L’Europa va alla guerra con gli Eurobond
Il caso Verso la costruzione di un Warfare continentale. Per il Commissario Ue all'economia il finanziamento dell'industria delle armi con gli Eurobon è "una bella idea". Per il suo compagno di partito, l'ex ministro Andrea Orlando è "una brutta notizia". Come si è passati dal "Recovery" che doveva servire a recuperare dalla pandemia alla transizione ecologica e infine alla spinta a potenziare gli eserciti. Indagine sulla fortezza Europa che alza i cannoni
Il caso Verso la costruzione di un Warfare continentale. Per il Commissario Ue all'economia il finanziamento dell'industria delle armi con gli Eurobon è "una bella idea". Per il suo compagno di partito, l'ex ministro Andrea Orlando è "una brutta notizia". Come si è passati dal "Recovery" che doveva servire a recuperare dalla pandemia alla transizione ecologica e infine alla spinta a potenziare gli eserciti. Indagine sulla fortezza Europa che alza i cannoni
Il vicepresidente della Commissione Europea Valdis Dombrovskis e il commissario Ue per l’economia Paolo Gentiloni hanno sposato l’ipotesi di emettere «Eurobond» per finanziare il piano di riarmo da 100 miliardi di euro «all’anno». È un altro passo in avanti nella trasformazione dell’Unione Europea in un aggregato di Stati-Nazione che combattono sia sui mercati globali sia nelle nuove guerre portate dall’attuale frammentazione globale.
NON È DETTO che gli «Eurobond» siano gli strumenti prescelti per finanziare il warfare continentale. Ma la direzione sembra essere stata tracciata. Per Gentiloni dovrebbero affiancare altri strumenti come quello europeo contro la disoccupazione, lo «Sure» già sperimentato durante la pandemia. Ma il meccanismo dovrebbe essere lo stesso. A suo avviso il «Next Generation EU» – cioé il fondo che finanzia il «Pnrr» italiano – «si è dimostrato che la Commissione può andare sui mercati finanziari , conservando la sua tripla A, diventando un attore importante nel mercato dei capitali».
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Patto Ue, il vestito nuovo dell’austerità: più spesa per le armiIN UN’INTERVISTA ieri al Corsera il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel ha detto che «lo European Peace Facility – ha detto Michel – è uno strumento visionario, è stato molto utile nella prima fase, ha incoraggiato l’industria europea a produrre di più, ha permesso un meccanismo di solidarietà per la sostituzione degli stock». Ora, ad avviso di Michel, si tratta di strutturare investimenti e coordinamento affinché le industrie europee non si facciano concorrenza. C’è una proposta di Thierry Breton, commissario europeo per il mercato interno e i servizi della commissione von der Leyen, che vorrebbe sviluppare un «mercato unico della difesa». L’uso della Banca Europea degli investimenti (Bei) potrebbe essere inoltre ripensato in questa prospettiva. Per Michel la questione «sarà risolta prima del prossimo Consiglio europeo, ma in caso contrario ne parleremo». In queste uscite pesano, tra l’altro, le avvisaglie di un cambiamento politico di rilievo negli Stati Uniti: il paventato ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump dal quale si attende un cambiamento deciso della strategia della Nato e del finanziamento della guerra in Ucraina.
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Il governo vuole indietro l’esclusiva sull’exportIN ITALIA GLI EUROBOND per le armi sono stati considerati «una brutta notizia, questi soldi vadano alla transizione ecologica» dall’ex ministro Andrea Orlando (Pd) collega di partito dell’ex premier Gentiloni- «I tedeschi – ha aggiunto Orlando – sono stati contrari e la Von der Leyen era contraria, per finanziare l’industria militare mentre un anno fa, durante il Covid e nei mesi precedenti, ragionavamo di Eurobond per finanziare la transizione ecologica». «Ursula Von Der Leyen vuole abbandonare il “Green Deal” a favore di un “Defence Deal” e usarlo per la sua campagna elettorale europea – sostengono i Cinque Stelle – È una folle corsa al riarmo che serve solo ad arricchire l’industria bellica la cui lobby a Bruxelles è ancora più potente di quella romana come risulta chiaro dalla folle decisione di scorporare le spese militari dagli austeri vincoli di bilancio del nuovo Patto di Stabilità». Anche i Cinque Stelle non si sono detti contrari all’idea di «difesa europea» ma, a loro avviso, «non deve diventare il pretesto per aumentare le spese militari, ma semmai per diminuirle: nel 2024 i Paesi Ue, secondo le ultime stime Nato, arriveranno a spendere circa 400 miliardi di euro l’anno».
«MELONI HA CHIESTO di scorporare dal patto di stabilità non la sanità ma le spese per la difesa – ha ricordato Mariolina Castellone (M5S), vicepresidente del Senato – Eurobond per la sanità e, sul fronte interno, Btp salute. Questo sì che servirebbe all’Italia».
UN ‘ANALISI dei dati può essere utile per capire in che modo i “100 mmiliardi all’anno” di cui discutono tra Commissione e Consiglie Europeo potrebbero incidere sulla spesa militare effettiva in Europa. Quella aggregata dei paesi europei della NATO ha raggiunto i 346 miliardi di dollari nel 2022 ed è aumentata dell’1,9% in termini reali rispetto al 2021 e del 29,4% rispetto al punto di minimo del 2014. Questo andamento si è intensificato in coincidenza con la guerra russa in Ucraina. Oggi l’UE destina almeno il 2% del suo bilancio a scopi militari. Lo fa finanziando l’industria degli armamenti attraverso il Fondo europeo per la difesa (European Defence Fund EDF) e il Fondo per le nuove munizioni (ASAP).
QUESTI FONDI sono gestiti dal Commissario responsabile del mercato interno e dell’industria. Insomma fucili, pistole, missili, cacciabombardieri e altre armi letali sono trattati come chips, automobili o prosciutti. E’ la logica del complesso militare-industriale applicato alle regole del “mercato interno”. Ciò comporta sia l’esigenza del coordinamento della produzione tra industrie nazionali concorrenti. E’ il consueto, miserabile, problema del capitalismo armato: finanziamenti pubblici per garantire la competitività dell’industria militare. Questa “competitività” è considerata la condizione dello “sviluppo”. E lo “sviluppo” viene garantito dalla “sicurezza”. E’ il paradigma della nuova globalizzazione armata.
GIA’ ORA due terzi di questi soldi vanno a 4 Paesi: Francia, Italia, Spagna e Germania. In questi paesi le principali aziende hanno aumentato le vendite di armi dell’1,5% per un totale di 95,8 miliardi di euro e i loro profitti dell’11,2% nel 2022. Cento miliardi di euro all’anno in più potrebbero essere un altro affare.
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