Le città sono attraversate da pratiche di appropriazione e ri-appropriazione degli spazi, da un impegnato protagonismo sociale che va ben oltre le note esperienze di comitati ed associazioni di quartiere che protestano o si oppongono alle trasformazioni urbane speculative.

Si tratta di realtà ricche e complesse che, non solo propongo importanti progettualità, ma realizzano azioni di riqualificazione, occupano gli spazi abbandonati e li riutilizzano a scopi di interesse collettivo, realizzano welfare comunitario, sviluppano servizi per i quartieri in cui sono inserite. Sono forme maturate di autorganizzazione che danno vita a reti di mutualismo e laboratori sociali e culturali soprattutto (ma non solo) nelle periferie urbane.

Roma ne è particolarmente ricca, con tutti i pro e contro di tali processi Una recente ricerca sviluppata dal LabSU – Laboratorio di Studi Urbani “Territori dell’abitare” (DICEA – Sapienza Università di Roma) in collaborazione con l’Associazione Fairwatch e finanziata dalla Fondazione Charlemagne ne ha realizzato la mappatura, nonché l’approfondimento su oltre 20 casi specifici per comprenderne meglio funzionamento e problematiche, successi e difficoltà.

Le esperienze più mature di autorganizzazione e di mutualismo si pongono anche l’obiettivo di realizzare “poli civici”, a supporto delle economi locali, del welfare comunitario, della socialità e della solidarietà. Una casa comune per chi si mobilita per i propri territori.

Il tema dei “poli civici” è, in diversi modi, al centro del dibattito romano sulla rigenerazione delle periferie, la promozione sociale e culturale dei territori, lo sviluppo locale integrale, ed è oggetto di attenzione in termini progettuali e di costruzione delle politiche.

Con accezioni differenti, il nodo centrale è la capacità di sviluppare servizi e di essere promotori, attivatori, accompagnatori di processi di trasformazione urbana e di miglioramento della qualità di vita degli abitanti, in collaborazione con le realtà locali, interessando diversi campi di azione, da quello sociale a quello culturale, da quello di sostegno alle economie locali a quello di sviluppo di progettualità urbane.

La ricerca affronta anche questo aspetto, attraverso un lavoro sul campo e la sperimentazione in due contesti romani dove le condizioni appaiono più mature, Esquilino e Quarticciolo. La ricerca evidenzia l’importanza del radicamento dei progetti di “poli civici” all’interno dei territori, nel tessuto sociale esistente, dove spesso sono già attive importanti forme di protagonismo sociale, di grande qualità e capacità di azione. Si tratta di realtà che, in modi diversi, realizzano reti collaborative nei quartieri, “reti di mutualismo”, le cui caratteristiche la ricerca cerca di indagare e di approfondire, realizzando il primo lavoro di mappatura sistematica a Roma e di indagine diretta su una serie di casi di studio.

La ricerca è ora un libro e l’obiettivo è farla diventare una politica pubblica.

Qui il link al volume

Carlo Cellamare è docente di urbanistica, DICEA, Sapienza Università di Roma, Responsabile scientifico del LabSU Laboratorio di Studi Urbani “Territori dell’abitare”, direttore della rivista “Tracce Urbane”, mambro della task force “Natura e Lavoro”