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Slittano ancora i centri per migranti in Albania

Slittano ancora i centri per migranti in AlbaniaIl centro di Gjader, in Albania

Mediterraneo Meloni al Cdm: «Attivi nelle prossime settimane». L’ultimo rinvio parlava di inizio settembre. A Palermo nuove udienze di convalida del trattenimento di altri quattro tunisini trasferiti a Porto Empedocle

Pubblicato circa un mese faEdizione del 31 agosto 2024

«Nelle prossime settimane saranno pienamente operativi i centri previsti dal protocollo con l’Albania per processare in territorio albanese, ma sotto giurisdizione italiana ed europea, le richieste di asilo». È il quarto rinvio quello annunciato ieri dalla premier Giorgia Meloni nel primo Consiglio dei ministri dopo la pausa estiva. Le strutture detentive d’oltre Adriatico sarebbero dovute entrare in funzione prima a giugno, poi ad agosto e infine a inizio settembre, ma evidentemente non hanno ancora una data. «Abbiamo incontrato diverse difficoltà operative, ma le stiamo superando una ad una perché crediamo molto in questo progetto innovativo. Siamo consapevoli di avere gli occhi puntati addosso e per questo siamo intenzionati a fare tutto a regola d’arte», ha aggiunto Meloni.

I LAVORI PER IL CENTRO di Gjader – una spianata circondata da un muro, dove sono stati piazzati dei container grigi montati uno sopra l’altro – sono ancora in corso, mentre quello nel porto di Shengjin sarebbe pronto (così è stato annunciato nelle scorse settimane). Ma non sono logistiche le difficoltà più grandi a cui va incontro il progetto, sono giuridiche. La detenzione sistematica dei richiedenti asilo originari di «paesi sicuri» non è compatibile con le norme Ue. Lo hanno ricordato già due tribunali: lo scorso autunno Catania e in questi giorni Palermo. I casi vanno esaminati uno per uno perché il trattenimento sia legittimo alla luce delle norme sovraordinate. Per i centri in Albania la competenza sarà della sezione specializzata in immigrazione di Roma.

La presidente del consiglio ha poi accennato a una prossima modifica della Bossi-Fini per limitare il rischio che il decreto flussi sia usato da organizzazioni criminali. Su quello targato 2024 la premier ha presentato a giugno un esposto al procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Giovanni Melillo che, sostiene lei, «ha consentito a diverse procure di imprimere una svolta nelle indagini». Altra questione è stata il calo degli sbarchi: il 64% in meno rispetto all’anno scorso e il -30% (un po’ arrotondato) sul 2022 confermano che il governo sta facendo bene, ha detto Meloni.

IL TEMA CALDO, comunque, resta il trattenimento dei richiedenti asilo per le procedure accelerate di frontiera. Un’inedita forma di detenzione amministrativa che si somma, con caratteristiche proprie, all’arcipelago della reclusione senza reato dei cittadini stranieri. Ai vari hotspot e Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) è stata affiancata la struttura di trattenimento di Porto Empedocle. Potrebbe non rimanere l’unica: Luca Rondi su altreconomia ha rivelato un documento della Difesa dal quale emerge la messa a bilancio di ben 16 milioni di euro per due centri analoghi a quello agrigentino, ad Augusta e Trapani, da realizzare entro dicembre. Tale previsione fa pensare che il governo voglia trasformare la Sicilia in un grande campo di detenzione con due Cpr, quattro hotspot e tre centri di trattenimento.

Nelle strutture di quest’ultimo tipo è riuscito a rinchiudere finora solo un ragazzo tunisino di 23 anni, dietro le sbarre di Porto Empedocle da giovedì scorso. È l’unico caso in cui i giudici di Palermo, in ragione del pericolo di fuga, hanno convalidato il trattenimento. In altri cinque hanno detto No. Ieri è arrivato il terzo round di decisioni. Quattro le richieste di convalida della detenzione disposta dal questore di Agrigento per altrettanti richiedenti asilo tunisini sbarcati a Lampedusa sabato 24. Con una particolarità: nonostante da quella data a ieri erano arrivate via mare 3.270 persone, tra le quali i tunisini oscillano tra diverse decine e alcune centinaia (non abbiamo la cifra esatta), tutte quelle tradotte a Porto Empedocle erano già state rimpatriate dall’Italia e tornando hanno violato il divieto di reingresso. Tale reato è punito con l’arresto e una pena da uno a quattro anni. Il pm però non ha chiesto la misura cautelare in carcere, ma solo la denuncia a piede libero. Invece della libertà è scattata la procedura accelerata d’asilo.

SARÀ UNA COINCIDENZA, perché a pensar male verrebbe da dire che sono stati selezionati dei casi limite, potenzialmente eclatanti. I giudici specializzati di Palermo decideranno in base alla legge, ma se i trattenimenti fossero convalidati il governo avrebbe ragione di esultare, in caso contrario potrebbe attaccare la magistratura sostenendo che ha liberato soggetti che hanno commesso reati. Almeno uno di loro ha anche altri precedenti, per furto. Le tempistiche che riguardano il quartetto sono di dubbia compatibilità con la procedura di frontiera: dovrebbe partire entro 48 ore dallo sbarco ma sono trascorsi cinque giorni.

Tre migranti sono difesi da avvocati di ufficio, il quarto ha nominato una legale di fiducia, Rosa Emanuela Lo Faro. «Con la convalida del trattenimento si creerebbe un paradosso giuridico: la detenzione amministrativa prevarrebbe su quella penale – afferma Lo Faro – Se il pm non ha chiesto di arrestarli significa che ha valutato che il reingresso non costituisce un fatto grave. Allora perché il mio assistito dovrebbe essere messo in detenzione amministrativa solo per aver chiesto asilo?».

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