Italia contro Albania. Vecchia storia, vecchie storie, anche di calcio e calciatori, che hanno segnato il rapporto, controverso, tra due mondi. Senza nulla togliere all’onorevole generale che evoca il mondo all’incontrario per spiegare ai lettori ed elettori ciò che lo perplime delle democrazie cosmopolite e dell’universalismo dei diritti umani, nel caso italo-albanese effettivamente il mondo si è capovolto negli ultimi trentatre anni, da quando la nave Vlora approdò a Bari con il suo carico umano l’8 agosto 1991.

Nel mondo all’incontrario contemporaneo siamo noi ad esportare i migranti in Albania, affinché siano lì trattenuti, contro la loro volontà, contro i principi dello Stato di diritto, contro i più elementari sentimenti di solidarietà e umanità. Il mondo di oggi – ebbene sì ha proprio ragione l’onorevole generale – è capovolto: trasferiamo migranti irregolari in un paese che a sua volta esporta immigrati nel nostro.

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Va ricordato che la comunità albanese è la quarta per composizione numerica nelle carceri italiane, dopo Marocco, Romania e Tunisia, con la quale gareggia per la terza piazza. Sono 2019 i detenuti di nazionalità albanese nelle prigioni italiane. Non pochi di loro sono immigrati irregolari. E seguiranno in tv le sorti della loro nazionale, nella quale gioca uno dei tanti ragazzi albanesi che arrivò a Bari con la famiglia all’inizio degli anni Novanta, non di certo dissuasa dalle immagini della Vlora e dalla cattiveria delle istituzioni italiane.

Elseid Hysaj, terzino prima del Napoli e poi della Lazio, molto apprezzato da Sarri, arrivò in Italia nel lontano 1994. Tre anni prima, in quella torrida estate del 1991, il sindaco democristiano di Bari Enrico Dalfino aveva tentato di accogliere i profughi del paese delle aquile con la tradizionale ospitalità barese. Dalfino insegnava diritto amministrativo all’Università di giurisprudenza. «Sono persone, persone disperate. Non possono essere rispedite indietro, noi siamo la loro unica speranza», così disse quando si ritrovò nelle proprie piazze migliaia di uomini e donne che cercavano una speranza di vita. E in coerenza con le sue parole cercò di operare. Molti baresi lo presero sul serio. Portavano latte, pane, acqua a chi vagava spaesato in una città che avevano sognato di poter vedere. Enrico Dalfino, che morirà giovane tre anni dopo, fu preso in giro, maltrattato e vilipeso da un altro politico democristiano, fino ad allora famoso per le sue eccentriche esternazioni.

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L’allora presidente della Repubblica Francesco Cossiga gli dette del cretino. Cretino, fu chiamato, solo per avere tentato di organizzare un servizio di accoglienza nel nome di un’umanità condivisa. Da allora è partita una parabola socio-politica drammatica e i cultori dell’accoglienza da cretini sono stati degradati a criminali. Nasce dunque con quell’epiteto di Cossiga rivolto al sindaco Dalfino quella sotto-cultura della disumanità che ha portato alle attuali politiche migratorie. Eppure erano decenni che il mondo democratico criticava, a destra e sinistra, duramente l’autarchia albanese. Nonostante ciò si è voluto negare un sorriso a chi cercava rifugio nella terra di Raffaella Carrà.

Elseid Hysaj è un calciatore della nazionale albanese. Arriva neonato a Bari nel 1994 con suo papà. Si affidarono a mezzi di fortuna, allo scafista di turno. In una festa d’estate, prima del campionato 2021 vinto dal Milan e che vide la Lazio di Hisaj arrivare quinta, forse anche per ricordare la sua storia di lotta umana, povertà e resistenza, decise di cantare, lui laziale, «Bella Ciao». Frange ultras laziali lo minacciarono affermando che non ci sarebbe stato spazio per un anti-fascista nella loro squadra.

Elseid è un difensore. Speriamo che negli europei continui a difendere ma anche ad attaccare cantando e raccontando ai più giovani cosa significa «la libertà» contro tutti i nuovi fascismi che crescono in giro per la povera Europa. La cui origine mitologica di principessa in movimento si scontra irrimediabilmente con i muri, le fortezze e i centri di detenzione in Italia e in Albania, autorizzati da un’Europa complice, egoista e disuman