America Latina, addio al “cortile di casa” ma il tycoon-bis fa paura
Elettorale americana La presidente messicana Claudia Sheinbaum tifa Kamala Harris, se non altro perché una vittoria di Trump comporterebbe una politica migratoria ben più dura
Elettorale americana La presidente messicana Claudia Sheinbaum tifa Kamala Harris, se non altro perché una vittoria di Trump comporterebbe una politica migratoria ben più dura
Non sarà più il cortile di casa degli Stati Uniti, e neppure più una loro priorità, ma l’America latina non guarda certo con indifferenza alle elezioni del suo ingombrante vicino. Pur avendo mosso passi importanti fuori dalla sfera di influenza nordamericana – come indicano l’adesione di oltre venti paesi alla nuova Via della seta cinese e l’interesse da parte di vari governi a far parte dei Brics – il subcontinente latinoamericano sa di dover mantenere con il suo secondo partner commerciale (dopo la Cina) rapporti il più possibile cordiali. E la maggior parte dei governi ritiene che sia più facile riuscirci se vincesse Kamala Harris.
A tifare per lei è di sicuro la presidente messicana Claudia Sheinbaum, se non altro perché una vittoria di Trump comporterebbe una politica migratoria ben più dura (con pesanti conseguenze anche per il Centroamerica) e una revisione del Trattato di libero commercio tra Usa, Messico e Canada più vantaggiosa per Washington. A favore della candidata dem si schiera con forza anche Lula: «Dio voglia che Kamala vinca le elezioni Usa», ha detto in una riunione con i suoi alleati. Per ovvi motivi: una vittoria di Trump, l’idolo di Bolsonaro, rafforzerebbe l’estrema destra in tutta la regione, elevando il rischio di azioni destabilizzatrici. E ciò malgrado, sul piano economico, la strategia protezionista perseguita da The Donald nel suo primo mandato avesse penalizzato l’export delle imprese agroalimentari Usa verso la Cina a tutto vantaggio, paradossalmente, proprio del Brasile (e non solo).
Non si nasconde neppure Gustavo Petro, che non ha risparmiato critiche a Trump, il cui negazionismo climatico si scontra con il convinto impegno del presidente colombiano a favore dell’ambiente e della transizione energetica. E se alcuni governi all’interno del blocco dell’alleanza bolivariana Alba pongono i due candidati sostanzialmente sullo stesso piano, difficile che almeno Cuba non tremi all’idea del ritorno del tycoon alla Casa Bianca.
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