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Motivi di pubblica insicurezza

Motivi di pubblica insicurezzaLa Guardia nazionale pattuglia le strade di Culiacan, nello stato di Sinaloa, in Messico – Ap

Messico Il paese vacilla sotto i colpi del crimine. Ma anche le pallottole dell’esercito – a cui sono stati assegnati ben 270 compiti amministrativi – mietono sempre più vittime innocenti

Pubblicato 3 giorni faEdizione del 25 ottobre 2024

«Negli ultimi sei anni di governo Obrador i militari nelle strade sono aumentati ma con loro anche il numero degli omicidi, dei femminicidi, delle sparizioni forzate. La società civile è stata messa ai margini, le organizzazioni non governative inascoltate», perfino l’Onu relegato a un angolo. Edith Olivares Ferreto, direttrice esecutiva di Amnesty International Messico, riassume così la situazione nel paese nelle settimane dell’approvazione della riforma che farà confluire il corpo della Guardia nazionale sotto il comando del Segretariato della difesa nazionale (Sedena).

Istituita per volere dell’ex presidente Andrés Manuel López Obrador nel maggio del 2019, la Guardia nazionale è nata come forza di pubblica sicurezza sotto il controllo civile ministeriale. All’interno di questo nuovo corpo composto oggi da circa 130mila unità sono entrati soprattutto elementi provenienti da esercito e marina. Quindi forze militari.

«FIN DALL’INIZIO – spiega al manifesto la direttrice di Amnesty – era chiaro che questo nuovo corpo non avrebbe avuto nulla di civile. E ora il disegno di militarizzare la sicurezza pubblica, con questa riforma, si sta completando». Superato l’esame della Camera, il testo dovrà passare il vaglio delle varie commissioni del Senato per poi arrivare al voto finale in sessione plenaria. Solo allora la Guardia nazionale sarà riconosciuta come parte delle forze armate permanenti.

L’11 dicembre saranno 18 anni dall’inizio della Guerra messicana della droga. Quel giorno, era il 2006, l’allora presidente Felipe Calderón, eletto solo dieci giorni prima, inviò 6.500 soldati federali nello stato del Michoacán. Alla guida di quell’operazione, il ministro della Pubblica sicurezza Genaro García Luna, che lo scorso 17 ottobre è stato condannato negli Stati Uniti a 38 anni e quattro mesi di carcere per aver accettato, in quegli anni, cospicue tangenti per aiutare i narcos del cartello di Sinaloa.

«FIN DA SUBITO FU CHIARO che il Messico sarebbe entrato in una spirale di violenze senza fine fatta di morti nelle strade, esecuzioni extragiudiziali, casi di tortura e sparizioni forzate – commenta Olivares Ferreto -. Quello che è accaduto nelle ultime settimane è la prova che a distanza di quasi due decenni, nonostante la nascita di un nuovo corpo armato, nulla è cambiato». Il riferimento, a precisa domanda, è ai civili – per usare un termine “da guerra” – caduti in Chiapas, Tamaulipas e Nuevo Laredo. Tre situazioni diverse che hanno però acceso i riflettori sulle modalità d’azione di esercito e Guardia nazionale.

ERANO QUASI LE 21 di domenica 1 ottobre – giorno dell’insediamento di Claudia Sheinbaum alla presidenza – quando i militari di pattuglia nella zona di Huixtla-Villa Comatitlán, sulla costa del Chiapas a 60 chilometri dal confine col Guatemala, hanno incrociato un pick-up che non si è fermato al posto di blocco. «Il mezzo era seguito da altri due mezzi come quelli che usano le bande criminali» si legge nel comunicato della Sedena. Per questo hanno aperto il fuoco. A bordo, però, non c’erano membri di un cartello ma 33 migranti. Il bilancio è di 7 morti e 12 feriti. Tra le vittime, due sorelle egiziane di 11 e 18 anni. Illeso invece il padre mentre l’altro figlio di 14 anni è stato ferito in maniera grave.

LA SERA DI VENERDÌ 11 ottobre agenti della Guardia nazionale hanno intimato l’alt a una station-wagon che percorreva una delle vie principali di Nuevo Laredo, nello stato di Tampaulipas, a ridosso del confine con il Texas. Neanche il tempo di fermarsi, ha raccontato l’uomo alla guida, che sono iniziati gli spari. Con lui, in auto, la moglie, Yuricie Rivera Elizalde, e il loro bambino di 9 anni. Padre e figlio sono riusciti a uscire dal veicolo senza riportare ferite. La madre, un’infermiera di 46 anni, è morta sul sedile accanto al guidatore, uccisa da un proiettile che l’ha colpita in pieno volto.

Nemmeno 24 ore dopo, nella stessa città, a cadere sotto i colpi della Guardia nazionale è stata una bambina di 8 anni, Iris. La piccola si trovava in auto insieme alla nonna. Stavano andando a ritirare l’uniforme della scuola quando si sono trovate in mezzo a una sparatoria tra un gruppo criminale e gli agenti. L’auto si è schiantata contro un palo della luce. La nonna, pur ferita, è riuscita a uscire dal finestrino e a tirare fuori Iris: per la piccola però non c’è stato niente da fare. È morta a causa di un colpo d’arma da fuoco alla testa.

TRE CASI che hanno riacceso le critiche delle organizzazioni per i diritti umani sulla gestione militare della sicurezza nel paese. Anche undici esperti delle Nazioni Unite, in una nota, si sono detti «allarmati dalla decisione di attribuire in modo permanente funzioni di pubblica sicurezza alle forze armate». Se il testo venisse approvato, il Messico «contravverrebbe a numerose raccomandazioni che, fin dal 1999, sottolineano la necessità che a garantire i compiti di pubblica sicurezza siano forze civili e non militari».

Con la riforma, il ruolo della Sedena non si fermerebbe però a compiti di sicurezza. La modifica costituzionale infatti concede la possibilità che le forze armate possano assumere anche quei compiti civili che, negli ultimi anni, gli sono stati già conferiti sotto forma di «poteri straordinari», un po’ come i commissariamenti italiani. Potranno gestire le dogane terrestri, aeroportuali e marittime, occupandosi quindi della questione migratoria, o coordinare progetti infrastrutturali come accaduto con il discusso cantiere del Tren Maya.

«L’AMMINISTRAZIONE OBRADOR negli ultimi sei anni ha assegnato alle forze armate messicane più di 270 compiti amministrativi – sottolinea Olivares Farreto -. Dietro la motivazione di una presunta incorruttibilità dei militari, il governo ha deciso di appaltare politiche relative a sicurezza, migrazione, sanità, trasporti, opere pubbliche trasferendo così in capo alla Sedena non solo “armi”, ma potere economico e, di conseguenza, politico».

Nonostante il cambio di governo nessun segnale di discontinuità è arrivato da Claudia Sheinbaum, intenzionata a portare avanti il riassetto delle forze armate nel solco tracciato da Obrador, sostituendo il fallimentare e, alla luce dei fatti, non rispettato piano «abbracci e non pallottole» con quello di «riappacificare il paese».

A NON CONVINCERE AMNESTY International e le altre organizzazioni è l’assenza di dialogo di Obrador con la società civile: «Stiamo assistendo a una ritirata dello stato e a un’avanzata dei militari, con tutto ciò che questo sta comportando a livello sociale. Per questo – conclude Edith Olivares Farreto – abbiamo scritto una lettera aperta a Sheinbaum chiedendo un incontro – cosa mai avvenuta durante il sessennio precedente – per iniziare davvero un’opera di riappacificazione. Cosa che non potrà mai avvenire in questo clima da guerra». Dalla lettera aperta è passato un mese e mezzo. Risposte? «Ancora nessuna».

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