Politica

Contro i giudici e l’Europa ecco il sovranismo del diritto

Claudio Borghi -AnsaIl senatore leghista Claudio Borghi – foto Ansa

Check out Emendamenti e indagini conoscitive firmati Lega. I blitz nel decreto sulla separazione delle carriere e in Commissione Affari Ue. Sullo sfondo c’è il fastidio del governo verso qualsiasi organo di controllo. Già nel 2018 Meloni propose una legge costituzionale per rovesciare il rapporto con le norme comunitarie

Pubblicato circa 2 ore faEdizione del 2 novembre 2024

Se la legge italiana è in contrasto con quella europea, non fa niente: si può sempre far finta che la seconda non esista. Così ha ragionato il governo per il piano albanese e per il successivo (quasi) decreto sui paesi sicuri, salvo poi incontrare sulla propria strada dei giudici che ancora ricordano la gerarchia delle fonti del diritto. Èsuccesso di recente a Roma, con il tribunale che non ha convalidato il trattenimento in Albania di dodici migranti e poi a Bologna, dove la questione dei paesi sicuri è stata rinviata alla Corte di giustizia dell’Ue. Prima ancora c’erano i casi di Catania e Palermo. Fiaschi in serie per Meloni, la cui risposta è sempre stata la stessa: aizzare suoi fiancheggiatori mediatici a manganellare le «toghe rosse» che non vogliono sottostare ai voleri dell’esecutivo.

MA COME se ne può uscire davvero? Come si fa a scavalcare una volta per tutte i tribunali? Alzando il tiro: le norme italiane devono prevalere su quelle europee. Ovviamente, ed è prerogativa di ogni parlamentare saperlo, non si può fare: il primato del diritto comunitario riguarda lo Stato in tutte le sue articolazioni – non solo i giudici – e se c’è una violazione, quasi in automatico, arriva una sanzione. Punto e basta. Questo vale in linea di principio, però, perché si può sempre sollevare il dubbio, lanciare il sasso a valle e vedere se prima o poi si trasforma in valanga. Nell’ultima settimana, la Lega sta cercando di capire se davvero il colpaccio è possibile. Un passo deciso in questo senso è stato fatto con la presentazione in commissione Affari costituzionali di due emendamenti al ddl sulla separazione delle carriere. Il primo consiste nel sottrarre all’articolo 117 della Costituzione («La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali») le parole «nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali». Da notare che questo articolo venne modificato nel 2001 proprio per chiarire che la violazione di un obbligo comunitario è sempre una violazione costituzionale. Il secondo emendamento leghista, poi, consiste nell’aggiunta di un comma all’articolo 11 (quello sul ripudio della guerra, sulle «limitazioni di sovranità» e sulla promozione delle «organizzazioni internazionali» che agiscono per la pace e la giustizia tra le nazioni): «In ogni fase e tipo di giudizio, di ogni ordine e grado, la Costituzione non costituisce, in ogni sua previsione, fonte subordinata ai trattati e agli altri atti dell’Ue».

IN SOLDONI significherebbe formalizzare il primato del diritto italiano su quello europeo, appunto. Questo, ad ogni buon conto, non vorrebbe dire in automatico uscire dall’Unione, quanto rendere l’Italia un paese molto simile, per esempio, all’Ungheria, dove la maggioranza di turno (lì sempre la stessa, quella di Orbàn) fa il bello e il cattivo tempo senza curarsi di limiti, vincoli, regole e tutti quei fastidiosi accessori che circostanziano il concetto di democrazia. Del resto si tratta di un ’idea che Meloni – e più in generale tutta la destra – ripete ogni giorno: i cittadini parlano il giorno delle elezioni, ne consegue che contraddire il governo significa tradire la volontà popolare. Tecnicamente, come da libri di storia in uso dalle scuole medie in avanti, è il primo passo verso l’autoritarismo: la soppressione di qualsiasi contrappeso al potere esecutivo, che dalla sua ha la forza derivante dal dialogo diretto con il popolo.

QUESTA VOLONTÀ di costruire il sovranismo del diritto, comunque, non è solo nei due emendamenti al ddl sulla separazione delle carriere, ma anche in un assalto che, mercoledì e giovedì, il leghista Enrico Borghi ha portato avanti alla commissione Politiche europee del Senato. Qui la questione viene posta sotto forma di richiesta di apertura di un’indagine conoscitiva sulla primazia del diritto dell’Ue.

IL DIBATTITO, va da sé, si è surriscaldato. E Filippo Sensi ha centrato il punto politico: «La proposta lascia chiaramente intendere l’obiettivo di fare della Commissione un’arena politica in cui chiamare in causa le competenze della magistratura», ha detto. Mentre il M5s resta ambiguamente in mezzo al guado. Il senatore Pietro Lorefice, fatta la premessa che l’intenzione di attaccare le toghe è palese, lascia aperto qualche spiraglio, dicendosi «disponibile a un approfondimento, anche analizzando i risvolti negli altri stati membri a tutela delle sfere di sovranità nazionali». La questione resta sospesa, il presidente della commissione, Giulio Terzi (FdI) ha rimandato all’ufficio di presidenza della settimana prossima ogni decisione per «delineare i contorni dell’approfondimento». Che, in un modo o nell’altro, ci sarà, vista la sostsanziale concordia di tutte le forze di maggioranza e la non ostilità del M5s.

DEL RESTO, almeno per la destra, il tema non è nuovo. Già una legislatura fa, nel marzo del 2018, venne depositata una proposta di legge costituzionale per rivedere il «rapporto tra l’ordinamento italiano e l’ordinamento dell’Unione europea». La prima firmataria era Giorgia Meloni.

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