Per fare posto alla monocoltura delle nocciole, nei comuni del il Biodistretto della Via Amerina e delle Forre si continuano a tagliare ulivi: una scelta irresponsabile dal punto di vista ambientale ed economico.

L’ulivo è una pianta esemplare dalle tante virtù: l’olio è l’oro giallo del nostro paese, forse il prodotto principale della nostra storia agroalimentare e solo l’insipienza della politica e un mercato distorto ha creato il paradosso in virtù del quale importiamo molto, molto più olio di quello che noi esportiamo.

Non solo gli ulivi sono un raro esempio di biodiversità e di bellezza, l’ulivo è una pianta straordinaria nella lotta al cambiamento climatico ed ha un esemplare capacità di resistenza alla siccità. È quindi inaccettabile il taglio di centinaia e centinaia di ulivi cominciato nel 2019 nei comuni del Biodistretto, peraltro in comuni dove già vi è una coltivazione intensiva del nocciolo e dove l’ulivo è ormai una pianta in via di estinzione.

Quel che accaduto è grave per quello che l’ulivo è e per ciò che l’ulivo rappresenta. L’ulivo è ricchezza, un prodotto prezioso non solo per la sua bontà, ma anche per la salute. Paradossalmente, ogni anno esportiamo 130 mila tonnellate di olio di grande qualità e ne importiamo 500 mila di discutibile qualità: è una distorsione del mercato e della politica.

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Che sia ricchezza e lo abbiamo toccato con mano anche nel passato anno. Mentre abbiamo avuto un disastro economico nelle campagne per la siccità, l’ulivo che chiede poca acqua ha dato uno splendido raccolto. L’ulivo è anche bellezza, lo era così per gli antichi greci, lo è stato nel corso del tempo e a maggior ragione dovrebbe esserlo oggi.

È lotta al cambiamento climatico, infatti, per il sistema fogliare e per il sistema radicale è fra le piante più preziose. L’ulivo è anche biodiversità, che non è solo testimonianza della ricchezza e della diversità della natura, ma è anche la ragione della resistenza immunitaria della natura alle malattie e alle patologie.

Infine è risparmio di acqua, perché diversamente da altre colture come il nocciolo, l’ulivo chiede per conservare la sua bellezza e la sua produttività chiede poca, poca acqua. Ma allora perché si prosegue nella strage di una pianta così straordinaria? E com’è possibile che ciò accada?

La ragione è semplice, perché si vogliono mettere nocciole, nocciole e ancora nocciole. Perché al di là della retorica, prevale l’idea che bisogna guadagnare tutto e subito, senza alcuna considerazione per i danni collaterali, sia per la natura che per le nostre comunità. Non vi è traccia nella nostra normativa di contabilità, di biodiversità e di equilibrio ecologico: tutti principi buoni per i documenti europei, ma senza alcuna coerenza concreta.

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C’è una legge del 2009 che dovrebbe essere a protezione degli ulivi e, invece, diventa un cavallo di troia per tagliare e tagliare ulivi, motivando con l’“esecuzione di indispensabili opere di miglioramento fondiario”. Cosa vuol dire miglioramento? Il miglioramento non può prescindere dal consumo dell’acqua, dal consumo della fertilità del terreno, dalla biodiversità e oggi dal cambiamento climatico.

Chi pagherà quella preziosa, essenziale risorsa della vita quale è l’acqua che le nocciole fuori dalle zone di vocazione chiedono in modo Insostenibile? Chi pagherà l’esproprio della terra fertile che subiranno le nuove generazioni? Chi pagherà la distruzione degli straordinari paesaggi che gli ulivi contribuiscono a realizzare? Chi pagherà il cambiamento climatico che l’ulivo contrasta?

Chiunque, in nome di questo farisaico miglioramento compromette acqua, suolo, fertilità, biodiversità, cambiamento climatico, lavora contro l’interesse generale, contro il futuro. Altro che miglioramento, lavora per il peggioramento.