei problemi. Il primo è il suo ruolo di vicepresidente. Su quello i socialisti non sentono ragioni. Dettaglia Nardella: «Il voto sulle audizioni e quello sulla Commissione, che è politico, sono cose distinte». Benifei è più netto: «Non può fare il vicepresidente perché viene da una famiglia politica ultranazionalista e contraria allo Stato di diritto.

QUESTO PENSA la maggioranza del gruppo socialista. Von der Leyen deve fare un passo indietro». È la stessa minaccia già messa sul piatto dai socialisti francesi e da ieri anche da quelli spagnoli: o la presidente cede su Fitto vicepresidente o noi votiamo contro la commissione. Non sono parole a vuoto. È un rischio reale anche se l’aut aut non è ancora la posizione ufficiale di S&D e del Pd. Ma Meloni vede il pericolo e incalza: «Schlein deve dire se anche lei è contraria alla vicepresidenza per Fitto». L’indice puntato contro il tradimento della patria seguirebbe, nel caso, con la velocità del lampo.

MA DI NODI irrisolti ce ne sono parecchi altri. C’è il caso del commissario ungherese Oliver Varhelyi, ancora in predicato e sul quale von der Leyen non molla. C’è, molto, la levata di scudi dei popolari spagnoli contro Ribeira, accusata di co-responsabilità nel disastro di Valencia. Il principale motivo del rinvio del voto, anzi, sarebbe proprio dar tempo al presidente del Ppe Weber per convincere la riottosa delegazione spagnola. Ma una volta superati questi ostacoli resterà il macigno della vicepresidenza Fitto e su quello la commissione rischia di sfracellarsi. Sembra assurdo, dal momento che la carica significa poco e anche il paventato «allargamento ai Conservatori della maggioranza» è una formula vuota in un Parlamento che non riconosce alcun vincolo di maggioranza e dove i Popolari già votano a ripetizione con la destra. Ma sul piano politico e simbolico il passaggio ha invece una grossa e reale importanza. I socialisti temono che eliminare oggi a Bruxelles il cordone sanitario contro i Conservatori di Meloni apra le porte ad alleanze tra i Popolari e la destra non solo a Bruxelles ma ovunque e non solo con i Conservatori ma con tutte le destre radicali europee. Non è detto che si tratti solo di paranoica sospettosità.

PERÒ L’AMBIGUITÀ messa a nudo ieri è più profonda: sta in un accordo “di maggioranza” finto sin dal primo momento, in una divaricazione strategica tra Ppe e Pse che non potrebbe essere più completa. Sta nei voti dei Conservatori che sono stati determinanti per il passaggio di molti commissari o in quelli dei popolari puntualmente a braccetto con tutta la destra. Se anche partirà, la nuova Commissione sarà solo una fragile barchetta alle prese con un mare in tempesta.

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