La piazza di fronte alla base militare di Rozdilna è un viavai di soldati. Siamo nell’ultima cittadina ucraina prima della frontiera meridionale con la Transnistria, a poche decine di chilometri da Tiraspol che della repubblica separatista moldava è la capitale.

Lungo il vialetto d’ingresso alla caserma una fila di civili, i più giovani sono qui per arruolarsi, gli uomini di mezza età chiedono documenti e lasciapassare. Una signora arriva al cancello per chiedere informazioni, scandisce un nome e poi corregge il militare di guardia, poco più che adolescente, sulla scrittura corretta del cognome della persona che cerca, chissà se si tratta del figlio già arruolato.

AL POSTO DI GUARDIA SONO tranquilli, continuano il lavoro burocratico e scrivono molte informazioni a mano, su registri neri con la copertina di pelle.

Il militare incaricato di sorvegliarci mentre controllano i nostri documenti trascrive in continuazione dati su dei foglietti che poi consegna a un soldato semplice. Dopo poco entra un ragazzo con in mano una cartella, esibisce un documento simile a un diploma di scuola, detta delle informazioni e lascia il suo numero di telefono. Chiede quando sarà richiamato e il militare gli risponde «skoro», presto.

Quando usciamo per fumare chiedo al militare se pensa che la guerra arriverà anche qui, si avvicina al mio orecchio (anche se è evidente che nessuno ci può sentire) e quasi sussurra «la data non la so, ma è sicuro».

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QUEST’ULTIMA FRASE mi riporta alla realtà che il clima sereno della mattina aveva messo in ombra.

Innanzitutto al fatto che il «deposito di munizioni più grande d’Europa» stanotte sarebbe stato quasi colpito. Non si tratta di una metafora, ma di un luogo nei pressi di Cobasna, nel territorio della Transnistria.

«Quando i sovietici si sono ritirati dalla Germania» racconta Slava, al mercato dietro la caserma di Rozdilna, «hanno iniziato a raccogliere tutti i propri armamenti a Cobasna, poi hanno fatto lo stesso con la Polonia, la Cecoslovacchia e tutti gli altri Paesi dell’Urss lontani dalle frontiere russe; sono passati trent’anni e non li hanno spostati, perciò se qualcuno colpisce Cobasna sentiremo il botto fin qui». Per rafforzare la sua ricostruzione storica Slava inizia a emettere suoni gutturali e a mimare con gesti improvvisi delle braccia dei colpi che esplodono in tutte le direzioni.

MA FACCIAMO UN PICCOLO passo indietro. Partiamo dal 22 aprile, quando nei pressi del ministero per la sicurezza statale di Tiraspol si sono registrate diverse esplosioni.

Il ministero della sicurezza a Tiraspol, in Transnistria, danneggiato il 25 aprile 2022 – foto ministero degli Interni della Transnistria via Ap

Le autorità del governo separatista e i media russi hanno subito parlato di «provocazione» da parte ucraina, la controparte ha risposto bollando l’attacco come «messa in scena». Fatto sta che intorno alle città della Transnistria le forze di sicurezza locali hanno installato dissuasori di cemento e posti di blocco armati.

Maia Sandu, presidente della Moldavia, ha invitato i suoi cittadini alla calma ma, contemporaneamente, ha dato disposizioni all’esercito perché si mettesse in «stato di allerta».

Poi il 26 aprile Oleksiy Arestovich, il consigliere del capo di gabinetto di Zelensky, ha rilasciato un’intervista all’attivista per i diritti umani russo Mark Feigin nella quale ha dichiarato che «la cosa migliore che la Moldavia possa fare è chiedere aiuto all’Ucraina, se lo facesse noi saremmo in grado di prendere la Transnistria».

ARESTOVICH HA ANCHE aggiunto che «le truppe russe di stanza in Transnistria non sono in grado di conquistare Chisinau (la capitale della Moldavia, ndr), ma la Moldavia potrebbe comunque avere molti problemi a causa loro».

Discutendo sull’eventuale preparazione delle truppe ucraine per conquistare la Transnistra, Arestovich ha poi concluso che «teoricamente, le forze armate dell’Ucraina sono in grado di farlo; tuttavia» ha specificato «si tratta del territorio sovrano della Moldavia e l’Ucraina non può permettersi decisioni di questo tipo, sarebbero possibili solo dopo una risoluzione da parte moldava».

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POCO DOPO, IL MINISTRO degli esteri del governo separatista, Vitaly Ignatiev, ha dichiarato all’agenzia russa Interfax che le autorità della Transnistria non hanno chiesto rinforzi a Mosca in quanto «finora la situazione è abbastanza stabile, sotto controllo».

La stessa notte, però, sarebbero stati avvistati dei droni sopra il villaggio di Cobasna, in territorio separatista, e nella stessa zona, stando alle dichiarazioni del ministero degli interni locale, stamane sarebbero arrivati dei colpi d’artiglieria esplosi dal territorio ucraino.

IL SERVIZIO STAMPA del ministero degli interni della Transnistria ha subito espresso preoccupazione confermando la versione di Slava, ovvero che si tratti del «più grande deposito di munizioni in Europa».

Nel pomeriggio di mercoledì, infine, il portavoce di Putin, Dmitrij Peskov, ha risposto alle dichiarazioni di Arestovich definendole «piuttosto provocatorie».

Il confine di Palanca, tra Moldavia e Ucraina – foto Aurel Obreja /Ap

LA SITUAZIONE DEL FRONTE sud si sta complicando rapidamente e anche provare a raccontarla diventa sempre più complesso.

Per questo oggi, dopo le accuse giunte dal governo separatista di Tiraspol, abbiamo intervistato Sergey Bratchuk, portavoce dell’amministrazione militare dell’oblast di Odessa.

«Crediamo che si tratti di provocazioni da parte della Russia, ce le aspettavamo e per questo abbiamo rafforzato i controlli ai confini rispetto al passato, è da tempo che osserviamo un incremento delle operazioni oltre il confine».

E le bombe a Tiraspol le hanno lanciate i russi?

«Potrebbe essere, alcuni gruppi di forze speciali russe potrebbero aver avuto l’ordine di creare un casus belli per giustificare determinate azioni in Transnistria; ad ogni modo l’obiettivo principale della Russia è incolpare l’Ucraina per questi attacchi e per tutto ciò che accadrà in quel territorio d’ora in avanti».

E Cobasna?

«Anche quella una provocazione russa».

Quindi, per essere chiari, l’Ucraina non ha nulla a che fare con nessuno degli attacchi avvenuti nel territorio della Transnistria?

«No, noi siamo interessati esclusivamente a cacciare i soldati russi dal nostro territorio, tutto ciò che avviene altrove non rientra nella nostra sfera d’azione», anche se «la Russia sta creando una situazione di instabilità non solo in Ucraina ma anche in Moldavia».

RISPETTO ALL’ATTACCO RUSSO al ponte di Zatoka, un’infrastruttura sulla foce del fiume Dniestr, di fondamentale importanza per il collegamento ferroviario tra il territorio dell’Ucraina e la provincia di Budjak che confina con la Romania e la Transnistria, Bratchuk ha dichiarato che potrebbe trattarsi di un tentativo russo di tagliare le direttrici di rifornimento che dall’estero arrivano all’Ucraina del sud.