L’avvocato Andrea Saccucci: «Prevalgono le norme Ue. A meno di lasciare l’Unione»
Check out Intervista all’esperto di diritto umani, che ha portato avanti cause strategiche sul piano nazionale e internazionale. «Le norme comunitarie sono sempre state un fondamentale presidio di garanzia per i diritti fondamentali. Speriamo lo restino anche dopo il nuovo Patto su migrazione e asilo», afferma
Check out Intervista all’esperto di diritto umani, che ha portato avanti cause strategiche sul piano nazionale e internazionale. «Le norme comunitarie sono sempre state un fondamentale presidio di garanzia per i diritti fondamentali. Speriamo lo restino anche dopo il nuovo Patto su migrazione e asilo», afferma
I principali ostacoli sulla strada dei centri in Albania vengono dal diritto comunitario, cioè dalle direttive in materia di richiedenti asilo e dalla recente sentenza della Corte del Lussemburgo sui paesi sicuri. Così, tra gli attacchi ai giudici per vicende personali e la tradizionale accusa di «toghe rosse», nella destra italiana è riemerso il desiderio di «sovranismo legislativo» (Massimo Franco sul Corriere). Il sogno nel cassetto è il primato del diritto nazionale su quello comunitario. Il senatore leghista Claudio Borghi ha chiesto un’indagine conoscitiva per «chiarire l’operatività del diritto dell’Unione europea negli ordinamenti nazionali». Secondo Andrea Saccucci – avvocato specialista nel contenzioso nazionale e internazionale in materia di diritti umani, che ha battuto il governo Berlusconi sui rimpatri illegali in Libia ma ha difeso il Cavaliere davanti alla Cedu contro la sua ineleggibilità – non ha dubbi: «Prevalgono le norme Ue, è un dato pacifico».
Una parte del governo sembra insofferente alle leggi europee. C’è qualche strada per aggirarle o subordinarle a quelle nazionali?
Il primato del diritto dell’Unione su quello interno è stato affermato moltissimo tempo fa ed è ormai riconosciuto nel nostro ordinamento anche a livello costituzionale. È pacifico che la partecipazione all’Ue implichi tale principio, ricollegato dalla Consulta all’articolo 11 della Costituzione che consente all’Italia limitazioni di sovranità.
In Polonia e Ungheria sono state votate leggi contrarie alle norme comunitarie, per esempio su diritti civili e indipendenza magistratura. Esclude possa accadere anche in Italia?
Al momento sì, proprio perché il nostro ordinamento applica il principio del primato Ue. Non ci sono motivi per dubitare che l’Italia tenga fede a impegni e obblighi che discendono dalla partecipazione all’Unione. Anche perché, nel caso, sarebbe necessaria una modifica delle norme costituzionali che non ritengo probabile. Andrebbe imposto il principio contrario: il primato del diritto interno. A quel punto l’apertura di una procedura di infrazione sarebbe scontata e si dovrebbe rimettere in discussione la stessa partecipazione dell’Italia all’Ue.
L’ultimo episodio che ha fatto innervosire il governo è il rinvio pregiudiziale del tribunale di Bologna alla Corte del Lussemburgo. Il riferimento alla Germania nazista era esagerato o rientrava in un’argomentazione fondata?
Al di là delle argomentazioni usate dal giudice del rinvio, le ragioni giuridiche sono assolutamente condivisibili. Di fronte alle dure critiche al tribunale di Roma, per la decisione di non convalidare i trattenimenti nei centri albanesi, il rinvio pregiudiziale, cioè l’attivazione della procedura di cooperazione fra giudici interni e Corte europea, è la strada più idonea a sgomberare il campo da qualsiasi dubbio interpretativo o tentativi di strumentalizzazione.
Ma che sta succedendo con questi «paesi sicuri» da un punto di vista giuridico? Il governo non riesce a venirne a capo.
Il problema è in relazione al protocollo Italia-Albania: vale solo per i migranti che possono essere sottoposti alle procedure accelerate di frontiera. Ovvero ai richiedenti asilo originari di paesi sicuri. La lista era stilata dal ministero degli Esteri e includeva Stati che il nostro governo ritiene globalmente sicuri, anche se non lo sono in determinate parti del territorio o per talune categorie di persone. La mancata convalida del tribunale di Roma poggia invece sull’interpretazione di una recente sentenza della Corte Ue, che ha spinto i giudici italiani a respingere l’elenco dell’esecutivo. Ciò ha impedito l’applicazione delle procedure di frontiera e i trattenimenti dei richiedenti asilo nei centri albanesi. Quindi la definizione di paese sicuro è una spina nel fianco di quel progetto, che comporta impegni economici straordinari.
Finora il diritto comunitario è stato un elemento di maggiore garanzia per i richiedenti asilo rispetto alle politiche nazionali. Sarà così anche quando entrerà in vigore il nuovo patto Ue?
Lo speriamo tutti. La legislazione comunitaria ha sempre rappresentato un fondamentale presidio di garanzia per i diritti fondamentali e lo sta dimostrando anche in questi tempi. Chiaramente non è immune dall’influenza degli orientamenti politici che si affermano negli Stati membri. Negli ultimi anni si è registrato un progressivo restringimento delle tutele offerte dal diritto europeo. Forse questo clima spiega perché l’Ue non ha ancora assunto una posizione netta e chiara sul progetto in Albania.
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