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Guatemala al voto senza candidati di sinistra

Elargizione di doni durante un comizio elettorale di Edmond Mulet a San Juan SacatepequezElargizione di doni durante un comizio elettorale di Edmond Mulet a San Juan Sacatepequez – (AP Photo/Moises Castillo)

America Latina Estromessi i due rappresentanti del Movimento di liberazione dei popoli. Per la presidenza sarà sfida a tre fra i principali candidati della destra. Alto il rischio astensione

Pubblicato più di un anno faEdizione del 25 giugno 2023
Simona CarninoCITTÀ DEL GUATEMALA

Improvvisamente si sente uno scoppio e nel cielo si intravvede uno scintillio. Fuochi artificiali illuminano le case precarie ammonticchiate sulle colline della zona 3, una delle aree più marginali di Città del Guatemala. È uno dei tanti modi in cui nella serata di giovedì scorso qualche candidato alle presidenziali ha deciso di concludere la campagna elettorale che da marzo ha infiammato il paese. A fare da pubblico e scenario allo spettacolo gli abitanti della zona, i vulcani Agua, Fuego e Pacaya che disegnano il profilo della città, e migliaia di cartelloni elettorali che, in un guazzabuglio senza grazia, tappezzano la città, mostrando le facce ammiccanti di 22 candidati presidenziali in cerca di voti.

Oggi più di 9 milioni di cittadini guatemaltechi sono chiamati alle urne per eleggere il loro nuovo (o nuova) presidente e vicepresidente, i deputati, 340 sindaci e numerose altre rappresentanze politiche, per un totale di 4mila incarichi. Se nessuno dei candidati a presidente otterrà la maggioranza assoluta, si andrà al ballottaggio del 20 agosto.

Si tratta dell’Election Day più colossale della storia del Guatemala, che però avviene in un clima di incertezza e di frode dovuto all’esclusione arbitraria di alcuni candidati da parte del Tribunale Supremo Elettorale (TSE), mossa che ha portato istituzioni internazionali di diritti umani a esprimere inquietudine in merito al contesto di deterioramento dello stato di diritto e mancanza di indipendenza e credibilità in cui si svolgeranno le elezioni. Di fatto il TSE ha abusato della propria posizione per estromettere dalla competizione le figure che avrebbero potuto dare del filo da torcere al potere attuale, costituito da una ridotta oligarchia bianca di destra incarnata da grandi imprenditori e veterani di guerra, al momento ben rappresentata dal presidente conservatore uscente Alejandro Giammattei, del partito Vamos, che per legge non può ricandidarsi a un secondo mandato.

Tra i grandi esclusi da questa tornata elettorale c’è il binomio presidenziale rappresentato dalla leader del Comité de Desarrollo Campesino Thelma Cabrera, di origine maya, e l’ex procuratore per i diritti umani famoso per la sua lotta contro la corruzione, Jordán Rodas, entrambi candidati per il partito campesino di sinistra Movimiento de Liberación de los Pueblos (MLP). Il Tribunale Supremo Elettorale ha bocciato la candidatura di Rodas per presunte irregolarità svolte durante il suo incarico. Una doccia gelata che di fatto ha bloccato anche la candidatura di Thelma Cabrera, la quale avrebbe avuto buone possibilità di successo, grazie al sostegno dei popoli originari che rappresentano oltre il 60% della popolazione del Paese.

Dei 22 candidati a cui il Tribunale Elettorale non ha tagliato la testa, tre sono in pole position, secondo gli ultimi sondaggi. E tutti e tre hanno un passato oscuro e un futuro in continuità con la dirigenza attuale.

Tra di loro c’è Zury Ríos Sosa, figlia dell’ex dittatore Efraín Ríos Montt, mandatario dello sterminio del popolo maya Ixil tra il 1981 e il 1982, per cui è stato condannato a 50 anni di carcere per genocidio. Sebbene la sentenza sia stata annullata, la Costituzione proibisce ai consanguinei dei dittatori di presentarsi come presidente o vice, ma nonostante queste limitanti, la candidatura della figlia di Ríos Montt è stata ammessa. Oggi Zury è la prima dama del partito di destra Valor che, in antitesi con il suo slogan “El pueblo manda” (Il popolo governa), in realtà punta a preservare gli interessi della oligarchia militare che la sostiene da sempre.

La favorita in assoluto è Sandra Torres, 67 anni, leader di Unidad Nacional de la Esperanza (UNE). Veterana delle presidenziali, sconfitta al ballottaggio con Giammattei nelle ultime elezioni, Torres è stata arrestata nel 2019, poi prosciolta, per associazione illecita e finanziamento elettorale non registrato del suo partito. Nonostante alcuni dei suoi candidati abbiano alle spalle vincoli diretti con il narcotraffico, Torres ha ottime possibilità di passare al secondo turno grazie a una linea politica conservatrice fondata su valori religiosi e familiari, ma meno militari rispetto a quelli promossi da Zury Ríos. Il partito di Torres, come Valor, è alleato di Vamos quindi la vittoria di una delle due candidate garantirebbe una continuità con il governo precedente di Giammattei, conosciuto per i suoi modi autoritari e i suoi atti di corruzione.

Secondo i sondaggi, l’unico uomo sul podio dei possibili presidenti del Guatemala, è Edmond Mulet, 72 anni, del partito Cabal che in spagnolo significa “esatto”. Mulet, nonostante sia un diplomatico apprezzato anche all’estero per i suoi incarichi di ex direttore della Missione di stabilizzazione delle Nazioni Unite ad Haiti ed ex ambasciatore del Guatemala negli Stati Uniti e nell’Unione Europea, nel 1981 è stato arrestato per coinvolgimento nelle reti di adozione illegale che negli anni Ottanta e Novanta hanno reso tristemente famoso il Guatemala. Il politico ha sempre negato le accuse, e sebbene sia stato scagionato per assenza di prove, è un dato di fatto che in giovinezza abbia lavorato come avvocato nel sistema delle adozioni in Guatemala in un ruolo mai chiarito, generando una macchia indelebile nel suo curriculum.

Il grande protagonista di queste elezioni potrebbe però essere l’astensionismo, arrivato a quasi il 40% nel 2019. Frode e corruzione che hanno accompagnato fin dall’inizio il processo elettorale potrebbero aver demotivato i votanti. Una buona parte della popolazione considera le elezioni una farsa, una via democratica per un prossimo governo autoritario che non farà altro che rafforzare gli interessi economici di una piccola minoranza, azzittendo tutte le voci contrarie, come dimostrato dal recente arresto del giornalista José Rubén Zamora Marroquín e dalla persecuzione di oltre 24 operatori di giustizia anti-corruzione che si trovano in esilio all’estero.

Sullo sfondo di un paese che sta svendendo la democrazia, c’è quel pueblo di cui tutti parlano ma di cui nessuno si interessa. In Guatemala, sei persone su dieci vivono in situazione di povertà secondo il Multidimensional Poverty Peer Network, ma in nessun programma dei candidati favoriti si fa menzione a un investimento duraturo in educazione, sanità e abitazioni dignitose nelle comunità più periferiche. E in questo contesto di disuguaglianza non deve stupire se una buona fetta della popolazione non va a votare.

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