A 64 anni, il neuroscienziato Marc Tessier-Lavigne sperava che il mandato da rettore all’università di Stanford, nel cuore della Silicon Valley, sarebbe stata la degna conclusione di una brillante carriera scientifica. Il canadese naturalizzato statunitense Tessier-Lavigne aveva già diretto la Rockefeller University. Era stato professore universitario all’università della California a San Francisco e alla stessa Stanford. Ma gran parte dei suoi successi professionali li aveva ottenuti alla Genentech, una delle principali aziende del settore biotecnologico, dove aveva guidato il settore ricerca fino al 2009. Tra un incarico e l’altro, aveva anche trovato il tempo di avviare diverse start-up di successo e di sedere nel consiglio di amministrazione di altre grandi aziende.

Il neuroscienziato Marc Tessier-Lavigne

TESSIER-LAVIGNE PERÒ non aveva fatto i conti con lo Stanford Daily, il piccolo giornale pubblicato dagli studenti dell’ateneo. I giovani reporter nel 2022 hanno rivelato che diverse ricerche scientifiche pubblicate nel corso della sua carriera da Tessier-Lavigne riportano dati manipolati. Gli studi di dubbia qualità identificati finora coprono il periodo tra il 1999 e il 2012 e sono state pubblicati su varie riviste scientifiche prestigiose, come Nature, Science o Cell. Molte riguardano ricerche sul morbo di Alzheimer, in cui le immagini appaiono manipolate al computer al fine di descrivere scoperte scientifiche inesistenti. A corroborare l’accusa degli studenti c’è anche il parere di Elizabeth Bik, autorità indiscussa nel campo delle frodi scientifiche, oltre a numerose citazioni sul sito pubpeer.org, dove gli scienziati segnalano le ricerche a rischio di frode. La rivista Science ha ammesso di essere al corrente di anomalie, di aver ricevuto una correzione dagli autori ma di non averla pubblicata «per errore». Le altre riviste per ora non hanno preso i provvedimenti che possono arrivare al ritiro delle pubblicazioni. Al diciottenne giornalista Theo Baker dello Stanford Daily ieri è stato assegnato il Polk Award, uno dei premi giornalistici più prestigiosi negli Usa.

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IL GIORNALE degli studenti-giornalisti, il 17 febbraio ha pubblicato l’ennesimo scoop sul rettore, scoprendo che nel 2009, quando Tessier-Lavigne era ai vertici della Genentech, la stessa azienda svolse un’indagine interna sulla correttezza delle sue ricerche. Le sue scoperte apparivano assai promettenti per la ricerca di una cura per l’Alzheimer, ma nessun altro ricercatore riusciva a replicarle, cosicché anche la Genentech ebbe il dubbio che le ricerche fossero inventate di sana pianta. Il Daily ha rintracciato quattro alti dirigenti della Genentech, uno dei quali prese parte all’indagine, che hanno confermato sotto anonimato che l’azienda identificò delle falsificazioni in una delle ricerche di Tessier-Lavigne. Ma che il ricercatore riuscì a mettere sotto silenzio i risultati dell’indagine.

Till Maurer, uno dei ricercatori della Genentech incaricato di lavorare allo sviluppo di farmaci a partire dagli studi di Tessier-Lavigne, ha dichiarato al giornale studentesco che «il progetto fu cancellato perché erano stati individuati dati falsificati». Anche l’università di Stanford, dopo la pubblicazione delle inchieste, ha deciso di aprire una sua indagine sull’operato del suo stesso rettore. Da parte sua, il rettore ha risposto che si tratta di accuse infondate, e di non essere stato al corrente di alcuna indagine nei suoi confronti.

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TESSIER-LAVIGNE è un ricercatore molto affermato e gode di un’ampia rete di relazioni nel mondo accademico e finanziario. All’incarico di rettore somma quello di professore nella stessa università. In più, siede nel consiglio di amministrazione della società farmaceutica Regeneron e della Denali Therapeutics, di cui è stato anche fondatore. Quando si cumulano molti ruoli, si moltiplicano le occasioni di conflitto di interessi. E infatti il finanziere Felix Baker, membro del consiglio direttivo dell’ateneo e incluso nella commissione incaricata di valutare la posizione del rettore, ha dovuto lasciare l’incarico: il suo fondo di investimento possiede azioni della Denali per un valore di 18 milioni di dollari. A rivelarlo è stato, tanto per cambiare, lo Stanford Daily. Diversi esponenti della comunità scientifica hanno chiesto allo stesso Tessier-Lavigne di dimettersi almeno per la durata dell’indagine, in modo da non influenzare la commissione.

COM’È POSSIBILE che un piccolo media gestito da studenti metta in discussione l’operato e la reputazione di un rettore così affermato e della stessa istituzione che lo ospita? I giornali universitari negli Usa sono una realtà molto più importante che altrove. Lo Stanford Daily non è il più grande: ha una tiratura di circa quattromila copie giornaliere – paragonabile a quella di un nostro giornale locale – con un bacino di utenza di sedicimila iscritti all’ateneo. Sebbene la redazione sia interamente composta da studenti iscritti a Stanford, è autonomo dall’istituzione universitaria e ha una storia a suo modo gloriosa.

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L’indipendenza del giornale fu infatti conquistata a caro prezzo ai tempi della guerra del Vietnam, quando l’università fu attraversata da un forte movimento pacifista. Il giornale sostenne le proteste con una copertura piuttosto «militante» e non condivisa dall’establishment dell’ateneo. Dopo ripetuti conflitti, nel 1973 la redazione accettò di rinunciare al legame (e al finanziamento) dell’università in cambio della sua libertà di espressione. Che, nel frattempo, era diventata una questione nazionale. Il piccolo giornale infatti portò davanti alla Corte Suprema il capo della polizia di Palo Alto, James Zurcher, che nel 1971 aveva ordinato la perquisizione della redazione alla ricerca di foto di militanti del Black United Front ricercati per una manifestazione non autorizzata. Nel 1979 i giudici della Corte diedero ragione alla polizia. Ma la risonanza della controversia convinse il presidente democratico Jimmy Carter a introdurre una legislazione che tutelasse la stampa libera. Un anno dopo, il Congresso approvava lo storico Privacy Protection Act, che garantiva ai giornalisti il diritto a non essere perquisiti da pubblici ufficiali.