Sulla vendita di armi all’estero l’Italia si appresta a tornare al passato. È cominciata ieri – e finirà con il voto la settimana prossima – la discussione in senato del cosiddetto ddl export di armi, che va a rivedere la legge 185 del 1990, che, sull’onda di una mobilitazione dei pacifisti, impose dei vincoli alla vendita di materiale bellico. Nel 1993 venne poi abolito il Cisd, il Comitato interministeriale per gli scambi di materiali di armamento. Lo scorso settembre il governo varò in consiglio dei ministri un provvedimento che, nei fatti, rimette in piedi questa struttura, riappropriandosi così della facoltà di scegliere dove, come e soprattutto a chi vendere armamenti di fabbricazione italiana.

Per farlo si depotenzierà l’Uama (l’Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento) del ministero degli Esteri, che non avrà più poteri decisionali ma resterà come organo di carattere tecnico con il compito di sbrigare gli affari burocratici e amministrativi.
La legge 185 fu una svolta molto importante e aprì la strada a una serie di riflessioni sulla circolazione di armi: nel 2008 venne ricalcata in sede comunitaria con la proclamazione della Posizione comune euroea che infine sfociò nel 2013 nel Trattato sul commercio delle armi, con il quale, ad esempio, si vieta la vendita in paesi in cui c’è il sospetto che possano essere violati i diritti umani. Il senso dell’operazione che la maggioranza si appresta a varare definitivamente è di ridare al governo il potere di decidere il da farsi in autonomia, togliendo alle camere ogni potere di discussione.

«Il ddl crea un istituto contro cui l’appello non esiste – ebbe a dire Francesco Vignarca della Rete pace e disarmo quando il consiglio dei ministri varò la norma -, l’obiettivo è annacquare il controllo e la trasparenza sul mercato delle armi». Lo scorso gennaio, la Commissione affari esteri del Senato aveva approvato tre emendamenti che nei fatti andavano a limitare la trasparenza del commercio di armi con l’estero, bocciando allo stesso tempo tutte le proposte delle opposizioni che, al contrario, miravano a rendere ancora più stringenti i controlli. Ora,, in aula, la maggioranza sembra voler andare avanti senza tentennamenti. Vani si qui gli appelli delle associazioni pacifiste, che comunque annunciano mobilitazioni contro questo passo indietro di quasi quattro decenni.