Oltre a quello militare, c’è un testa a testa di dichiarazioni. Mentre i paesi membri della Nato si sono riuniti per una due giorni a Praga, con l’intento anche di allargare il fronte dei favorevoli all’impiego delle armi fornite a Kiev contro obiettivi sul territorio russo, dai rappresentanti di Mosca arrivano diverse reazioni di minacciosa contrarietà.

«CI SARANNO inevitabilmente delle conseguenze», ha affermato il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov. Aggiungendo: «Sarà molto dannoso per quei paesi che hanno scelto la via dell’escalation. Continuano ad alzare di proposito il livello della tensione».

La linea argomentativa di Peskov è la solita che si ripete praticamente dall’inizio dell’invasione: sono gli Stati uniti e l’occidente a spingere l’Ucraina a combattere, a provocarla «affinché si protragga in una guerra senza senso». In realtà, la richiesta di poter attaccare direttamente sul suolo russo viene portata avanti da settimane da Zelensky e dai vertici militari di Kiev, che pensano in questo modo di poter contrastare più efficacemente l’offensiva di Mosca su Kharkiv.

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Ma la strategia retorica del Cremlino è quasi sempre improntata a dipingere l’Ucraina come una minaccia esistenziale per la Russia, da un lato, e al contempo a negare che il governo del paese possegga una reale autonomia, dall’altro. Due giorni fa, per esempio, Putin ha messo in dubbio la legittimità di Zelensky come presidente, suggerendo che il potere decisionale dovrebbe essere in mano al portavoce del parlamento.

Ai toni minacciosi si mischiano poi vaghe promesse di pace. Il ministro degli esteri Sergej Lavrov, impegnato assieme a rappresentanti della Cina in una rituale conferenza sulla cooperazione fra i due paesi, ha infatti detto che Mosca è sempre aperta a discutere e che anzi Pechino potrebbe organizzare un tavolo di negoziazione cui sarebbe invitata anche Kiev (a patto però che si rispetti la «realtà sul campo», ovvero che vengano riconosciute le conquiste territoriali raggiunte dall’esercito russo).

Il fungo atomico prodotto da un test durante l'operazione Tumbler-Snapper, condotta nel 1952 al Nevada Proving Ground
Il fungo atomico prodotto da un test durante l’operazione Tumbler-Snapper, condotta nel 1952 al Nevada Proving Ground, foto di Bettmann/Getty Images

Nel frattempo, però, la contrapposizione verso l’occidente rimane netta: la Russia adotterà delle misure nel campo della deterrenza nucleare se gli Stati uniti schiereranno missili a medio e corto raggio in Europa e nella regione dell’Asia-Pacifico, ha proseguito Lavrov.

PIÙ NELLO SPECIFICO, ha aggiunto: «Speriamo che i lavori in corso sul territorio bielorusso per l’utilizzo di armi nucleari strategiche possano far scattare qualche campanello d’allarme nella testa dei nostri oppositori», con riferimento al dislocamento da parte della Federazione di alcune delle sue testate nella vicina repubblica dell’alleato Lukashenko, che sembrerebbe essere iniziato da un paio di mesi.

La Cina mostra segni di condividere questa linea di fermezza. Il portavoce del ministero della difesa Wu Qian, infatti, ha assicurato che gli eserciti di Mosca e di Pechino sono pronti ad ampliare la portata delle operazioni congiunte e a portare avanti operazioni congiunte di pattugliamento a livello marittimo e aereo.

D’altronde, la necessità di difendere la propria sicurezza è spesso uno dei modi con cui si giustifica l’espansionismo militare. La portavoce del ministero degli esteri russo Maria Zakharova e il deputato della Duma di stato Viktor Vodolatsky hanno fatto appello all’urgenza di creare e ampliare una «zona cuscinetto» fra Russia e Ucraina, cosa che è stata indicata recentemente da Putin come obiettivo dell’offensiva in corso.

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«La nostra risposta sarà proporzionata», ha riferito la prima, parlando della possibilità che venga dato all’Ucraina il via libera per colpire in territorio russo. Così invece il secondo: «Se l’occidente dovesse rifornire Kiev di armi a lungo raggio, stabiliremo una zona cuscinetto più ampia che magari includa anche la capitale ucraina».

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C’È INFINE chi usa parole più roboanti. Il vicedirettore dei programmi di ricerca del Centro di studi europei e internazionali presso la Scuola superiore di Economia di Mosca Dmitry Suslov, persona con una certa influenza sui vertici del Cremlino, ha scritto sulla rivista Perfil: «Per far capire che non stiamo scherzando, vale la pena considerare di condurre un’esplosione nucleare dimostrativa». A ciascuno la sua deterrenza.