All’estero più che in Italia trova eco lo scandalo delle immagini duplicate nelle ricerche del ministro della salute Orazio Schillaci. Dopo la rivista statunitense Science, anche El País, il primo quotidiano spagnolo, ha pubblicato ieri un lungo e durissimo articolo intitolato «Il ministro della salute italiano accusato di falsificare studi scientifici». Il giornale di Madrid dedica un’intera pagina alla vicenda descritta come «un problema per Meloni», il secondo dopo il caso Santanché. E sottolinea che il ministro vacilla proprio mentre risalgono i casi di Covid e si annuncia un autunno problematico con una campagna vaccinale ancora da decifrare.

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L’articolo ricorda anche che fu proprio Schillaci a reintegrare i medici sospesi per aver rifiutato di sottostare all’obbligo di vaccinazione.

Intervistato da El País, il biochimico e esperto di frodi scientifiche Enrico Bucci punta il dito anche sulle altre ombre che intaccano la reputazione del ministro. Come la strana scelta di pubblicare su una «rivista scientifica fake», come la chiama Bucci riferendosi a Cancer Research and Reports, su cui compaiono alcune delle immagini controverse. «

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Si tratta di riviste create con l’obiettivo di inviare una raffica di richieste ai ricercatori affinché inviino articoli da pubblicare senza un’adeguata revisione scientifica e in cambio di un pagamento» spiega il ricercatore. «Non hanno alcuna credibilità scientifica sebbene si presentino con le sembianze di riviste scientifiche serie. Mi chiedo come sia possibile che un rettore con centinaia di pubblicazioni al suo attivo possa decidere di pubblicare un articolo di cui è l’autore responsabile su una rivista scientifica di questo tipo».

Secondo l’esperto, che ha dedicato diverse ricerche alla materia, le immagini duplicate come quelle trovate nelle ricerche di Schillaci rappresentano un fenomeno endemico, che riguarda «tra il 10 e il 12% degli studi nel settore biomedicale». Parlando con El País, Bucci è tagliente anche sui meriti scientifici dello scienziato Schillaci: «Dubito che chi svolge un incarico da rettore o da ministro possa essere anche un buon ricercatore».