Insieme alle elezioni europee, per la prima volta aperte ai sedicenni, in Belgio si è votato anche per le Federali e le Regionali. Il risultato ha scatenato un terremoto politico: si è dimesso il primo ministro belga, Alexander De Croo, leader del partito Open Vld sceso sotto il 10% nelle Fiandre. Cresce – ma non vince – nelle Fiandre il Vlaams Belang, partito nazionalista fiammingo che vuole l’indipendenza della regione e tenersi Bruxelles come capitale. Nella città però trionfano i liberali di Mr e il partito dei lavoratori della sinistra radicale Ptb. I socialisti perdono nella loro roccaforte: la Vallonia.

NEL PARLAMENTO delle Fiandre, il Vlaams Belang guadagna più di quattro punti percentuali rispetto alle elezioni del 2019, ma si ferma al 22,8% dei voti. Rimane il secondo partito, ma è arginato dalla riconferma del partito di destra N-va di Bart De Wever (con il 24%). Nelle Fiandre sorprendono i socialisti del Vooruit, che supera il 13% e diventa il terzo partito di una regione dove alla fine di aprile si registravano 214.239 disoccupati in cerca di lavoro, in aumento dell’11% rispetto allo stesso periodo del 2023.

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Bene anche il Partito dei Lavoratori Belga Ptb/Pvda, l’unico a carattere nazionale nel Paese: si presenta con una lista nelle Fiandre, in Vallonia e a Bruxelles Capitale. Complessivamente raggiunge circa l’8%, aggiungendo sei seggi rispetto al 2019, e si trova testa a testa con l’Open Vld, i liberali dell’attuale primo ministro belga, Alexander De Croo, che subiscono un crollo e perdono il 4,8%.

NELLA REGIONE di Bruxelles hanno vinto i liberali francofoni di centro-destra Mr (26%). Segue la sinistra radicale del Partito dei Lavoratori Belga – Ptb (con circa il 20%), che diventa un fattore rilevante nella politica della Capitale. Bruxelles, dove vivono circa 287mila cittadini non belgi ma con passaporto Ue (dati 2023), si presenta così divisa. Da un lato gli elettori e le elettrici che hanno premiato il partito che più di altri ha messo la sicurezza cittadina al centro, per esempio con il piano per far intervenire l’esercito nelle zone con maggior concentrazione di criminalità. Dall’altro il Ptb, attento a problemi dei lavoratori, inflazione, prezzi esorbitanti degli alloggi e disoccupazione – al 15% secondo i dati raccolti dall’agenzia di collocamento della Regione di Bruxelles-Capitale lo scorso marzo.

In questa regione ottiene un risultato oltre le aspettative anche Les Engagés, partito centrista di tradizione cristiano-democratica, che si è presentato per la prima volta alle elezioni bruxellesi e ha ottenuto il 10,7% dei voti. I partiti verdi, Ecolo e Groen, perdono voti. Il partito socialista francofono Ps passa dal 22 al 21% e sfumare il vantaggio nella capitale.

I SOCIALISTI, con il 23%, non tengono neanche la roccaforte storica della Vallonia, dove il tasso di occupazione è fermo al 75%, oltre dieci punti percentuali in meno rispetto alle Fiandre. Da queste parti guadagna voti il Mr (oltre 29%) e – come a Bruxelles – il partito Les Engagés (20,8%).

Ne esce un Paese spaccato, con una divisione che riflette un’acuta polarizzazione politica e un primo ministro già dimissionario. Un Paese dove registrarsi al voto è un obbligo, dove per la prima volta alle elezioni europee si sono espressi anche 244mila elettori tra i 16 e i 17 anni.

Novità che ha creato il caos perché in alcuni seggi questi giovani hanno votato, erroneamente, anche per i parlamenti federale e regionali, dove è richiesta la maggiore età.