In Uruguay sarà ballottaggio tra la sinistra e il Partido Nacional
Elezioni Il prossimo 24 novembre sarà ballottaggio tra Yamandú Orsi, candidato dell'alleanza di sinistra Frente Amplio, e Álvaro Delgado candidato del Partido Nacional
Elezioni Il prossimo 24 novembre sarà ballottaggio tra Yamandú Orsi, candidato dell'alleanza di sinistra Frente Amplio, e Álvaro Delgado candidato del Partido Nacional
Domenica 27 ottobre si è votato per il presidente e il parlamento dell’Uruguay. Come previsto dai sondaggi, tra gli 11 candidati presidenziali i due più votati sono stati Yamandú Orsi, candidato del Frente Amplio (FA), alleanza dei partiti di sinistra, con il 43,9%, e Álvaro Delgado con il 26,8%, candidato del Partido Nacional (PN) e delfino dell’attuale presidente, Luis Lacalle Pou.
Terzo, Andrés Ojeda del Partido Colorado, di orientamento liberale, che ha promosso un’aggressiva campagna social, dichiarando di ispirarsi al presidente argentino Milei, e ha convinto solo il 16% dell’elettorato. Cabildo Abierto, gruppo fondato da un militare nostalgico della dittatura, ha ottenuto appena il 2,5%. Dunque, il presidente dell’Uruguay verrà eletto il prossimo 24 novembre, nel ballottaggio tra Orsi e Delgado.
Domenica sera, nel comitato di Delgado il clima era di festa, perché il candidato ha superato le proiezioni dei sondaggi e per il secondo turno conta già sull’appoggio di Colorado e Cabildo Abierto (che insieme al PN formano la coalizione di centrodestra al governo). Ma il FA rimane avvantaggiato per una vittoria al secondo turno, e per il Parlamento si è già assicurato la maggioranza al Senato, 16 membri su 30, e 48 membri sui 99 della Camera.
Oltre alle elezioni politiche, i cittadini hanno votato per due referendum: uno, proposto dai sindacati, puntava ad una riforma delle pensioni che proponeva di abbassare l’età pensionabile da 65 a 60 anni, di legare le pensioni al salario minimo ed eliminare i gestori di fondi pensione privati. L’altro riguardava la sicurezza, si votava per la revoca del divieto costituzionale di incursioni notturne della polizia. Entrambi sono stati respinti.
Domenica hanno votato 2.441.238 di persone, l’affluenza è stata dell’89%: il voto è obbligatorio e il paisito – come lo chiamano affettuosamente i suoi abitanti, esteso come mezza Italia, ma con meno degli abitanti della Toscana, appena 3 milioni e mezzo, metà dei quali concentrati nella capitale, Montevideo – si conferma modello di stabilità politico istituzionale, un’eccezione in un’America Latina abituata alle montagne russe della politica.
L’altra tendenza latinoamericana è la sconfitta dei governi uscenti. Dal 2018, nella gran parte delle elezioni presidenziali ha vinto l’opposizione. Secondo i sondaggi, anche l’Uruguay dovrebbe confermare la regola, nonostante l’attuale presidente Lacalle Pou, che ha governato senza strappi istituzionali né stravolgimenti economico-sociali, abbia indici di approvazione tra i più alti della regione, “frutto di una comunicazione di successo, più che di successi di governo” spiega Gerardo Caetano, politologo presso la Universidad de la República dell’Uruguay.
Tra i temi più importanti della campagna la sicurezza e l’economia stagnate, con un costo della vita è tra i più alti dell’America Latina. “Negli ultimi anni si è ridotto il salario reale e aumentata la povertà. Abbiamo più decessi che nascite, l’immigrazione non controbilancia la tendenza e il 15% della popolazione vive fuori dal paese. A breve la popolazione comincerà a ridursi” segnala Caetano.
Il Frente Amplio cercava di eleggere Orsi al primo turno, per il ballottaggio punta agli astenuti e alla migrazione di votanti. Orsi, professore di storia delle superiori, 57 anni, è amministratore locale e ha un profilo “bonaccione, non un grande oratore ma un negoziatore” lo descrive Caetano. Il Frente Amplio è una delle peculiarità del paisito: coalizione di partiti di sinistra di ogni tendenza, dai democristiani agli ex guerriglieri tupamaros, è stato la prima forza di sinistra a governare l’Uruguay, rompendo il secolare duopolio Nacional-Colorado.
Durante il quindicennio di governo, 2005-2020, il FA ha cambiato il paese, con i due presidenti: l’oncologo socialista Tabaré Vázquez e l’ex guerrigliero José Pepe Mujica. Mujica, oggi 90enne e malato, non si è risparmiato nella campagna e domenica è andato a votare in sedia a rotelle. Una giornalista gli ha chiesto se credeva che la sfida principale del futuro governo fosse la sicurezza. “La sicurezza e l’aumento della ricchezza, perché se vuoi distribuirla devi averne di più” ha risposto.
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