Avrebbe dovuto finanziare lo sviluppo di un vaccino italiano contro il Covid e creare una «piattaforma» per svilupparne rapidamente di nuovi in vista di future emergenze pandemiche. Invece, il fondo d’investimento pubblico Enea Tech e Biomedical creato durante il governo Conte 2 è rimasto una scatola vuota con una ricchissima dote di soldi pubblici e un management allo sbando.

Secondo quanto anticipano i siti specializzati, ora lascia anche il direttore Marco Baccanti che sarà sostituito da Maria Cristina Porta. È l’ennesimo fallimento delle strategie industriali partorite dalla Lega di governo, su cui finora è circolato un abile storytelling. È opinione corrente, infatti, che al fianco della Lega parolaia e trucida che fa capo al segretario Matteo Salvini ce ne sia un’altra concreta e competente guidata dal ministro Giancarlo Giorgetti. Ma la vicenda di Enea Tech e Biomedical dimostra che anche questa è una fake news.

Prima di finire nelle grinfie di Giorgetti, il fondo Enea Tech nasce nel 2020 per iniziativa dell’allora ministro grillino Stefano Patuanelli. Nei primi mesi parte in quarta e riceve proposte di sviluppo da oltre mille start-up. Con una novantina di loro si firmano accordi preliminari in settori strategici come l’intelligenza artificiale, l’agricoltura innovativa, i computer quantistici, le tecnologie aerospaziali. Molte proposte arrivano dall’estero, segno che tanti progetti innovativi sarebbero ben disposti a insediarsi in Italia se vi fosse un ambiente accogliente.

Nel 2021, con lo sbarco di Giorgetti al ministero dello sviluppo economico del governo Draghi, al fondo viene imposto di occuparsi della «riconversione industriale del settore biomedicale per la produzione di nuovi farmaci e vaccini», alzando fino a 750 milioni di euro il finanziamento pubblico a disposizione per questi investimenti strategici.

Oltre che le ragioni del sovranismo vaccinale, sulla decisione pesano le pressioni del cosiddetto «ecosistema», gli altri fondi di investimento -in primis Cassa Depositi e Prestiti – preoccupati dall’arrivo di un concorrente pubblico, giovane e dinamico. Il cambio di rotta richiede un nuovo statuto e un nuovo management.

Nel 2022 Giorgetti chiama alla presidenza l’economista Giovanni Tria, per sua stessa ammissione un neofita del settore. La direzione generale va a Marco Baccanti, con esperienze nel colosso della sanità privata San Raffaele e nel distretto dell’innovazione tecnologica di Dubai. E ora tocca alla nuova dg in pectore Maria Cristina Porta, di estrazione varesotta e laurea bocconiana proprio come Giorgetti. Risultato: in tre anni non è stato avviato nessun investimento.

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Anche i partner con cui il fondo aveva avviato un percorso sono stati allontanati. L’organigramma già snello – una trentina tra dipendenti e dirigenti nel 2021 – si è ulteriormente ridotto per le ingerenze della politica: a condurre un fondo pubblico da quasi un miliardo di euro sono rimasti in otto, segreterie comprese. Su una gestione così singolare non ha avuto niente da ridire nemmeno il collegio dei revisori incaricato di vigilare sull’utilizzo oculato del capitale umano e materiale guidato dal navigatissimo Angelo Miglietta.

Eppure, secondo il bilancio del 2021 Miglietta e colleghi hanno ricevuto oltre duecentomila euro di compensi, più del doppio rispetto allo stesso management: un paradosso per un fondo che sostanzialmente non fa nulla se non occuparsi di se stesso. Per avere un paragone, una fondazione simile per tipologia come l’Istituto Italiano di Tecnologie – che però ha 1400 dipendenti – per il suo organo di controllo spende meno di centomila euro.

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L’assenza di una strategia per il fondo targato Giorgetti è confermata dal fatto che, nel frattempo, il governo ha creato a Siena un altro «biotecnopolo» con lo stesso obiettivo di Enea Tech e Biomedical, grazie ai fondi del Pnrr e sotto la direzione di Rino Rappuoli, tra i massimi esperti al mondo su vaccini e anticorpi monoclonali. Anche questo progetto è ben fornito e può attingere a oltre trecento milioni già stanziati in legge di bilancio. Ma se domani arrivasse un altro virus, per il vaccino dovremmo ancora bussare altrove.