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La nave Libra ritorna nel porto di Shengjin, a bordo solo in otto

La nave Libra in navigazione foto AnsaLa nave Libra della marina militare – Ansa

Rimpatriota Del magro bottino il governo dà la colpa ai migranti e alle ong. L’opposizione va all’attacco: «Ormai siamo alle comiche». Ma Piantedosi rivendica: «Alcune decine di persone hanno tirato fuori il documento d’identità per evitare il trattenimento. C’è quindi un effetto deterrenza»

Pubblicato circa 2 ore faEdizione del 7 novembre 2024

È attesa oggi nel porto albanese di Shengjin la Libra: a bordo ha otto richiedenti asilo. Magro bottino per il viaggio della grande nave militare, è lunga 81 metri, dopo due giorni a sud di Lampedusa. Evidentemente oltre agli ostacoli giuridici, che si riproporranno quando le nuove richieste di convalida arriveranno sulle scrivanie dei giudici di Roma, la strategia del governo ha anche grossi problemi operativi. Che non può imputare alle «toghe rosse».

COSÌ SONO TORNATI in auge capri espiatori più tradizionali: migranti e ong. Dopo aver sostenuto che «i numeri esigui» dipendono da «procedure di selezione severe», il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, audito ieri in Commissione Schengen, ha affermato: «Alcune decine di persone hanno tirato fuori il documento d’identità per evitare il trattenimento».

In pratica i migranti soccorsi avrebbero tenuto in tasca il passaporto, che secondo le norme Ue è una causa di esclusione dalla detenzione durante l’esame «accelerato» della richiesta d’asilo. Per il diritto comunitario, infatti, la privazione della libertà personale è solo un’extrema ratio. Il governo Meloni, invece, vorrebbe fosse sistematica.

DEL RESTO I MIGRANTI sono soggetti senzienti e informati su ciò che accade dall’altro lato del mare: le strategie per attraversare le frontiere si riconfigurano sempre in base alle diverse forme di controllo. E questo, come sa bene l’esecutivo, vale sia quando sono attive organizzazioni criminali sia quando non ce ne sono. Certo se la notizia fosse confermata e la tendenza si ripetesse anche nei prossimi round sarebbe un bel grattacapo per tutta l’operazione Albania. Piantedosi, comunque, ha provato a fare di necessità virtù rivendicando «un effetto deterrenza» che semplificherà i rimpatri. Il primo requisito per rimandare a casa i cittadini stranieri è identificarli ed è più facile davanti a un pezzo di carta che ne attesta l’identità. L’«effetto deterrenza» che l’esecutivo aveva invocato nei mesi scorsi per giustificare il miliardo di euro messo sui centri in Albania, però, era un altro: scoraggiare le partenze.

Fonti governative hanno poi comunicato che la missione della nave militare è coincisa con una «presenza particolarmente numerosa di imbarcazioni ong». Queste si sarebbero posizionate in modo da anticipare le intercettazioni delle autorità. A realizzare soccorsi c’erano la Sea-Eye 5 e la Ocean Viking: in totale cinque interventi, spesso lontano dall’area della Libra o mentre quella era già in navigazione, per 289 naufraghi. Numeri ordinari per le ong. Anche perché da domenica a mercoledì a Lampedusa sono arrivate 1.238 persone (fonte: Mediterranean Hope, attiva al molo di sbarco dell’isola).

A PARTE PIANTEDOSI, dalla maggioranza non è intervenuto nessun altro. Le elezioni americane sono state una buona occasione per dirottare altrove l’attenzione, sebbene il silenzio fosse iniziato già martedì. Vanno all’attacco, invece, le opposizioni. «Otto persone sulla Libra: siamo alle comiche», afferma il deputato di +Europa Riccardo Magi. Mentre il 5S Alfredo Colucci, autore di uno degli esposti alla Corte di conti, sottolinea l’inefficacia dell’operazione a fronte dei costi elevatissimi: «Una vergognosa presa in giro degli italiani».

Intanto anche i giudici di Palermo hanno rinviato alla Corte di giustizia del Lussemburgo il decreto paesi sicuri, a partire dai casi di un cittadino del Ghana e di uno del Senegal. È il terzo tribunale, dopo Bologna e Catania, a chiedere un’interpretazione della norma alla luce del diritto comunitario.

IL 4 DICEMBRE, INVECE, arriveranno importanti notizie dalla Cassazione. Il massimo tribunale ha detto No alla richiesta del Viminale di assegnare alle Sezioni unite i suoi ricorsi contro le non convalide dei trattenimenti in Albania disposte dal tribunale di Roma. Ha però accorpato quelle decisioni a un’udienza già in programma su un quesito posto dagli stessi magistrati capitolini, ovvero se i giudici devono verificare d’ufficio la correttezza della designazione del paese come «sicuro».

Un rinvio precedente al pronunciamento della Corte del Lussemburgo del 4 ottobre scorso, che sul punto ha in parte già risposto positivamente.

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