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La Bolivia rischia grosso, lo scontro tra Morales e Arce passa alle fucilate

La Bolivia rischia grosso, lo scontro tra Morales e Arce passa alle fucilateScontri e blocchi tra i supporter di Arche e Morales in Bolivia – Ansa

America Latina Spari contro l'auto di Evo, e torna l'accusa di stupro. Nel Movimento al Socialismo ora al governo, è guerra vera tra il leader di oggi e quello di ieri

Pubblicato 2 giorni faEdizione del 31 ottobre 2024

Rischia di finire nel sangue la lotta di potere tra il presidente Luis Arce e l’ex presidente Evo Morales. Dopo l’attentato di domenica scorsa contro il leader cocalero, la situazione appare infatti sempre più esplosiva.

PER IL GOVERNO, l’agguato denunciato dall’ex presidente, secondo il quale agenti dei corpi d’élite dello stato avrebbero cercato di assassinarlo, colpendo con 14 proiettili il veicolo su cui viaggiava e ferendo il suo autista, sarebbe solo una messa in scena. Secondo il ministro degli interni Eduardo del Castillo, infatti, l’autista di Morales avrebbe ignorato l’ordine di fermarsi a un posto di blocco istituito nel quadro della lotta al narcotraffico nel Chapare, una delle principali aree di produzione di coca nel paese: «Invece di rallentare hanno accelerato, hanno estratto un’arma da fuoco e hanno sparato», ha dichiarato il ministro, aggiungendo che un agente sarebbe rimasto ferito.

Difficile, in ogni caso, che le forze di sicurezza non sapessero che a bordo di quel veicolo ci fosse Morales, dal momento che l’ex presidente era diretto a Cochabamba per partecipare, come ogni settimana, alla sua trasmissione radiofonica. È possibile, semmai, che la polizia abbia cercato di arrestare il leader cocalero, sul cui capo pende un mandato d’arresto per violenza sessuale su minore e tratta di persone, e, non riuscendoci, abbia sparato contro il suo veicolo. Non a caso, secondo la testimonianza di un gruppo di militari della nona divisione dell’esercito, i poliziotti coinvolti nell’attentato si sarebbero rifugiati nella caserma di Villa Tunari e poi sarebbero stati portati via in elicottero per ordini superiori.

Quale che sia la versione corretta, i sostenitori dell’ex presidente, in risposta all’attentato, hanno intensificato i blocchi stradali – in corso da più di due settimane – che impediscono l’accesso di beni di prima necessità alla capitale La Paz, in mezzo a scontri sempre più violenti con le forze dell’ordine. Come ad esempio è avvenuto a Mairana, lungo la vecchia strada che collega Cochabamba con Santa Cruz, dove 33 agenti di polizia sono rimasti feriti mentre tentavano di sgomberare la via e un giornalista, Romer Castedo, e il suo cameraman, Ricardo Pedraza, sono stati aggrediti e tenuti sotto sequestro per quattro ore, prima di essere liberati in uno scambio con alcuni manifestanti arrestati dalla polizia.

E ORA, sotto le crescenti pressioni dei settori produttivi, il governo non esclude neppure di chiedere aiuto alle forze armate per rimuovere i 23 blocchi esistenti (19 dei quali a Cochabamba, la roccaforte di Morales), parlando di una «lotta sproporzionata» con i manifestanti, che secondo del Castillo farebbero uso di armi da fuoco e molotov. Mentre cresce anche la richiesta al governo di proclamare lo stato d’assedio.

«Che coraggio, che impegno per la patria in difesa del popolo di fronte alla crisi economica», ha dichiarato Morales elogiando i suoi sostenitori, non senza far cadere sul governo ogni responsabilità per eventuali «fatti di sangue». Ma ben più che una mobilitazione contro le difficoltà economiche del paese, la lotta degli “evisti” è una protesta contro quella che considerano una persecuzione giudiziaria nei confronti del loro leader per impedirgli di candidarsi – per la quinta volta – alle presidenziali del 2025. Il riferimento, in particolare, è per il mandato d’arresto a suo carico per il presunto stupro di un’adolescente, C. S. V. P, che militava nella Guardia giovanile del presidente, da cui nel 2016, quando la ragazza aveva 16 anni, Morales avrebbe avuto una figlia, E. S. N. V., la cui nascita sarebbe stata trascritta nel 2018 nel Registro di stato civile (dove compaiono le iniziali del presidente).

UN’ACCUSA non nuova – a sollevarla era stata già nel 2020 la presidente de facto Jeanine Áñez – ma presentata ora nuovamente, tre giorni dopo la marcia antigovernativa guidata da Morales a settembre, con un difficilmente negabile intento politico. Un intento, tuttavia, che non dissolve i dubbi sulla colpevolezza dell’ex presidente, al quale del resto basterebbe sottoporsi a un test di paternità per fugare i sospetti. Mentre non lo aiuta di certo la repentina scomparsa della giovane, oggi 23enne, insieme a sua figlia e a sua madre.

A suscitare dubbi sulle sue frequentazioni con adolescenti sono, del resto, le parole da lui stesso pronunciate nel 2008, quando era ancora intoccabile: «Finirò la mia attività con il mio campo di coca, la mia quindicenne e il mio charango».

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