Cultura

Nei controversi poteri che servono la scienza

Nei controversi poteri che servono la scienza

TEMPI PRESENTI Le ricerche sospette del rettore Giorgio Zauli nell’occhio del ciclone. Pesanti dubbi sulla luminosa carriera del medico al vertice dell’università di Ferrara. Una commissione etica ha valutato il caso

Pubblicato circa 5 anni faEdizione del 1 settembre 2019

Giorgio Zauli, il cinquantanovenne rettore dell’università di Ferrara ha scalato tutti i gradini della carriera accademica truccando sistematicamente le sue ricerche? Se fosse vero, si tratterebbe di uno dei maggiori scandali della ricerca italiana degli ultimi anni. Perché il rettore Zauli, prima che emergessero i dubbi sulle sue ricerche, era considerato un luminare di livello internazionale nel campo dell’ematologia e dell’oncologia.
Da circa un anno, molti ricercatori denunciano le stranezze riguardanti decine di pubblicazioni scientifiche di Zauli. Basta consultare la piattaforma online pubpeer.org, che permette ai ricercatori di segnalare le ricerche sospette, per accedere al corposo dossier Zauli. Attualmente le pubblicazioni dubbie sono una quarantina. Le anomalie segnalate dagli utenti riguardano decine di grafici e di immagini apparentemente manipolate in maniera grossolana. In molti casi, due figure straordinariamente somiglianti appaiono in riferimento a esperimenti indipendenti. Nel campo di Zauli, gli esperimenti generano immagini composte da migliaia di puntini apparentemente casuali. È difficile che i punti coincidano perfettamente in due esperimenti diversi. In casi come questo, è più probabile che il ricercatore abbia riciclato un grafico già a disposizione per far credere di aver realizzato una scoperta senza aver effettuato davvero l’esperimento. Una delle ricerche sotto la lente riguarda le doti terapeutiche della bava di lumaca prodotta dalla società «Helix», di cui l’università è azionista unico, con il rischio che la presunta frode scientifica abbia anche risvolti economici. Dato che le prime anomalie risalirebbero al 1998 e le ultime al 2018, l’eventuale truffa coprirebbe l’intera carriera professionale di Zauli, divenuto ricercatore nel 1996. La falsificazione dei dati è un delitto gravissimo nel mondo della ricerca, comporta l’esclusione immediata dalla comunità scientifica. Le dimissioni del Rettore sarebbero il minimo sindacale.

IL PRIMO a dar voce alle denunce, nel maggio 2018, è il giornalista ucraino Leonid Schneider, non nuovo a inchieste del genere. Sul suo sito forbetterscience.com è venuto alla luce lo scandalo che riguardava un altro «grande» medico italiano, Paolo Macchiarini, e i suoi trapianti di trachea a base di cellule staminali. All’università di Ferrara c’è una commissione etica per valutare casi del genere, ma possono ricorrervi solo membri dell’università e nessuno osa farlo. Invece, è lo stesso Zauli nel mese di giugno 2018 a selezionare alcuni suoi lavori da sottoporre alla commissione. Nonostante l’evidente conflitto di interessi (quando mai l’imputato sceglie le prove su cui giudicarlo?) potrebbe essere la svolta per chiarire se Zauli sia un truffatore o vittima di un complotto. Proprio a questo punto, però, la vicenda diventa ancora più oscura.

Per un anno, il caso sparisce dai radar. La commissione etica non diffonde valutazioni (non può) né verbali di discussione. A risvegliare la questione è un accademico di un’altra università, il prof. Lucio Picci che alla facoltà di economia di Bologna studia il rapporto tra potere e corruzione. Nell’aprile di quest’anno, con una lettera aperta, Picci denuncia la mancanza di trasparenza del rettore e richiama alle loro responsabilità i docenti ferraresi, «che dan per scontato il privilegio dell’inamovibilità di cui godono, e fingono di ignorare i tragici motivi storici (il giuramento di fedeltà al fascismo richiesto ai professori dal Duce, ndr) che portarono a essa: per renderli liberi di dire no». Nella risposta, Zauli rivela che la commissione etica ha archiviato il suo caso già a gennaio.
Strano modo di comunicare l’esito di una procedura così delicata: il giornalista Daniele Oppo del quotidiano online estense.com, uno dei pochissimi giornalisti a seguire la vicenda dall’inizio, presenta una richiesta di accesso in base al cosiddetto «Freedom of Information Act» (la legge sulla trasparenza delle pubbliche amministrazioni) per conoscere le motivazioni dell’archiviazione.

L’UNIVERSITÀ, e ormai siamo agli ultimi giorni di agosto, nega al giornalista l’accesso agli atti perché ritiene «altamente probabile che l’accoglimento della richiesta (…) porti all’utilizzo dei verbali e dei dati richiesti, accompagnati da una lettura unilaterale degli stessi in un ambito di pubblica diffusione». Ma se la Commissione ha prosciolto il Rettore, l’università dovrebbe aver tutto l’interesse a divulgarne le motivazioni.
Ultimo colpo di scena: secondo quanto risulta al manifesto, tre quinti della commissione etica (presidente, vicepresidente e rappresentante dei professori associati) hanno presentato le loro dimissioni al rettore, dissociandosi dalla mancata divulgazione degli atti. L’impressione è che la storia non sia affatto chiusa e che la poltrona di Zauli, a questo punto, vacilli più di prima.

OLTRE ALLA POSIZIONE del rettore, resta da chiarire l’omertà da cui è circondata la vicenda sin dall’inizio. Contano certamente i rapporti tra accademia e amministrazione locale. L’università, soprattutto il settore biomedico, negli anni è diventato anche un centro di potere economico che porta in città migliaia di studenti e parecchi finanziamenti pubblici e privati. I buoni rapporti sono reciproci.
Dopo settant’anni di giunte di sinistra nello scorso giugno l’amministrazione di Ferrara è passata alla Lega e tra i nuovi assessori c’è l’ex portavoce di Zauli, Andrea Maggi. «Al comizio ferrarese di Salvini, Zauli si è fatto notare nei pressi del palco, fatto insolito per un rettore» osserva Oppo, l’unico o quasi a non venir meno al suo ruolo di «watchdog». Ma quando accademia, politica ed economia vanno così d’accordo, l’integrità scientifica può passare in secondo piano.


Un team di paleontologi, tra cui gli italiani Stefano Benassi e Antonino Vazzana, ha rinvenuto un cranio quasi completo di un individuo appartenente alla specie «Australopithecus anamensis», la più antica di australopiteco, il genere estinto di primati della famiglia degli ominidi progenitrice della specie «afarensis» (quella di Lucy) e anche della specie umana. Il cranio risale a 3,8 milioni di anni fa e fornisce una quantità di informazioni preziose. Una delle più importanti riguarda la convivenza tra le due specie di australopitechi. La datazione infatti permette di stabilire che anamensis e afarensis abbiano convissuto nella stessa regione per almeno centomila anni, smentendo la teoria lineare per cui la comparsa di una specie abbia dovuto avvenire alla scomparsa dell’altra. Il nostro «albero» genealogico si complica ancora di più. La scoperta è stata pubblicata dalla rivista «Nature». (An. Cap.)

 

 


La frequenza delle inondazioni in Europa è cambiata a causa del cambiamento climatico. Lo stabilisce uno studio realizzato da un consorzio di 35 gruppi di ricerca guidati dal tedesco Günther Blöschl e pubblicato sulla rivista «Nature». Gli scienziati hanno esaminato i dati riguardanti le inondazioni avvenute nelle diverse regioni europee dal 1960 al 2010 e li hanno confrontati con le contemporanee variazioni climatiche. Il risultato è che in Europa centrale e nord-occidentale, le inondazioni sono più frequenti a causa delle aumentate precipitazioni. Nell’Europa meridionale, invece, le inondazioni sono meno frequenti a causa dell’aumento di temperatura e dell’accresciuta evaporazione dei suoli. I risultati sperimentali sono coerenti con i modelli teorici, e suggeriscono di modificare le strategie di prevenzione per tenerne conto. Inoltre, confermano che l’aumento della temperatura globale avrà effetti diversi da regione a regione. (An. Cap.)

 

 


l Massachusetts Institute of Technology è stato realizzato il primo prototipo di un computer che, al posto dei transistor basati sul silicio, utilizza «nanotubi di carbonio» – microscopici e realizzati in grafene, un materiale costituito da uno strato di carbonio con uno spessore pari a un singolo atomo. Il grafene ha ottime doti di conduzione dell’elettricità unite a dimensioni infinitesimali. Questo consentirebbe di costruire processori tre volte più veloci di quelli attuali consumanti un terzo dell’energia. Il processore (Rv16XNano), per ora dispone solo della potenza di calcolo necessaria a eseguire un programma che scrive sullo schermo la frase «Hello world! I am Rv16XNano, made from Cnts». Ma è basato su tecnologie esistenti e compatibili con le attuali tecnologie manifatturiere, per cui potrà rapidamente evolvere fino a diventare un prodotto industriale. Il processore è descritto sulla rivista «Nature». (An. Cap.)

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