Lunedì scorso si è riunito il parlamento polacco per la prima volta dal conferimento dell’incarico al premier uscente Mateusz Morawiecki (PiS, Diritto e Giustizia) di formare il nuovo governo. Come già precisato in più occasioni, al voto dello scorso 15 ottobre, il PiS ha prevalso ma non ha i numeri per governare. Per questo si ritiene poco probabile che Morawiecki riesca nel suo intento, anche perché nessuno, a quanto a pare, sta facendo carte false per allearsi col suo partito. Se il PiS resterà isolato e ciò vorrà dire che i tentativi del suo esponente saranno andati a vuoto, l’incarico verrà affidato a Donald Tusk che scalpita. Ricorderemo, infatti, che questi, dopo il voto, aveva invitato il presidente Duda a dargli rapidamente il compito che adesso è del suo avversario politico, per formare un esecutivo al più presto e tentare di ottenere quanto più velocemente possibile lo sblocco di fondi Ue spettanti a Varsavia. Si parla di 35 miliardi di euro del piano di rilancio per la ripresa economica dagli anni difficili della pandemia. Sappiamo che questa somma era stata congelata da Bruxelles a causa delle riforme promosse dal PiS nel settore giudiziario e tali da compromettere gravemente l’autonomia dei magistrati.

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Tornando alle operazioni per la formazione del nuovo esecutivo, esse dovranno aver luogo entro il prossimo 25 dicembre. Intanto Coalizione civica, il principale gruppo di opposizione che ha per leader Tusk, ha firmato un accordo di coalizione con Nuova sinistra e Terza via; si tratta dei soggetti che insieme dispongono della maggioranza parlamentare, e il loro accordo è in pratica lo strumento col quale dare un governo al paese. 

Questo accordo è anche provvisto di un testo che descrive gli intenti di tale alleanza e ciò che intende realizzare, una volta al potere, e comprende una serie di indicazioni e di raccomandazioni. Esse sono rivolte “agli imprenditori e ai lavoratori, toccano gli argomenti dell’istruzione e della tutela della salute, si riferiscono ai piccoli centri abitati, a quelli rurali, all’agricoltura e alle grandi città, ai diritti delle donne e al benessere delle famiglie”.

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Un testo che ha quindi il valore di un documento programmatico che vuole rendere chiara ai polacchi la visione di quest’alleanza circa il governo del paese e la gestione della cosa pubblica e dei rapporti con la popolazione. 

Il filo conduttore della politica cui la coalizione intende dar luogo è quello dei valori europei; l’alleanza s’impegna inoltre ad attuare politiche liberali, a tutelare le libertà individuali, a separare il potere politico dalla Chiesa e soprattutto a ripristinare lo Stato di diritto. È noto che, in otto anni di governo, il PiS ha dato vita a politiche che Bruxelles ha definito lesive dello Stato di diritto e dei principi fondamentali da essa auspicati. Tusk e i suoi collaboratori intendono riportare in auge rapporti con l’Ue improntati alla collaborazione e condivisione dei valori sostenuti dall’Unione in termini di diritti civili, di pari opportunità, di autonomia delle varie istituzioni che non devono diventare strumenti nelle mani dei governanti di turno. 

Sarà utile sottolineare il fatto che il partito di sinistra Razem non ha firmato questo accordo pur affermando il suo pieno appoggio al governo che potrebbe formarsi con le forze della coalizione capitanata da Tusk. Razem ha fatto notare che nel corso dei negoziati non è riuscito a ottenere garanzie su aspetti che per tale forza politica sono da considerarsi prioritari: si tratta degli affitti, dei diritti dei lavoratori, della riduzione della settimana lavorativa. Per il resto, come già precisato, l’alleanza ha, almeno per ora, il sostegno di Razem.

Magari in Polonia le cose cambieranno, ma occorre capire in quale direzione avverranno questi mutamenti. Certo, il paese ha bisogno di una svolta dopo gli anni deleteri del PiS, peccato che in tutto questo la grande assente sia la sinistra – una sinistra credibile e strutturata – e non soltanto lì.