Sangue sul voto, ucciso il candidato Villavicencio
Ecuador L’esponente dell’anti-correismo aveva appena tenuto un comizio. È stato d’emergenza
Ecuador L’esponente dell’anti-correismo aveva appena tenuto un comizio. È stato d’emergenza
Fernando Villavicencio, candidato alle elezioni presidenziali dell’Ecuador, è stato ucciso da un gruppo di sicari al termine di un comizio elettorale, nel pomeriggio del 9 agosto, in una scuola della zona centro nord della capitale, Quito. Ha ricevuto diversi spari alla testa pochi istanti dopo essere salito su un’auto. Nove persone sono rimaste ferite. La polizia ha arrestato sette persone come presunti esecutori del crimine, uno è morto presso la sede della Fiscalia, dove era entrato ferito dai colpi ricevuti dopo l’omicidio.
Intorno alla mezzanotte del 9 agosto, il Governo ha imposto lo stato d’eccezione per 60 giorni, annullando le riunioni pubbliche e aumentando i poteri delle forze dell’ordine, e riconfermato la data delle elezioni, previste per domenica 20 agosto.
FERNANDO VILLAVICENCIO aveva 59 anni, era deputato, giornalista ed ex dipendente della compagnia petrolifera nazionale Petroecuador. Da giornalista, aveva ottenuto notorietà grazie alle sue inchieste sui casi di corruzione nel settore pubblico durante i governi di sinistra del presidente Rafael Correa (2007-2017), nei casi Arroz Verde, Odebrecht, Petroecuador, tra gli altri.
Nel 2014, era stato condannato a 18 mesi di carcere per oltraggio all’allora presidente Correa. Per evitare il carcere si era rifugiato prima nell’Amazzonia ecuadoriana, poi in Perù. Nel 2017, quando al governo venne eletto Lenin Moreno (con il sostegno di Correa, dal quale si era poi distanziato), Villavicencio rientrava in Ecuador per «sostenere la lotta anticorruzione di Moreno» disse all’epoca.
«Ho combattuto il potere corrotto come giornalista investigativo, continuerò questa missione come membro dell’assemblea nazionale» disse annunciando la sua candidatura a deputato nel 2021. Eletto con Alianza Honestidad, si è mosso come indipendente a sostegno del governo conservatore di Guillermo Lasso.
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Ferrovieri, maestri, imam alla leva: in Egitto l’impiego pubblico è militareÈ divenuto presidente della Commissione Fiscalización y Control Político, in quel ruolo ha promosso varie inchieste contro politici e funzionari legati al correismo, accusati di legami con il narcotraffico, e ha bloccato l’inchiesta parlamentare contro il presidente Lasso per la sua presenza nella lista dei Pandora Papers. Spesso, con le sue denunce e la pubblicazione di materiali esclusivi, ha anticipato il lavoro di giornalisti e inquirenti.
Nel marzo di quest’anno il presidente Lasso, ormai privo del sostegno del congresso, ha dichiarato la muerte cruzada, un meccanismo costituzionale che permette lo scioglimento anticipato del legislativo e le elezioni anticipate. Per questo motivo, il prossimo 20 agosto, il paese andino è chiamato alle urne, per eleggere presidente e congresso, che resteranno in carica fino al 2025.
E A QUESTE ELEZIONI si era candidato Villavicencio, con il sostegno del movimento Construye, puntava a rappresentare l’anticorreismo. Benché risieda in Belgio e non metta piede in Ecuador dal 2017, Correa, attraverso la sua pagina Twitter, con tre milioni e mezzo di follower, è di gran lunga il politico più seguito del paese e continua a dividere il dibattito pubblico e il subconscio degli ecuadoriani. Il correismo ha una base solida, il partito correista è la prima forza politica del paese.
Alle elezioni del 20 agosto punta a tornare al potere, con la candidata Luisa Gonzalez. I sondaggi la danno intorno al 35/40%, sulla soglia per una vittoria al primo turno. Dietro di lei, molto distanti, candidati di varie tendenze di destra, Otto e Jan con circa l’11% ciascuno, l’indipendente Yaku con il 10%. Quarto o quinto, a seconda dei sondaggi, c’era Villavicencio. Un unico sondaggio, pubblicato il giorno prima dell’omicidio, proiettava Villavicencio secondo. Da ieri, non è più possibile diffondere altri sondaggi, l’omicidio di Villavicencio irrompe nella campagna elettorale ed è ancora difficile valutarne le conseguenze.
«Il paese è sotto shock. È la prima volta che viene ucciso un candidato presidente – dichiara Susana Morán, giornalista di Quito, al manifesto -, veniamo da mesi di violenza e di attentati contro i politici. È ancora presto per capire chi sono i mandanti».
E A RENDERE PIÙ COMPLICATO il quadro ci sono i depistaggi. Poco dopo l’omicidio, un video di un gruppo di uomini incappucciati, vestiti di nero e armati, che si presentava come il gruppo criminale Los Lobos, rivendicava la paternità dell’atto. Il giorno successivo, un gruppo di uomini a volto scoperto, vestiti di bianco e piuttosto indignati, i veri Los Lobos, dichiarava: «Nessuno parla per noi, non siamo stati noi a ucciderlo. Quel video è falso». Villavicencio aveva ricevuto minacce di morte da cartelli criminali e già da tempo era scortato, la polizia dovrà spiegare com’è stato possibile l’assassinio e perché l’auto non fosse blindata, come d’abitudine.
Sarà difficile capire chi c’è dietro la morte del candidato. Intanto, alle urne del 20 agosto, ci saranno i soldati a garantire la sicurezza del processo elettorale.
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